"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 16 dicembre 2023

Piccolegrandistorie. 61 Ray Banhoff: «Caro Babbo Natale, per Natale niente doni ma piuttosto svegliaci, toglici dal torpore dei sonnambuli».

                Sopra. "I funerali dell'Anarchico Pinelli" (1972) di Enrico Baj.
 
Solamente in un paese debosciato ed imbolsito quale è l’Italia d’oggi può verificarsi che la data del 12 di dicembre dell’anno 1969 – strage di Piazza Fontana a Milano - passi sotto silenzio. E può accadere pure che passi ignorata la triste e violenta vicenda di Giuseppe Pinelli – partigiano ed anarchico - che, nella nottata di passaggio dal 15 di dicembre al 16 di dicembre di quel tragicissimo anno, ci lasciasse la Sua giovine vita. Ha scritto Anna Lisa Tota – professoressa di “Sociologia della comunicazione” presso la Università Tre di Roma – in «La “vite” di Pinelli è ancora viva» pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri, 15 di dicembre 2023: Ci sono eventi che travolgono le nostre biografie, nostro malgrado. Tragedie, crimini e ingiustizie che all'improvviso bussano alla porta sconvolgendo per sempre un destino famigliare: la storia della famiglia Pinelli il 12 dicembre 1969 è cambiata per sempre. (…). Sono nel tinello di casa Pinelli e incontro per la prima volta Licia Rognini, protetta dall'affetto caro delle sue figlie Claudia e Silvia. Non è un'intervista, è un incontro e basta. E l'incontro per me con un pezzo della storia italiana, con una donna che ha scelto di diventare un simbolo di forza pacata, di rigore e di determinazione morale, che al posto di soccombere, celandosi dietro un silenzio assordante, ha accettato tutta la fatica e il dolore aggiuntivi che una ostinata richiesta di verità e giustizia, protratta per decenni, comporta. Quando le chiedo come si fa a 95 anni a essere ancora così "in gamba" come lei, dopo tutto il dolore che ha attraversato, mi risponde con un sorriso disarmante: "Se uno ha ragione, la forza viene". Questa donna minuscola e sorridente, seduta nella poltrona del suo tinello a Milano, emana una gran forza. È divenuta, suo malgrado, un pezzo di storia italiana ed è chiarissimo, almeno per me, che ne è perfettamente consapevole e che ha sempre fatto la sua parte, con responsabilità e determinazione. Incontrarla è per me un onore e un vero regalo, di cui sono molto grata a lei e alle sue figlie che l'hanno permesso. E poi inizia l'intervista, vera e propria, invece, con la figlia Claudia che mi racconta una storia bellissima. Ha incontrato recentemente un ferroviere ormai in pensione, che non ama la visibilità e che non desidera essere a sua volta intervistato, perché il bene, quello vero, si fa in silenzio. E lui, che non hai mai conosciuto direttamente Pino, per cinquant'anni si è preso cura di una vite - sì, proprio una vite di quelle che producono uva - che Pino aveva piantato per caso, qualche tempo prima della sua morte. Quest'uomo per 54 anni si è preso cura di questa pianta e quando Claudia lo incalza emozionata con le sue domande, le offre un tralcio che le ha portato, perché possa piantarlo a sua volta. Egli ha curato e potato la vite che altrimenti non sarebbe sopravvissuta per tutti questi anni. Essa ha continuato a crescere sotto gli occhi vigili e amorevoli di chi non ha mai voluto dimenticare. Quella vite mi sembra un po' come Licia, la moglie amata, quella che per 54 anni non ha smesso mai di combattere, silenziosa o rumorosa a seconda delle situazioni, ma sempre con la nobiltà elegante che emana chi sa di avere ragione. Quella pianta è cresciuta silenziosa e indomita come la verità nel cuore dei milanesi e delle milanesi. Ma questa verità è davvero completa? Ci sono ancora dei non detti nella società civile e nello Stato? In quanti licei Claudia e Silvia dovranno ancora andare vestali e simboli di una giustizia ingiusta e di una verità incompleta? Mio figlio una volta c'era con i suoi compagni al Liceo Manzoni di Milano, una di quelle volte, in cui Claudia ha preso parola nella palestra di un grande liceo milanese davanti a tanti studenti e studentesse. È la restituzione di un pezzo di storia alle giovani generazioni. Grazie a Claudia e a Silvia per questo loro continuo peregrinare. La loro testimonianza ci serve: ci scalda il cuore e ci ricorda che viviamo in un Paese democratico. E allora perché funerali dell'anarchico Pinelli, la famosa opera di Enrico Baj, non è ancora stata esposta stabilmente e definitivamente nel cuore della città di Milano? Nel 2012 fu esposta temporaneamente a Palazzo Reale nella Sala delle Cariatidi. Le controverse vicende di quel quadro, che è divenuto un vero e proprio simbolo, si intrecciano stabilmente con la memoria pubblica di Giuseppe Pinelli. Quel quadro è ormai parte della storia della città e, come milanese, non posso che chiedere a gran voce che finalmente sia esposto per sempre.

