"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 9 ottobre 2023

ItalianGothic. 76 Elena Basile: «Le lancette del giorno del giudizio restringono i tempi».


“Siamo circondati dalla paura, trafitti da ogni tipo di paura, consegnati alla paura. E siamo divenuti ostaggi di questo morbo che annichilisce. (…). Sono qua con un video che arriva sugli scontri in Israele: è così orrido e il fatto che con le chat tutto ti entri in casa all'improvviso, e tutto o quasi ti faccia sobbalzare, rende ancora più angosciante la domanda: ma cosa diavolo sta capitando al mondo?”.

Lei pensa all'Apocalisse? Trema per l'Apocalisse? “Io penso che siamo entrati in un frullatore nel quale non riusciamo a selezionare i fatti, non abbiamo il tempo di formarci un giudizio perché è così incessante il flusso che diveniamo merce. Siamo continuamente strattonati, intimoriti, impauriti. Ma lei vede la gente come diviene aggressiva?”.

Cosa le fa paura di più? “Fino a qualche settimana fa che la guerra in Ucraina ci trascinasse in un gorgo infernale. Poi la tragedia del Mediterraneo, la nostra incapacità di rendere giustizia a questi uomini a queste donne che naturalmente scappano, tentano disperati di agguantare una vita migliore. Guardi il mondo attraverso il vetro di internet poi metti le mani in tasca, dentro casa tua e ti accorgi delle baby gang napoletane che sparano e terrorizzano, o anche la ferocia degli stupri. Noi donne siamo consegnate a un timore irragionevole, così crudele, così ingiusto... Adesso se a sera devo rientrare in casa, e abito a Roma in un quartiere apparentemente tranquillo, non mi arrischio di sistemare l'auto nel garage. Per dirle”.

È questa l'età della paura? “Ho 72 anni e so bene che gli anni duri e orribili il Novecento ce li ha fatti vivere tutti. Ma eravamo in qualche modo difesi da un filtro sociale e politico: si andava in piazza, si parlava, ci si confrontava. La rabbia era in qualche modo incanalata, gestita, disciplinata. Adesso invece cos'è? Cos'è divenuto il mondo adesso?”.

Lei andrebbe in piazza? “Io ci andrei correndo. Vorrei ritornare in piazza, vorrei ascoltare, capire, conoscere. Invece, ecco: resto sola con il telefonino. Ma questo telefonino ti sobilla, ti annienta, alimenta timore. Il video che mi hanno inviato è così crudo, oltre il senso della pietà umana. È come se la gente avesse bisogno di iniezioni sempre maggiori di crudeltà, di cinismo, di cattiveria”.

Siamo soli e disperati, lei dice. “Soli e disperati, sì. Poi, mi consenta, devo difendermi anche da voi giornalisti: mi hanno obbligata a smentire una notizia che non è mai esistita, la candidatura alle europee con Michele Santoro. È persona che stimo, mi ha chiesto di firmare un appello per la pace e l'ho fatto con piacere ma in nessun modo, mai e poi mai, mi sognerei di candidarmi. Non ho competenze e non rubo lo stipendio per fare un lavoro che non mi si addice. Lo dico a tutti i partiti, anche a quelli di destra, che mi hanno in passato chiesto un impegno diretto”.

Lei è dichiaratamente di sinistra. “In casa mia si leggeva solo e sempre l'Unità, mio padre era un fiero comunista e io una donna piena degli ideali di uguaglianza e libertà. (…).

(Dalla intervista di Antonello Caporale a Marisa Laurito - “Guerre, stupri, scosse: siamo soli e disperati nel frullatore di paure” - pubblicata su “il Fatto Quotidiano” di oggi).

