“Io Oscar
Wilde”. Racconto pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la
Repubblica” del 22 di aprile 2023: Ci fu, un tempo, una grande attrice. Una
donna che aveva raggiunto tali trionfi da avere l'intero mondo dell'arte ai suoi
piedi, in adorazione. L'incenso della devozione
altrui aveva pervaso la sua vita e offuscato i suoi occhi per così tanti anni,
che lei non aveva desiderato mai niente altro. Arrivò un giorno, però, in cui
incontrò un uomo e lo amò con tutta la sua anima. E fu così che tutta la sua
arte, i suoi trionfi e le nuvole di incenso divennero niente per lei, l'amore
era tutta la sua vita. Malgrado ciò, l'uomo che lei amava divenne geloso -
geloso di quel pubblico a cui la donna non teneva più. Lui le chiese di
abbandonare la sua carriera e di lasciare il palco per sempre. Lei lo fece senza
remore, affermando: «L'amore è più importante dell'arte, più importante della
fama, più importante della vita stessa». E così abbandonò il palco e i trionfi
con piacere e dedicò la sua intera vita all'uomo che amava. Il tempo passò in
fretta e l'amore dell'uomo si affievolì sempre più; la donna che aveva abbandonato
tutto per lui lo sapeva, e la consapevolezza di questa situazione ricadde su di
lei come la nebbia gelida della sera, un velo grigio di disperazione la avvolse
dalla testa ai piedi. Ma lei era una donna coraggiosa e forte e guardò l'orrore
dritto in faccia, senza paura. Sapeva di essere giunta alla crisi della sua
vita, la crisi che riguardava la questione da cui dipendeva il suo destino.
Osservò la situazione con spietata e chiara lucidità, che le spezzò il cuore. Aveva sacrificato la sua carriera per il suo amore e ora quell'amore la stava
distruggendo. Se non avesse trovato un motivo per ravvivarla, quella luce che
si stava spegnendo si sarebbe esaurita completamente, lasciandola affranta tra
le rovine della sua vita distrutta. E ora, quella donna, che era stata una
grande attrice, comprendeva che la sua arte, invece di esserle di aiuto e
ispirazione nel momento più buio della sua vita, rappresentava, al contrario,
un incomodo e un ostacolo. Sentiva la mancanza del direttore di scena, delle
parole e delle idee degli autori. Non aveva mai fatto nulla senza di loro: ogni
pensiero, ogni intonazione e quasi ogni movimento le veniva indicato, perché
questa è l'arte dell'attore. E ora, che lei aveva bisogno di pensare, di
alzarsi e agire per sé stessa, si sentiva indifesa e senza risorse, come un
bambino che all'improvviso deve confrontarsi con un grande problema; ma ogni
giorno che passava, la necessità di agire, immediata e forte, si faceva strada
in lei, ogni volta con urgenza maggiore. Un giorno, mentre passeggiava avanti e
indietro come una leonessa in gabbia, sempre più disperata a ogni minuto che
passava, un uomo venne per incontrarla. Lui era stato il direttore del teatro
in cui aveva recitato nei primi tempi. Era venuto a chiederle, con scarso
preavviso, di recitare una parte in un nuovo spettacolo. Lei rifiutò. Cosa doveva
farsene di un palco e di quell'arte falsa, che trasformava coloro che la
praticavano in pupazzi, pupazzi indifesi mossi da fili nelle mani dei direttori
e degli autori? Adesso lei era alle prese con una tragedia della vita reale,
davanti alla quale tutte le finte sofferenze sul palco non erano altro che
orpelli e cartapesta. Ma il direttore insistette, per lui era una questione di
soldi, così le ronzò intorno con la perseveranza di una mosca in autunno, che
non sarebbe stata scacciata. Non avrebbe voluto almeno leggere il copione? Per
liberarsi di lui, decise di leggerlo e trovò che la tragedia di quell'opera
rispecchiava la tragedia della sua vita. La situazione era la stessa e veniva
anche indicata una soluzione al problema. Il destino era venuto in aiuto
all'attrice con un'opera teatrale. Lei l'avrebbe messa in scena e avrebbe
padroneggiato ogni aspetto della situazione. Così studiò la parte e poco dopo
la recitò davanti a un grande pubblico. Recitò con un'ispirazione e un fervore
che non aveva mai avuto durante la sua intera carriera e gli applausi che
scrosciarono in tutto il teatro furono l'irresistibile omaggio che i cuori e le
anime degli uomini rendono al genio che li ha conquistati. Quando fu tutto
finito, tornò a casa sfinita e ancora stupefatta, con il clamore e le grida del
pubblico che ancora le risuonavano nelle orecchie. Aveva dato tutto il meglio
di sé, aveva messo ai loro piedi tutto il potere e la meraviglia della sua anima.
Tutto ciò le aveva lasciato un senso di impotenza e stanchezza. Arrivò a casa
carica di fiori, ma sfinita. Appena entrata, notò i due posti preparati al tavolo
per la cena e ricordò che quella notte avrebbe deciso il suo destino. Lo aveva
dimenticato, fino a quel momento. Fu allora che l'uomo che aveva amato entrò e
le disse: «Sono ancora in tempo?». Lei guardò l'orologio e rispose: «Sei in
tempo, ma ormai è troppo tardi».
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