“Noi all’assalto dei fast food ma per un panino”, testo di Ray Banhoff pubblicato sul settimanale “L’Espresso” dell’8 di dicembre ultimo: (…). Padre perdonali, non sanno quello che fanno, ci sarebbe da dire, il che non è nemmeno vero, perché sappiamo di essere in un momento di stallo ideologico senza precedenti. Questa tesi ce la suggerisce il Censis, che col suo sondaggio annuale fa una fotografia impietosa del popolo italiano, definendo i cittadini «sonnambuli». È come se vivessimo sotto un sortilegio in cui tutto è immutevole. L'occupazione aumenta del 2,4% ma siamo comunque ultimi in Europa, con un dato inferiore alla media di quasi 10 punti. Si lavoricchia, sì, ma nella maggior parte dei casi per tirare avanti, spendendo di solito tutto quello che si ha senza poter mettere da parte niente. Le coppie non fanno figli, la gente ha paura della terza guerra mondiale e pensa che il Paese sia in declino eppure c'è poca voglia pure di protestare per cambiarlo 'sto Paese, specie nei giovani, che piuttosto che fare la voce grossa vanno (giustamente) all'estero in cerca di stipendi più alti e possibilità di carriera. Il Censis chiama questo fenomeno «dissenso senza conflitto», che è una definizione ossimorica di per sé, totalmente nuova, mai apparsa prima nella storia. Mi è capitato di sentire Fabio Tamburini, economista e direttore di Radio24, dialogare in una trasmissione con Nevio Lo Stirato, un ludopatico famoso sui social network che deve il suo soprannome, «stirato», steso dai debiti con le banche e con il Fisco. Ebbene, non esistono due facce più diverse di una medaglia, due poli più contrapponibili di questi, eppure i due erano d'accordo: in Italia si pagano troppe tasse. Ma dove sono le nostre proteste? La consapevolezza del popolo italiano è alle stelle, dal ceto medio a quello alto non siamo mai stati tanto informati e consapevoli della nostra situazione. Mille piccoli gesti ci fanno ribollire di rabbia ma non bastano a far scattare in noi la possibilità di cambiare. Ce ne accorgiamo quando paghiamo il bollo annuale per l'auto acquistata a fatica e nella maggior parte dei casi usata per andare al lavoro visto che i mezzi pubblici sono un disastro; oppure quando un libero professionista paga l'anticipo delle tasse in base ai guadagni dell'anno precedente, senza la minima garanzia di eguagliarli. Siamo informati, laureati, all'apice del progresso tecnico e scientifico ma così poco avvezzi a disturbare, a dire "no grazie". Caro Babbo Natale, per Natale niente doni ma piuttosto svegliaci, toglici dal torpore dei sonnambuli.


 

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