“L’onore dell’ONU e i crimini di Israele”, testo di Jeffrey Sachs pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, martedì 13 di dicembre 2023: (…). La situazione a Gaza è tanto chiara quanto brutale. Lo Stato di Palestina, riconosciuto da 139 nazioni, soffre da tempo delle brutalità dell'occupazione. Gaza è stata definitala più grande prigione a cielo aperto del mondo da Human Rights Watch. Dopo il terribile attacco terroristico del 7 ottobre guidato da Hamas, in cui sono morti 1.200 israeliani, Israele ha iniziato la pulizia etnica di Gaza. Gli specialisti legali del Center for Constitutional Rights considerano le azioni di Israele come un genocidio. A oggi, più di 17.400 gazawi sono stati uccisi e 1,8 milioni sono stati sfollati. Decine di migliaia sono a rischio di morte imminente. Il mese scorso, Guterres (il Segretario Generale delle Nazioni Unite n.d.r.) ha avvertito che "Gaza sta diventando un cimitero per i bambini". Israele ha spinto la popolazione dal nord di Gaza verso il sud e poi ha invaso il sud. Le autorità israeliane hanno detto agli abitanti di Gaza di fuggire per salvarsi la vita in zone del sud e poi hanno bombardato i luoghi verso i quali erano stati indirizzati. Gli Stati Uniti sono più che protettori di Israele. Sono complici. Forniscono, in tempo reale, le munizioni che Israele usa per gli omicidi di massa, anche se le autorità statunitensi a parole sostengono i civili di Gaza. Il presidente di Israele, Isaac Herzog, giustifica il massacro dichiarando che non ci sono civili gazawi innocenti: "È un'intera nazione a essere responsabile". La più grande bugia del governo israeliano è che Israele non ha altre opzioni se non l'uccisione di massa dei gazawi, presumibilmente per sconfiggere Hamas. Il fatto che Israele si sia lasciato cullare dalla sua arroganza e abbia abbassato la guardia il 7 ottobre non fa di Hamas una minaccia esistenziale. Hamas ha solo una minima parte della potenza militare di Israele. Il 7 ottobre, come l’11 settembre negli Stati Uniti, è stato un colossale errore di sicurezza che dovrebbe essere immediatamente corretto con un rafforzamento della sicurezza alle frontiere, non una minaccia esistenziale che giustifichi l'uccisione di migliaia o decine di migliaia di civili innocenti, con donne e bambini che costituiscono il 70% delle vittime. La frenesia omicida è guidata dagli stessi politici che sono stati responsabili del fallimento della sicurezza del 7 ottobre e che ora manipolano le ansie più profonde della popolazione israeliana. Hamas può essere smobilitato attraverso la diplomazia e solo attraverso la diplomazia. Israele e gli Stati Uniti devono finalmente rispettare il diritto internazionale, accettare uno Stato palestinese sovrano accanto a Israele e accogliere la Palestina come 194° Stato membro delle Nazioni Unite. Gli Stati Uniti devono smettere di armare l'operazione di pulizia etnica a Gaza e di proteggere le dilaganti violazioni dei diritti umani fondamentali in Cisgiordania. Cinquantasei anni dopo l'occupazione illegale delle terre palestinesi e dopo decenni di insediamenti illegali nei territori occupati, Israele deve finalmente ritirarsi dalle terre palestinesi occupate. Con questi passi, la pace tra Israele e i Paesi limitrofi potrebbe e sarebbe assicurata. Su questa base, le forze di pace dell'Onu, comprese le truppe arabe e occidentali, assicurerebbero a loro volta il confine israelo-palestinese per un necessario periodo di transizione. Allo stesso tempo, tutti i flussi internazionali di finanziamento ai militanti anti-israeliani verrebbero bloccati da azioni congiunte e coordinate di Stati Uniti, Europa e dei vicini arabi e islamici di Israele. La via diplomatica è aperta perché i Paesi arabi e islamici (compreso l'Iran) hanno ancora una volta ribadito il desiderio di pace con Israele nell'ambito di un accordo che stabilisca la Palestina lungo i confini del 1967 e la sua capitale a Gerusalemme Est. La vera ragione della guerra di Israele a Gaza è che il governo di Israele rifiuta la soluzione dei due Stati. I fanatici israeliani, tra cui alcuni membri del gabinetto, credono che Dio abbia promesso loro tutte le terre dall'Eufrate al Mediterraneo. Questa convinzione è fatua. Come la storia ebraica dovrebbe chiarire agli ebrei religiosi, e come tutta la storia umana dovrebbe chiarire in generale, nessun gruppo, sia esso ebraico o di altro tipo, ha un "diritto" incondizionato