“Storied’Acqua”. 2 “Quando è in secca resta senza voce” di Paolo Di Paolo pubblicato sullo stesso numero del periodico “Green&Blue”: Quanto costava una lacrima? Una goccia di pioggia? E una stilla d'acqua di fiume? Adesso basta con le domande. Non costavano niente. Il nonno si spazientisce, il nipote lo incalza ancora: voglio capire. Il nonno guarda il letto disseccato del Po, a volte resta per tre minuti così, no, forse meno. Poi ogni tanto chiede al nipote: metti quel vecchio cd. Archeologia. Fossili. A quel punto parte una canzone che fa venire al nonno gli occhi lucidi. Una gita sul Po, popopopo. Il nipote comincia con le domande. Perché ogni tanto sei così triste? Al nipote sembra inverosimile quasi tutto quello che il nonno racconta. Secondo me, pensa, lui inventa storie. Il nonno non sopporta che il nipote chieda il prezzo di ogni cosa. Adesso basta, gli dice, ma come sei cresciuto? Perché, risponde lui, cosa ho detto di male? C'erano cose che uno guardava e diceva: queste non sono di nessuno, cioè sono di tutti, e dava un senso di libertà bella e superflua. Mattine d'estate che andavamo in bicicletta a vedere il Po. A salutarlo come fosse un familiare. Con quel suo colore verde compatto – (... non dimentico nessuna tappa della mia storia con l'acqua - mi verrebbe da chiamarla così: la mia biografia acquatica. E sento che c'è un rapporto molto stretto fra l'acqua e la felicità. Mai sono stato felice come nei pressi di un qualche corso d'acqua: quegli istanti - tarda mattina, pieno pomeriggio, o al tramonto, poche volte all'alba, qualche volta di notte - in cui metti i piedi a mollo, e arriva il brivido di freddo, e anche una strana, insensata felicità... E il mio legame con questo fiume che considero un parente stretto. Le sorgenti misteriose. Il torrente giovane e impetuoso. Il corso largo e placido della maturità. Ah il grande fiume! Le campagne che percorre, così lungo con il suo nome corto... i campanili, quando svettano in una coltre di nebbia... i capannoni industriali... le trattorie, gli stradoni provinciali, le stazioncine, le piazzette oblunghe, gli allevamenti industriali di bovini, l'odore del concime... il polline dei pioppi e le zanzare quando è stagione... le aie dei vecchi poderi, le case coloniche... gli alberghi a due stelle... i sentieri, nastri di terra tra le valli d'acqua... I punti in cui il letto, d'estate, è completamente secco fanno tristezza. Fanno paura). Un giorno si venderanno barattoli di lacrime e gocce di pioggia? Spero di no, dice il nonno. E ognuno pagherà il proprio spazio d'aria? Non esagerare. E l'orizzonte! L'orizzonte cosa? L'orizzonte, lo vedi? Sì che lo vedo. Si pagherà a metraggio. Quanto ne vedi dalla finestra di casa? Ecco, questo è il prezzo. E se non hai una casa, paghi... Un forfait. Cos'è un forfait? Quando parte la musica del vecchio cd, una canzone che dice Una gita sul Po, popopopo, il nonno si allontana con gli occhi e con la mente, e pensa: non abbiamo fatto abbastanza. Quando era il momento. La colpa è tutta nostra. Avremmo dovuto dire, per esempio: ma noi umani siamo fatti d'acqua. Se lo danno alle sorgenti e alle cascate, ai fiumi e alle gocce di pioggia, allora si finirà per dare un prezzo a ciascun essere umano. Un neonato contiene più acqua di quanta ne contiene un vecchio come me. Tu, nipote, contieni più acqua di me. Vali di più. Costi di più. (... ho letto da qualche parte questa frase: l'inconscio del fiume. È misteriosa, però mi piace. Mi pare che dica: il paesaggio ha un'anima. E parla. Ho letto da qualche altra parte: non dimenticare mai quel che un albero o uno specchio d'acqua hanno da dirti. Mi metto in ascolto. Ci provo, tendo l'orecchio - la mano come un guscio, una conchiglia. Ma forse è il Po, quando è in secca, che resta senza voce).
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
giovedì 7 dicembre 2023
MadreTerra. 20 “Storie d’Acqua”.
“Storied’Acqua”. 1“Dove l’acqua è madre ma anche nemica” di Marco Belpoliti
pubblicato sul periodico “Green&Blue” di ieri, 6 di dicembre 2023: Tu lo
sai che il Po è molto di un fiume? Così appare
vasto e aperto ben oltre le sue rive nella sua parte finale, là dove entra nel mare.