“Come fra Mosca e Kiev, i torti non sono tutti dalla stessa parte”, testo di Elena Basile – già ambasciatrice d’Italia in Belgio ed in Svezia – pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, 9 di ottobre 2023: Settantacinque anni di occupazione israeliana e di una politica occidentale piena di doppi standard che ha lasciato incancrenire la situazione, uccidendo ogni possibile orizzonte politico per una mediazione israelo-palestinese, basata sul principio onusiano dei due Stati, sono alla base dell’orrore odierno. Lo capirebbe uno studente liceale. Gli analisti occidentali, esperti del conflitto, invece si limitano a condannare i barbari che sgozzano i civili e a riproporre il diritto di Israele all’autodifesa, come se fosse questo diritto a essere messo in discussione. Un cattolico direbbe che Paolo Mieli andrà all’inferno perché ancora ieri sul Corriere ha utilizzato la sua erudizione, la sua educazione, gli strumenti che una carriera di successo di giornalista e storico gli ha regalato per lavorare per il “male” comune. La soluzione dei due Stati è stata di fatto accantonata, i dialoghi di pace mai ripresi, l’attività del Quartetto resa impossibile dalla guerra permanente alla Russia, l’attività dei coloni armati giustificata, le spedizioni punitive delle truppe di occupazione israeliane anche. Si è avuta l’impudenza di pensare di normalizzare una situazione di ingiustizia evidente con un accordo tra Israele, Emirati Arabi, Bahrein e a breve con l’Arabia Saudita sulla pelle dei palestinesi. Gaza prigione a cielo aperto. Le risoluzioni Onu mai applicate da Israele. Sono fatti oggettivi o no? Ricordate l’operazione Piombo fuso del dicembre 2008: quanti morti e mutilati palestinesi, signor Mieli? Era stato appena eletto Obama e aspettai con segreta speranza che il nuovo presidente, colui che per ragioni misteriose avrebbe ricevuto il Nobel per la pace, dicesse una parola di netta condanna al massacro da parte di Israele. Invano. Come al solito, per evitare gli attacchi dei seminatori di odio, dovrò premettere qual che si dovrebbe dare per scontato: criticare la politica israeliana e statunitense (una politica estera europea mi sembra inesistente) non significa odiare gli ebrei o gli americani. Anzi c’è una storia gloriosa ebraica, un’intellighenzia amata e rispettata ovunque, che ha creduto e in parte realizzato la democrazia: l’unica in Medio Oriente. La contraddizione più recente, (…), è data dall’impossibilità di riconciliare una democrazia interna (seppure parziale con varie categorie di cittadini di serie B) con una politica di occupazione all’estero. Allo stesso modo la società civile americana, le avanguardie artistiche e culturali, le università, la mobilità e il dinamismo sono da portare a esempio. È la giaculatoria che dobbiamo ripetere per evitare i più grossolani linciaggi: come riconoscere che fra Mosca e Kiev c’è stato un aggressore tattico e la violazione materiale delle frontiere ucraine è stata effettuata dalla Russia. Tornando ai fatti che i colti analisti odierni rifiutano di considerare, ripeteremo all’infinito che non esistono i buoni e i cattivi, esiste storicamente una violenza di Stato che genera guerre e terrorismo. Nel conflitto israelo-palestinese l’occupazione è israeliana, la negazione del diritto di autodeterminazione del popolo palestinese è israeliana, le incursioni nelle moschee e nelle chiese sono israeliane, la violazione delle risoluzioni Onu è israeliana. Non si mette in discussione il diritto alla difesa, ma una politica israeliana e occidentale nutrita di doppi standard e soprusi che crea il mostro Hamas. Così come una politica aggressiva di espansione della Nato e di rifiuto di considerare gli interessi legittimi di sicurezza della Russia ha creato il Putin invasore. Un mondo in bilico, scrive Mieli. Non si sa bene, paragonando la Russia o Hamas e l’Iran a Hitler, a quale nuova guerra mondiale stia chiamando l’Occidente. Possibile che uno storico non comprenda che le relazioni internazionali sono fatte di equilibri tra interessi contrapposti, che la diplomazia serve a spiegare le ragioni del nemico e, se l’Occidente ripiega su se stesso, rompendo il dialogo con Cina e Russia, membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu, le crisi scoppieranno nei vari scacchieri internazionali sempre più violente? Un cattolico direbbe che Mieli andrà all’inferno. Non sono cattolica, ma credo che gli intellettuali dovrebbero contribuire all’analisi oggettiva dei conflitti, evitare le mistificazioni ipocrite e le pericolose incitazioni a serrare le fila e all’odio del nemico in un mondo a rischio di guerra nucleare. Giorgio Parisi, premio Nobel per la Fisica, ricorda che non c’è più il telefono rosso e che le lancette del giorno del giudizio restringono i tempi.

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