a qualsiasi terra. Affinché i diritti siano garantiti e rispettati a livello internazionale, i governi devono attenersi al diritto internazionale. Nel caso di Israele e Palestina, il diritto internazionale, come espresso ripetutamente dal Consiglio di Sicurezza, sostiene che due Stati sovrani, Israele e Palestina, hanno sia il diritto che la responsabilità di vivere fianco a fianco in pace secondo i confini del 1967. Non solo Israele, ma forse ancor più gli Stati Uniti, hanno perso la bussola. La ragione profonda era chiara al senatore J. William Fulbright sessant'anni fa, quando era presidente del Comitato per le relazioni estere del Senato e scrisse il magnifico libro L'arroganza del potere. Fulbright indicò nell'arroganza la causa profonda della sconsiderata guerra americana in Vietnam. Nella sua continua arroganza, lo Stato di sicurezza militare statunitense ignora ripetutamente la volontà della comunità internazionale e il diritto internazionale, perché ritiene che le armi e il potere glielo consentano. La politica estera degli Stati Uniti si basa in larga misura su operazioni segrete e illegali di regime change e su una guerra perpetua che soddisfa il complesso militare-industriale. Non dobbiamo diventare cinici nei confronti dell'Onu. Attualmente è bloccata dagli Stati Uniti, il Paese che ha guidato la sua nascita sotto il più grande presidente americano, Franklin Delano Roosevelt. L'Onu sta facendo il suo lavoro, costruendo il diritto internazionale, lo sviluppo sostenibile e i diritti umani universali, con l'arco della storia dalla sua parte. Il diritto internazionale è una creazione umana relativamente nuova, ancora in fieri. È difficile da realizzare di fronte all'ostinazione del potere imperiale, ma dobbiamo perseguirlo. È importante notare che opporsi ai crimini di guerra di Israele non ha assolutamente nulla a che fare con l'antisemitismo. Questo punto è stato espresso in modo eloquente in una lettera aperta da decine di scrittori ebrei. Netanyahu non parla a nome dell'ebraismo. Il governo israeliano viola la più sacra delle ingiunzioni ebraiche, quella di proteggere la vita (Pikuach Nefesh) e di amare il prossimo come se stessi (Levitico 19.18). Il messaggio dell'etica ebraica si trova nelle parole del profeta Isaia (Isaia 2.4) iscritte su un muro di fronte alle Nazioni Unite: "Batteranno le loro spade in vomeri e le loro lance in uncini da potatura; la nazione non alzerà più la spada contro la nazione e non impareranno più la guerra".
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
mercoledì 13 dicembre 2023
CosedalMondo. 01 «Batteranno le loro spade in vomeri e le loro lance in uncini da potatura; la nazione non alzerà più la spada contro la nazione e non impareranno più la guerra» (Isaia 2.4).
“Ammesso
(e ampiamente concesso) che Hamas sia un movimento che professa il suprematismo
religioso e la cancellazione violenta di Israele, cosa che autorizza a
considerarlo un movimento razzista, rovinoso per la causa palestinese nonché
sperperatore dei miliardi ricevuti dai governi arabi; le domande che mi farei,
se fossi il governo israeliano, sono due. La prima: è giusto e legittimo, per
combattere Hamas, spianare Gaza, uccidere migliaia di civili, distruggere il
precario riparo che un popolo prigioniero ed espropriato abita per obbligo ben
più che per scelta? La seconda: è stato messo nel conto l’ovvio rimbalzo di
odio e di vendetta che questa guerra, punitiva per tutti i palestinesi della
Striscia di Gaza e non solo per Hamas, produrrà a breve, medio e lungo termine?
Cosa volete che pensino, degli israeliani e della stella di David, un ragazzino
o una ragazzina sopravvissuti ai bombardamenti, le famiglie costrette ad
abbandonare le loro case, braccate dalle bombe e dai rastrellamenti? Per ogni
dirigente o militante di Hamas eliminato, almeno altri due, nella striscia di
Gaza, ne prenderanno il posto. La vocazione al martirio (a quello che il jihad
chiama martirio: morire uccidendo gli impuri) troverà nuovo slancio. La catena
della violenza aggiungerà nuove maglie alle tante già inanellate. Si discute
sempre su quanto la violenza sia ingiusta e immorale. Mai abbastanza su quanto
la violenza sia inutile, controproducente, e alla fine: stupida”. (Da “Il bilancio della violenza” di
Michele Serra pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” dell’8 di dicembre 2023).
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