"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 2 ottobre 2023

Capitalismoedemocrazia. 83 Antonio Bello: «“Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita”».

                   Sopra. Antonio Bello (1935-1993), già vescovo di Molfetta.

Ha scritto Michele Serra in “Il capitalismo sul lettino” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 13 di settembre 2023: Che cosa è successo al capitalismo mondiale? E soprattutto, che cosa è successo ai capitalisti?

Se vi fosse capitato di leggere, come è capitato a me, una intervista al boss di Ryanair, signor O’Leary, sui giornali, vi fareste la stessa domanda. È tutto un florilegio di “ce ne fottiamo”, “i decreti italiani sono spazzatura e non li rispetteremo”, “non ce ne frega un c….”, e via chiarendo che l’unica legge che conta è la sua. Sembra la parodia di un western. Invece è il ritratto, temo attendibile, di una visione del mondo che ha letteralmente sbullonato ogni meccanismo di contenimento e di regolazione del mercato e - cosa perfino più grave - ogni forma di contenimento della vanità umana. “Io ho fatto i miliardi, voi non dovete permettervi, in nessuna forma, di disturbarmi”. È la versione aggiornata del marchese del Grillo: “Io so’ io e voi non siete un c…”. Gli Stati, le leggi, le tasse, le tariffe, contano poco, e comunque contano nella misura in cui assecondano quell’Io impazzito che è il Capitale. Altrimenti, come direbbe mister Ryanair, “si fottano”. Già quest’estate, con l’incredibile vicenda (non abbastanza commentata) della sfida a duello tra Musk e Zuck, eravamo autorizzati a ritenere che il capitalismo fosse entrato nella sua fase psichiatrica. C’è da chiedersi se esiste una cura. La politica, nella sua opera di mediazione e riequilibrio, ha fallito. Con ogni evidenza. Chissà, forse la strada della terapia psichiatrica, o psicoanalitica, qualche risultato potrebbe darlo.

“La meritocrazia è un totem che colpevolizza la povertà” di Tomaso Montanari pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, 2 di ottobre 2023: Ogni giorno sembra conoscere un record di abissale disumanità: leggi mostruose minacciano di chiudere i più poveri, quelli che non possono pagare il riscatto, in campi di concentramento, violandone il corpo per accertarne l’età. Non sia mai che un diciottenne in fuga dalla guerra o dalla fame ci raggiri per potersi salvare. Perché non ci ribelliamo? È una discesa agli inferi che ci riguarda: oggi come complici muti dei nostri governanti eletti, domani come vittime delle pratiche biopolitiche sperimentate sui corpi di serie b. Questo, in fondo, il messaggio: i neri, i migranti, i pezzenti non sono proprio come noi. Sono di meno. A loro si può fare ciò che mai faremmo a “quelli come noi”. Cosa ci è successo, dunque? Come siamo arrivati fin qui? Una parte della risposta si trova nei cosiddetti “valori” che governano la nostra società: la società della meritocrazia, del successo “meritato”, del “si salvi chi può” (chi può economicamente, sia chiaro). La società del sorpasso. (…). Antonio Bello (1935-1993) è stato vescovo di Molfetta, e papa Francesco lo ha dichiarato venerabile, un primo passo nel processo di canonizzazione: a lui apparteneva la voce più radicale e profetica dell’episcopato italiano del secondo Novecento, una voce che solo in quella di don Lorenzo Milani trova forse un adeguato termine di paragone. (…). …la figura di don Tonino (oltre che in alcuni nessi del tutto personali) sta nella frase di Martin Luther King (…): “Se una religione dichiara di preoccuparsi dell’anima degli uomini senza manifestare altrettanta preoccupazione per i quartieri degradati che li portano alla dannazione, per le condizioni economiche che li strangolano, per le condizioni sociali che li paralizzano, quella religione è spiritualmente moribonda, e aspetta soltanto la sepoltura”. (…). Il radicalismo evangelico di don Tonino – che poi significa semplicemente la sua disposizione a fare proprie le idee e le parole del Cristo – ha saputo smontare, demistificare, denunciare l’atroce logica del successo che fonda la nostra società. In uno dei suoi scritti più mirabili, la lettera di auguri alla diocesi per il Natale del 1985 (in piena “Italia da bere” craxiana), scrive: “Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso […] progetto dei vostri giorni; la schiena del prossimo […] strumento delle vostre scalate”. (…). Ma don Tonino sapeva che proprio questo, il successo, era il nuovo idolo: “La carriera. Questa spregiudicata professione dell’arrivismo per cui ogni soldato francese, come amava dire Napoleone, porta nella sua giberna il bastone di maresciallo di Francia. La carriera. Questa viscida idolatria degli arrampicatori sociali, dinanzi al cui altare tanta gente offre olocausti”. Il vescovo vedeva che il culto del successo era il motore morale di una economia mostruosa, che degrada i poveri, coloro che non ce la fanno, riducendoli a sottouomini: “L’economia disumana, l’esasperazione dei parametri economici ridotti a criterio supremo dell’umana convivenza, le logiche di guerra [che] dai campi di battaglia hanno traslocato sui tavoli di un’economia che penalizza i poveri, il dominio assoluto della logica del profitto [che] è la vera causa dei gravi squilibri del mondo contemporaneo, […] che partorisce l’esodo di milioni di ‘dannati della terrà verso le nostre società opulente”. Come ben vede Enrico Mauro, una “conseguenza della cosiddetta ‘meritocrazia’ è il cambiamento della cultura della povertà. Il povero è considerato un demeritevole e quindi un colpevole. E se la povertà è colpa del povero, i ricchi sono esonerati dal fare qualcosa. Questa è la vecchia logica degli amici di Giobbe, che volevano convincerlo che fosse colpevole della sua sventura. Ma non è la logica del Vangelo, non è la logica della vita”. La logica del Vangelo: quella cui don Tonino ha dedicato intere la sua vita e la sua intelligenza. Quella che pare mancare del tutto a chi dice di voler difendere Dio (!), mentre spoglia i più poveri (cioè proprio quelli in cui Dio ha detto che sarebbe tornato a noi) di ogni umana dignità. Quasi che il nostro vero, collettivo, successo – il nostro sorpasso – fosse esser nati bianchi e cristiani, qualche chilometro più a nord.

1 commento:

  1. "La carità deve essere vissuta e l'unico linguaggio che sopporta è quello delle opere.Le parole che la descrivono sono sbavature". "Stare con gli ultimi significa lasciarsi coinvolgere dalla loro vita. Prendere la polvere dei loro passi. Guardare le cose dalla loro parte ". "Se la vostra vita la spenderete per gli altri,voi non la perderete ". "Amare voce del verbo morire, significa uscire da sé.Dare senza chiedere. Essere discreti al limite del silenzio. Desiderare la felicità dell'altro ". (Don Tonino Bello). Per la sua attenzione agli ultimi è stato definito un vero testimone della "Chiesa del grembiule" , la Chiesa che serve l'uomo. In molti hanno visto nel suo parlare e nelle sue azioni la necessità di una Chiesa estroversa. "Chiesa in uscita"che si concretizzò in quell'andare a cercare le altre persone,le altre religioni,le altre ideologie... Non posso evitare di esprimere il mio apprezzamento e la mia più sincera gratitudine per il graditissimo dono che rappresenta per me questo meraviglioso post. Grazie e buona continuazione.

    RispondiElimina