"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 11 ottobre 2023

Piccolegrandistorie. 56 Italo Calvino: «Visto così lo spaventapasseri sembrava l'attaccapanni di un crocefisso».


“Lo spaventapasseri”, racconto (del 13 di agosto dell’anno 1941, sinora inedito) di Italo Calvino – nato a Santiago de Las Vegas de La Habana il 15 di ottobre dell’anno 1923 e morto a Siena il 19 di settembre dell’anno 1985 – riportato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” dell’8 di ottobre 2023 con il titolo “Un frac nel campo di grano”: La luna era bassa, sul campo, si sarebbe detto che salendo su una scala la si poteva toccare. Nel campo c'era un pagliaio, un pero e uno spaventapasseri, messo lì a far la guardia al grano. Era fatto di due pali sbilenchi, messi in croce: e l'uno dei bracci additava la luna, quasi in un gesto di minaccia, l'altro, spezzato presso alla punta, pendeva cionco come una mano umana. Una camicia lacera e un paio di brache sdrucite e bisunte erano il suo vestimento; un cappellaccio di paglia sfondato era infilato in cima al palo verticale e sull'incrocio era annodato un fazzoletto di tela. Visto così lo spaventapasseri sembrava l'attaccapanni di un crocefisso. L'aria era immobile. Sul pero non tremava foglia. C'era un silenzio grande. Solo a tratti un cane latrava da un cascinale lontano. Viene un uomo. È scalzo, porta il cilindro, la marsina, la cravatta bianca, la gardenia all'occhiello. Ha l'aria stanca, sfiduciata. Vede il pagliaio, s'avvicina, si scava un giaciglio, si getta sulla paglia. In un fossato gracida una rana. L'uomo odora di fumo d'alcol di femmina di vizio. Non ha sonno. Giace supino con la testa nella paglia, il cilindro calato sulla fronte, e s'osserva i piedi. Si fruga in un taschino, ne trae una sigaretta, cerca invano un fiammifero, rimane con la sigaretta spenta che gli pende da un angolo della bocca. La luce della luna filtra attraverso la lacera camicia dello spaventapasseri. L'uomo in cilindro s'avvicina allo spaventapasseri, s'arrampica, lo sveste, getta giù gli indumenti. Lo spaventapasseri ignudo sembrava ora avesse freddo e vergogna. L'uomo si spoglia dei suoi abiti, indossa il cappellaccio di paglia, la camicia, le brache e s'annoda il fazzoletto al collo. S'arrampica poi ancora sulla croce di legno, e, al posto dei vestimenti sottratti, mette il cilindro, la camicia inamidata, la marsina con la gardenia all'occhiello, i calzoni con la riga, la cravatta bianca. Scende, rinfrancato alquanto, come l'uomo soddisfatto di se stesso. Spicca una pera dall'albero, l'addenta, sputa un pezzo di torsolo verso lo spaventapasseri vestito di nuovo. Poi, con le brache che gli arrivano al polpaccio e la camicia che gli pende fuor dalle brache, s'allontana per i campi morsicando il frutto. Lo sparato biancheggia, macabro, al lume fioco del plenilunio. Sembra un fantasma ubriaco che sghignazzi alla luna. Passa un fraticello scalzo, tornando dalla questua. Il fraticello è stanco e il convento è lontano. Vede il pagliaio, s'adagia, trae dalla cesta un fiasco di vino e beve a lungo, a garganella. Sazio, si stacca dal fiasco, sorridendo e strabuzzando, per la soddisfazione, gli occhi lustri. S'accorge allora dello spaventapasseri in marsina, accanto a lui. Si spaventa dapprima, poi ride, poi ancora sembra che quella vista lo turbi. Invano cerca di resistere alla tentazione satanica: come preso da una febbre strana denuda se stesso e lo spaventapasseri. Con le mani tremanti per l'orgasmo pone di sghimbescio il cilindro sul suo capo tonduto, s'infila lo sparato, la marsina, i calzoni con la riga. Sghignazzava e con quegli abiti troppo grandi per lui sembrava una scimmia vestita da uomo. Sullo spaventapasseri infila il suo saio, che ricade floscio come un sacco vuoto sul lungo palo stecchito. Il fraticello in marsina si fruga allora nelle tasche, con entusiasmo infantile. Trova una sigaretta, piglia un cerino dalla sua cesta, l'accende e prende ad aspirare boccate come un fanciullo alla sua prima fumata. Fa uscir il fumo dal naso, la gola gli pizzica, gli occhi gli lagrimano. Scoppia in un ascesso di tosse. Allora afferra il mozzicone e lo lancia contro il saio crocefisso. Si vede un punto incandescente descrivere una parabola nell'aria, poi spegnersi. Il fraticello trova in una