Non solo perché l'acqua non è più quella dolce scesa dai versanti appenninici e
dalle montagne alpine, ma perché la sua forma larga e la direzione plurima sono
il risultato d'una azione congiunta delle forze naturali - alluvioni, terremoti,
subsidenze - e insieme delle imprese umane, che nei secoli hanno scavato canali
e di recente manovrato le acque da sotto a sopra e da sopra a sotto mediante le
idrovore. Tu sai bene per esperienza diretta che questo è un luogo in cui è
possibile perdersi per chi non vi è nato o anche vissuto, e non solo per il
fitto dedalo delle vie d'acqua, ma in ragione del fatto che per avventurarti qui
devi avere in mente la mappa dei fossati, dei navigli, dei rii e di tutti gli
affluenti che vi convergono fino al Delta: un intrico di sbocchi e punti ciechi.
La vita di chi percorre ogni giorno con le barche a motore il fitto reticolo è
davvero dura. Si esce a ore impossibili per chi come te abita in città e percorre
le vie aiutato dall'accensione dei lampioni alla sera e dal loro spegnimento al
mattino. Qui la luce è quella livida del cielo e dell'acque, che ne decreta
l'ultimo confine laggiù. Grigia e scura in certe ore del tramonto, ma anche
all'alba quando sembra spuntare da dietro le canne che bordeggiano le rive
senza lumeggiare del tutto, così che, a parte l'effetto della nebbia, tutto
sembra incerto all'intorno. È un movimento silenzioso quello delle barche, con
il rumore ritmico del motore a poppa, monotono e ronzante, con la scia lasciata
a sbattere contro le antiche rive. Quando tu sei venuto qui a vedere la forma
del Delta non immaginavi come fosse davvero questo ultimo lembo di acqua e di
terra mescolate l'una con l'altra. I pescatori dei luoghi, quelli dei paesi che
sono segnati sulla carta che avevi nello zaino, sono persone silenziose, anche
se a tutti nel confine tra Veneto e Romagna piace fare battute, pregni d'una
allegria da consumarsi con gli altri, perché per il resto si tratta di gente
taciturna e composta. Per non parlare poi degli emiliani che stanno lì dietro,
nella zona intorno a Ferrara, e anche più in là. L'altra cosa con cui hai a che
fare qui è il fango, che è l'unione di terra ed acqua. La terra sembra solida
negli isolotti e nelle lingue di terra che s'allungano verso lo sbocco del
fiume, ma invece si tratta di qualcosa d'indeterminato e instabile, come il
lavoro di qui. I pescatori per primi ne sono ben consapevoli viste le alluvioni
che hanno interessato questo spazio. Il fango appartiene al mito delle origini.
Da lì viene Adamo. La parola Adamo significa "terra rossa", mentre
questa qui attorno è nerastra. Chissà che uomo sarebbe venuto fuori se la
divinità suprema avesse utilizzato questo fango per modellarlo, scuro come
certi vasi greci che non lontano si commerciavano in età etrusca. Le cozze, del
resto, sono nere anche se dentro il mitilo ha un cuore aranciato come certi
tramonti che si vedono sullo sfondo del cielo in direzione del mare la sera, là
dove la dimensione dello spazio sembra esplodere a destra come a sinistra.
Vorrei mandarti una serie d'immagini di Alex Zoboli, uno che è nato dalle
nostre parti, vicino al Po. Riguardano proprio i pescatori di queste parti,
così che quando verrai qui t'aiuteranno a riconoscere luoghi e persone. Sono
fotografie che contengono sempre come centro o cornice il principale elemento
del territorio, l'acqua, così che forse sarebbe meglio usare
"aquatorio" quando si parla di qui: acqua da tutte le parti, anche
quella che a volte tracima o s'infiltra tra i muri di contenimento, acqua con
cui tutti quelli che sono vissuti qui hanno combattuto nel corso di migliaia di
anni. L'acqua Madre e anche Sorella, ma l'acqua anche come nemica, o almeno
avversaria, inquieta e variabile, come il carattere di chi abita qui intorno.
Non aspettare l'inverno per venire. L'autunno sul fiume Po e nel Delta è
bellissimo, solo un po' malinconico, ma questo è il substrato del nostro stesso
carattere, ciò che ci sta sotto: le malinconie sono le palafitte su cui abbiamo
eretto le nostre personalità, e ora speriamo resistano all'acqua in questi
calamitosi tempi segnati da grandi cambiamenti del cielo e della terra. Ti
aspetto.
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