Da “Renzi
chez Putin: la commedia nera” di Daniela Ranieri, pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 6 di marzo dell’anno 2015: La coppia da commedia nera composta da B. e
Putin lasciava dietro di sé sempre un alone grottesco e kitsch, a metà tra il
Dottor Stranamore e Totò e Peppino divisi a Berlino. Le indimenticabili foto di
B. in colbacco accanto all’autocrate domatore di tigri e quelle in cui mimava
una scarica di kalashnikov in conferenza stampa gli restituivano una specie di
prestigio terrorifico di rimbalzo, che l’immagine del “lettone” di Putin
(D’Addario dixit) completava bizzarramente. Così un po’ di specie la fa, vedere
Renzi, abile tessitore di un’inedita narrazione tutta Twitter e rottamazione,
tirare fuori dall’armamentario dell’alta diplomazia il cappottone per la
campagna di Russia, anzi per “una staffetta diplomatica che si è ritagliato per
sua volontà”, secondo il Corriere. Così il tour delle Russie, tutto fatto di
photo opportunity, va ad amplificare la cacofonia mediatica che lo riguarda:
eccolo a Mosca sotto la neve, mentre, sguardo compìto e posa solenne, depone
fiori con coccarda tricolore sul ponte dove è stato ammazzato il leader
dell’opposizione Nemtsov; mentre parla con Medvedev e, buttandola lì, lo invita
all’Expo; mentre infine, finto-sciolto e assertivo, siede al Cremlino accanto a
Putin e ad altri, tutti in circolo tipo alcolisti anonimi, e attacca con
l’elogio della collaborazione tra Italia e Russia “dallo spazio”, con la
missione della stazione orbitale in cui c’è “una donna italiana”, “alla terra”,
cioè “all’agroalimentare”. Putin, con gli zigomi che paiono ricoperti d’albume
d’uovo, ascolta, dondola una gamba, si distrae, sposta una penna, sospira,
marmoreo, ineffabile. Renzi tira fuori la carta di quella certa simpatia
italiana per la Russia che peraltro in Europa è meglio negare: “Come lei sa,
avendo incontrato qui la… ministro Mogherini, che poi è diventata Responsabile
della politica estera, il ministro Lavrov l’lha incontrata più volte, beh
insomma, adesso ci occupiamo di tutti i dossier”. Putin bypassa la Mogherini e
torna sull’astronauta Cristoforetti (“Rappresenta degnamente la Repubblica
italiana, le donne italiane”), alimentando il mito dei russi fissati con lo
spazio e le donne iper-formate che danno lustro alla patria. Poi si ritirano in
colloquio privato, fino alla conferenza stampa rigorosamente senza domande,
forse un omaggio alla tradizione del Paese ospite. Ma, in sostanza, che è
andato a fare Renzi in Russia? “La visita di Renzi in Russia ha due obiettivi”,
ha spiegato il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli: “‘responsabilizzare’
Mosca sia sull’Ucraina che sul Medio Oriente”. Par di vederlo, Renzi, mentre
responsabilizza Putin, magari in russo, come Togliatti con Stalin. O forse
usando degli hashtag, proprio con l’uomo che ha più volte minacciato di
bloccare Internet come ritorsione. Quanto all’uccisione di Nemtsov, è nota la
sensibilità di Renzi per la vicenda. Infatti il 28 febbraio, poche ore dopo il
delitto, twittava: “Evitato il cucchiaio di legno. Strepitosi gli azzurri del
rugby #seinazioni #SCOvITA”, e poi più niente. Certo che iella: uno spera di
accreditarsi come alto stratega stringendo la mano a Putin in un momento in cui
tutte le diplomazie del mondo lo evitano, e gli trova il morto in casa. Ma un
viaggio in Russia mica lo annulli così, solo perché l’ospite è tra i principali
sospettati dell’omicidio, almeno a quanto sostengono i pochi oppositori vivi rimasti.
Ma vediamo il secondo obiettivo. Sempre il viceministro: “Acquisire una
collaborazione sui delicati dossier mediorientali, dalla Libia alla Siria e
altri”. E qui par di vedere il paranoico ex agente del KGB che condivide i
“delicati dossier” sull’Is con la squadra di Matteo: Alfano, la Madia, la
Boschi, tutti chini a studiare coi gelidi funzionari dell’Intelligence russa
gli spinosi casi mediorientali e persino “altri”. Renzi e Putin uniti a Mosca
ricompaiono in una conferenza stampa surreale in cui a non poter conferire è
proprio la stampa. Non sono ammesse domande, né sull’omicidio di Nemtsov, né
sul parere che Putin darà sulla Libia, né sulla sistematica opera di
sterilizzazione dei diritti umani. Era facile: invece di fingere di sparargli
addosso, ai giornalisti, bastava silenziarli. Roba che B., con tutte le sue
gaffe da zio imbarazzante, in confronto era la Politkovskaja. Renzi inanella un
luogo-comunismo di prassi: “La lotta contro il terrorismo… la minaccia dell’Is
e del fanatismo religioso… fondamentale che in questa partita la Russia giochi
un ruolo decisivo”. Il silenzio che chiude il mini-vertice lascia tutti un po’
agghiacciati; non che si rimpiangano le pagliacciate di B., ma l’anno di Renzi
vissuto pericolosamente, dalla bici ai voli di Stato, da La Pira a House of
Cards, pare trovare a Mosca il suo punto di svolta estetico. Speriamo non anche
politico.
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