tasca della marsina una ciocca di capelli biondi, legata con un nastro rosa. L'avvicina al naso, avidamente e s'inebria del suo profumo. Poi col cilindro piantato di sghimbescio sul capo tonduto, lo sparato incurvato sul petto a mo' di gobba, la coda di rondine che lambisce la polvere, s'allontana, mani in tasca, fischiando, verso la città. Lo spaventapasseri col saio pare un vecchio in camicia da notte. Il giorno dopo era domenica, i contadini non vennero nei campi, nessuno s'accorse che lo spaventapasseri aveva cambiato d'abito. L'uomo vestito coi panni dello spauracchio tornò la notte dopo. Aveva cercato invano di resistere alla tentazione, invano s'era detto d'aver gettato la marsina alle ortiche, ma quando era scesa la notte, la nostalgia d'un'altra vita l'aveva ripreso tanto forte da non poterla scacciare, e di corsa, per i campi, s'era precipitato a rivestirsi dei suoi vecchi panni. Arriva davanti allo spaventapasseri ansante, con una luce strana negli occhi, con un'espressione quasi assetata nel volto. È più lacero, più sporco, puzza di cipolla. S'accorge tutt'a un tratto che l'uomo di legno non indossa una marsina ma un saio da frate, con la corda e il crocefisso. Sconvolto, fa per tornare sui suoi passi. Una nuvola cancellava la luna. Nel cielo, chissadove, gridò un'upupa impazzita. L'uomo s'arresta e, come in balia di un potere ipnotico, s'avvicina lentamente allo spauracchio, si scopre il capo, si denuda, denuda lo scheletro di legno, indossa il saio, riveste lo spauracchio delle vesti consunte. Man mano che procede la sua espressione si fa più calma. I suoi occhi rispecchiano una più intensa luce interiore, le sue labbra s'increspano a un sorriso. Poi si segna. Sfila un rosario dalla cintura e sgranando preci, s'allontana dallo spaventapasseri. Nemmeno un'ora dopo, arriva l'altro uomo. La marsina era sgualcita. L'uomo odorava di fumo d'alcol di femmina di vizio. Avanza a capo basso, lentamente, percotendosi il petto. Com'è sotto allo spauracchio alza lo sguardo, vede forma non monastica ma agreste e si butta sull'erba, ginocchioni. Il cielo impallidiva a oriente. L'uomo non più sgomento cambia ancora il suo vestimento con quello del fantoccio. Il suo volto sorride all'ombra del cappellaccio di paglia. Afferra una zolla di terra e la stringe nella mano. Una falce giace appoggiata al pagliaio. L'uomo l'afferra, l'appoggia alla spalla, e parte. Da un cascinale sperduto, un gallo lancia alto il suo saluto. Alla luce livida dell'alba lo spaventapasseri infagottato nella marsina spiegazzata sembra una bizzarra caricatura d'uomo. A giorno fatto una frotta di bimbi va a saccheggiare il pero. Vedono lo spauracchio ed esilarati dal novo aspetto, l'attorniano in un gaio girotondo. Donne, che reggono sul capo fasci d'erba, li raggiungono e, prese dal terrore, richiamano i bimbi e gridano alla stregoneria. Giungono uomini con falci. - Questa è opera di streghe, - dicono e mandano gente al prete a che s'affretti con gli esorcismi. I messi corrono ma sulla via s'incontrano con un fraticello scalzo che andava per la questua e lo portano con loro. Come il frate vede lo spaventapasseri pare perdere anch'egli la serenità. - Presto! - grida - un fucile! - La folla che s'aspettava preci, benedizioni, scongiuri sembra turbata. - C'è il diavolo lì dentro, - dice il frate, - bisogna ucciderlo. - Un vecchio trae da un pagliaio dove lo teneva nascosto per difendersi dai passeri un vecchio schioppo ad avancarica. Ma le mani gli tremano, chiede che venga qualcun altro a sparare. Ma nessuno degli uomini ne ha il coraggio, tutti hanno paura che il diavolo si scagli poi contro di loro, tutti temono il malocchio. - Sparate! - grida il frate con aria invasata. - Ne va, della salvezza di un'anima! - Di due anime! - grida una voce e dalla folla sbuca uno sconosciuto vestito di una camicia lacera, d'un paio di brache sdrucite, con in testa un cappellaccio di paglia sfondato. Afferra lo schioppo, punta e spara. Una scarica di pallini investe lo spauracchio. Del candido sparato inamidato rimane uno straccio sforacchiato e abbruciaticcio. L'uomo resta col fucile fumante in mano, sorridendo. Il frate si fa il segno della croce. E i due uomini si gettano l'uno nelle braccia dell'altro.  

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