Da “B. sei
tutti loro” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 24 di
marzo 2018: (…). L’indifferenza dei giornaloni per la sentenza della Cassazione su
un politico che guadagna soldi a palate con tripli e quadrupli incarichi e
tenta di accollare ai contribuenti pure le bollette telefoniche della figlia,
poi si candida a presidente del Senato, è l’ultimo stadio del berlusconismo che
ha sfigurato la cosiddetta informazione, ormai immemore dei propri doveri e
anche del proprio non indecente passato (basta confrontare le battaglie della
stampa su Tangentopoli e i silenzi odierni). Lotti che incontra Letta per un
nuovo Nazarenino prêt-à-porter con B., in barba al giuramento dei renziani di
stare all’opposizione, sull’Aventino, per godersi lo sfascio prodotto da loro,
è berlusconismo allo stato puro. Il pm milanese che chiede al Tribunale di
condannare l’ex governatore Bobo Maroni a 2 anni e mezzo per induzione indebita
(la vecchia concussione per induzione) a proposito delle pressioni fatte per
portarsi a Tokyo, in missione istituzionale, la sua presunta amante, ricorda
come il familismo amorale berlusconiano abbia contagiato gli ex duri e puri
della Lega, nata proprio contro i nepotismi e gli sperperi di “Roma ladrona”.
La sparata di Tiziano Renzi che rifiuta di rispondere ai pm di Firenze e Roma
non per una legittima strategia difensiva, ma per attaccare i “processi
mediatici” a orologeria originati – a suo dire – non dai fallimenti di sue
società, dai pasticci contabili, dalle fatture farlocche, dai traffici sugli
appalti Consip, ma dal suo cognome e dall’ansia di colpire il figlio premier, e
la nota di Matteo che s’affretta a dargli ragione (“Da 4 anni le persone a me
vicine sono state oggetto di indagini di vario genere”), sono purissima prosa
berlusconiana, o dell’utriana, o previtiana. Stesse parole, stesso disprezzo
per l’indipendenza della magistratura e per la libertà di stampa, stessa
protervia da “io so’ io e voi nun siete un cazzo”. E la pestilenza B. dilaga
persino alla Consulta, un tempo tempio della legalità. Non appena il giudice
costituzionale Nicolò Zanon (ovviamente berlusconiano) si dimette perché
indagato per peculato a proposito dell’auto blu – con autista e buoni benzina –
passata alla moglie per farla scarrozzare a sbafo pure in vacanza da Forte dei
Marmi, la Corte respinge le sue dimissioni. E accoglie la sua farsesca
“autosospensione” dall’incarico. Poi gli confeziona un regolamento domestico ad
personam, anzi ad Zanonem, con “valenza di normazione primaria” e con effetto
retroattivo, per salvarlo dall’indagine in base a un principio che sarebbe già
previsto (secondo lorsignori) da una normativa interna del 1979 (e allora
perché vararne un’altra proprio adesso?): e cioè che l’auto di servizio fino
all’altroieri era una specie di proprietà privata con soldi pubblici, estesa
pure ai famigliari; ma in futuro non potrà più esserlo, essendo concessa in uso
“personale ed esclusivo”. Così ieri, in base al nuovo regolamento (che ai tempi
degli scarrozzamenti di lady Zanon non esisteva: è del 21 marzo), la Procura di
Roma ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta a tempo di record. Bei tempi,
quando la Consulta le leggi ad personam non le faceva, ma le dichiarava
incostituzionali. Aveva ragione Gaber venti e più anni fa, quando paventava “il
Berlusconi in me più del Berlusconi in sé”. Nel frattempo B. si è fatto
legione, atmosfera, clima, panorama, categoria dello spirito. Non per tutti, ma
per molti. Anche se non può metter piede in Parlamento e hanno lo stomaco di
votarlo soltanto il 13% degli elettori (che sono comunque 4 milioni e mezzo di
persone: un’enormità), non riusciremo a liberarcene neppure da morto, perché
continuerà a far danni nella testa e nelle viscere di milioni di italiani per
decenni. Girarci intorno come fosse una parentesi sarebbe assurdo. E sperare in
un esorcismo di massa perché esca da tutti quei corpi sarebbe ridicolo: non
basterebbero un milione di padri Amorth e vescovi Milingo. Ora che la Consulta
s’è arresa alle leggi ad personam retroattive, ne appronti subito un’altra per
cancellare la destituzione di B. da senatore in base alla legge Severino e lo
restituisca ai suoi fan a Palazzo Madama e fuori (molto più numerosi dei suoi
senatori e anche dei suoi elettori), così che venga eletto direttamente lui
alla presidenza. (…).
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