"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 6 marzo 2018

Quodlibet. 63 “#RenzichezPutin”.



Da “Renzi chez Putin: la commedia nera” di Daniela Ranieri, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 6 di marzo dell’anno 2015: La coppia da commedia nera composta da B. e Putin lasciava dietro di sé sempre un alone grottesco e kitsch, a metà tra il Dottor Stranamore e Totò e Peppino divisi a Berlino. Le indimenticabili foto di B. in colbacco accanto all’autocrate domatore di tigri e quelle in cui mimava una scarica di kalashnikov in conferenza stampa gli restituivano una specie di prestigio terrorifico di rimbalzo, che l’immagine del “lettone” di Putin (D’Addario dixit) completava bizzarramente. Così un po’ di specie la fa, vedere Renzi, abile tessitore di un’inedita narrazione tutta Twitter e rottamazione, tirare fuori dall’armamentario dell’alta diplomazia il cappottone per la campagna di Russia, anzi per “una staffetta diplomatica che si è ritagliato per sua volontà”, secondo il Corriere. Così il tour delle Russie, tutto fatto di photo opportunity, va ad amplificare la cacofonia mediatica che lo riguarda: eccolo a Mosca sotto la neve, mentre, sguardo compìto e posa solenne, depone fiori con coccarda tricolore sul ponte dove è stato ammazzato il leader dell’opposizione Nemtsov; mentre parla con Medvedev e, buttandola lì, lo invita all’Expo; mentre infine, finto-sciolto e assertivo, siede al Cremlino accanto a Putin e ad altri, tutti in circolo tipo alcolisti anonimi, e attacca con l’elogio della collaborazione tra Italia e Russia “dallo spazio”, con la missione della stazione orbitale in cui c’è “una donna italiana”, “alla terra”, cioè “all’agroalimentare”. Putin, con gli zigomi che paiono ricoperti d’albume d’uovo, ascolta, dondola una gamba, si distrae, sposta una penna, sospira, marmoreo, ineffabile. Renzi tira fuori la carta di quella certa simpatia italiana per la Russia che peraltro in Europa è meglio negare: “Come lei sa, avendo incontrato qui la… ministro Mogherini, che poi è diventata Responsabile della politica estera, il ministro Lavrov l’lha incontrata più volte, beh insomma, adesso ci occupiamo di tutti i dossier”. Putin bypassa la Mogherini e torna sull’astronauta Cristoforetti (“Rappresenta degnamente la Repubblica italiana, le donne italiane”), alimentando il mito dei russi fissati con lo spazio e le donne iper-formate che danno lustro alla patria. Poi si ritirano in colloquio privato, fino alla conferenza stampa rigorosamente senza domande, forse un omaggio alla tradizione del Paese ospite. Ma, in sostanza, che è andato a fare Renzi in Russia? “La visita di Renzi in Russia ha due obiettivi”, ha spiegato il viceministro degli Esteri Lapo Pistelli: “‘responsabilizzare’ Mosca sia sull’Ucraina che sul Medio Oriente”. Par di vederlo, Renzi, mentre responsabilizza Putin, magari in russo, come Togliatti con Stalin. O forse usando degli hashtag, proprio con l’uomo che ha più volte minacciato di bloccare Internet come ritorsione. Quanto all’uccisione di Nemtsov, è nota la sensibilità di Renzi per la vicenda. Infatti il 28 febbraio, poche ore dopo il delitto, twittava: “Evitato il cucchiaio di legno. Strepitosi gli azzurri del rugby #seinazioni #SCOvITA”, e poi più niente. Certo che iella: uno spera di accreditarsi come alto stratega stringendo la mano a Putin in un momento in cui tutte le diplomazie del mondo lo evitano, e gli trova il morto in casa. Ma un viaggio in Russia mica lo annulli così, solo perché l’ospite è tra i principali sospettati dell’omicidio, almeno a quanto sostengono i pochi oppositori vivi rimasti. Ma vediamo il secondo obiettivo. Sempre il viceministro: “Acquisire una collaborazione sui delicati dossier mediorientali, dalla Libia alla Siria e altri”. E qui par di vedere il paranoico ex agente del KGB che condivide i “delicati dossier” sull’Is con la squadra di Matteo: Alfano, la Madia, la Boschi, tutti chini a studiare coi gelidi funzionari dell’Intelligence russa gli spinosi casi mediorientali e persino “altri”. Renzi e Putin uniti a Mosca ricompaiono in una conferenza stampa surreale in cui a non poter conferire è proprio la stampa. Non sono ammesse domande, né sull’omicidio di Nemtsov, né sul parere che Putin darà sulla Libia, né sulla sistematica opera di sterilizzazione dei diritti umani. Era facile: invece di fingere di sparargli addosso, ai giornalisti, bastava silenziarli. Roba che B., con tutte le sue gaffe da zio imbarazzante, in confronto era la Politkovskaja. Renzi inanella un luogo-comunismo di prassi: “La lotta contro il terrorismo… la minaccia dell’Is e del fanatismo religioso… fondamentale che in questa partita la Russia giochi un ruolo decisivo”. Il silenzio che chiude il mini-vertice lascia tutti un po’ agghiacciati; non che si rimpiangano le pagliacciate di B., ma l’anno di Renzi vissuto pericolosamente, dalla bici ai voli di Stato, da La Pira a House of Cards, pare trovare a Mosca il suo punto di svolta estetico. Speriamo non anche politico.

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