"Il Papa è isolato dal potere e io a Natale sto ai fornelli", intervista di Alex Corlazzoli a Enzo Bianchi pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 24 di dicembre 2023: A 80 anni ha osato ricominciare. Il 2023 è stato denso di novità per Enzo Bianchi, monaco, saggista, profeta dei nostri tempi. Lo si capisce incrociando i suoi occhi azzurri: brillano da quando è tornato a vivere con alcuni dei suoi fratelli e sorelle di Bose, anche se non nasconde la ferita per quel decreto approvato dal Pontefice nel 2020 che lo costrinse ad andarsene dalla comunità di Bose, la sua “creatura”. E non cela nemmeno la sofferenza fisica che lo costringe a passare ore in ospedale ma il recente abbraccio di Papa Francesco è stato un toccasana. Incontriamo Enzo Bianchi a Casa della Madia, la fraternità inaugurata in settembre ad Albiano. La sua voce, alla preghiera di mezzogiorno, è inconfondibile. La sua presenza si respira anche nelle scelte architettoniche compiute in questa ex cascina, al centro di un anfiteatro, dove vive con Giovanni, Goffredo, Maurizio, Claudio, Antonella, Laura e con gli ospiti che trovano lì un’accoglienza sincera.
Padre Bianchi, dopo il “caso Bose”, finalmente ha avuto un’udienza ufficiale dal Papa. “Un incontro tanto desiderato, una grande consolazione. Il Papa mi ha accolto con affetto, attenzione, stima. È stato il sigillo di una profonda comunione, una benedizione nei miei confronti. Tutto ciò ha cambiato l’orizzonte della mia vita, dopo la crisi di Bose”.
Avete parlato del suo allontanamento dalla comunità da lei fondata. “No, la vita a Bose continua in modo diverso: ora è una comunità religiosa. È mutata l’essenza di ciò che avevo voluto, ovvero essere semplici laici senza consacrazione se non il battesimo, come tutti i cristiani”.
In ogni caso, quello di Bergoglio è stato un gesto di riconciliazione? “Non direi ‘riconciliazione’. Il Papa mi ha sempre fatto arrivare i suoi saluti e si è interessato alla mia salute. Non mi sono mai sentito dimenticato da lui. Certamente è stato un segno pubblico di quali siano i rapporti di comunione tra di noi.
Lei ha scritto che Francesco è un “Papa isolato”. “Molti lo seguono, lo amano, pregano per lui, ma sono i piccoli, i poveri. Quelli che contano diffidano di questo Pontefice perché troppo evangelico”.
Agli amici più cari, qualche anno fa, lei diceva di stare lontano dalla politica. Ha cambiato idea? “Sì, oggi bisogna entrare in politica. In quel momento dicevo di non farlo perché era impossibile uscire dalla confusione di cui vediamo i frutti. Ora dobbiamo avere il coraggio di dire che c’è la crisi della democrazia. Valori come Giustizia, Uguaglianza e Pace non sono più tenuti in considerazione; anzi, spesso sono derisi come se fossero principi utopistici di minoranze ininfluenti”.
La premier Meloni ha festeggiato un anno di governo. Che giudizio dà? “Per carità. Stiamo facendo grandi passi verso la barbarie soprattutto nella non accoglienza. È scesa la tenebra anche sulla società italiana che è chiusa, impaurita e rancorosa senza più fiducia né speranza”.
A Casa della Madia, ogni giorno si prega per le vittime delle guerre. “È un colpo mortale. Dopo una vita di lavoro per l’unità delle Chiese, ora mi tocca assistere a ostilità, polemiche e guerra tra loro. Quello che abbiamo visto in Ucraina è vergognoso. Sono molti i cristiani che hanno maledetto l’altro, ritenuto ‘nemico’, e benedetto i carri armati. Ma è un conflitto messo in atto dalle grandi potenze, che non vogliono cessarlo. Non sono i poveri ucraini e russi a volerlo”.
Andiamo a Gaza: il terrorismo si debella coi carri armati, c’è una perversa logica bellicista in atto da parte anche dell’Occidente? “Il terrorismo lo si combatte togliendo le cause che lo generano: è una risposta estrema a una situazione che appare insolubile. Dobbiamo comprendere i disperati che arrivano forzatamente ad azioni non solo condannabili ma disumane, atroci. Ciò che accade a Gaza è una vergogna dell’umanità: l’Europa tace e lascia fare, mentre gli Stati Uniti sono spesso legati al potere in Israele. Manca a tutti la volontà di fermare questa guerra”.
Il Natale per lei cosa rappresenta, ieri e oggi? “Il Natale è la conferma che Cristo viene presto, e puntualmente: mi fa pregare ancora di più con tutti i cristiani perché abbiamo bisogno che torni su questa Terra che geme e su questa umanità che ha necessità di liberazione e guarigione”.
So che in queste feste ci tiene molto a mettersi ai fornelli e dare sfogo alla sua passione culinaria con il menù di Natale, anche in monastero. “Quest’anno lo faccio ancora, ma le forze sono diminuite: non saranno più i 17 piatti monferrini com’era mia tradizione, ma ce la metterò tutta perché i miei fratelli, le mie sorelle e chi è solo condivida il Natale con noi con un pasto di festa e di gioia”.
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