Ha scritto Ray Banhoff in “Quel miraggio di una giornata di quasi estate” pubblicato sul
settimanale “L’Espresso” del 4 di giugno 2023: Eccola, un'altra estate in cui aspettiamo
di lavarci le colpe nelle acque del mare e spurgare i problemi sudando e
abbronzandoci. Un'altra estate di canicola e uffici con l'aria condizionata a
palla, di gente che lavora in pantaloncini e suda nel traffico. Il prezzo della
benzina vola sempre altissimo, le bollette non danno tregua, le partite Iva si
apprestano a versare contributi sulla base di ciò che hanno guadagnato
quest'anno, ma senza alcuna certezza su quello che guadagneranno il prossimo,
la scuola sta per finire. C'è troppo caldo, troppa voglia di evadere per
preoccuparsi davvero dei problemi seri. E poi c'è l'incantesimo della lentezza
che sta per sopraggiungere. L'estate uniforma Nord e Sud in un territorio di
stanze afose e negozi chiusi in pausa pranzo, di ventagli che sventolano, di
uomini e donne in ciabatte e borsello che cercano l'ombra per la siesta, di
turisti che scandiscono «do you speak english» e il barista smarronato che ti
chiede «icché ha detto?». Scrivere per me non è mai un problema, ma con questo
caldo faccio un po' fatica a concentrarmi. Si può fare una pagina di silenzio?
Il silenzio è sacro. Mi chiedo dove trovano la forza quelli che hanno da dire
qualcosa tutti i giorni, urlando in tv e litigando e sollevando problemi e
questioni, e poi ci arrivo: è il loro lavoro, sono costretti a far rumore per
non sparire. Dovremmo imparare a diffidare di più di chi ci vuole dare una
verità al giorno. Già sarebbe ottimo digerirne una al mese. Il corpo ha bisogno
anche di riposo, di non intossicarsi con le scemenze che dicono i nostri amici
e i nostri nemici, soprattutto ora, dopo che la Juventus ha fatto un campionato
da incubo, il nuovo governo si è insediato e altri mille problemi, che poi non
sono tali, hanno preso posto nella nostra testa mentre invecchiamo, ci
innamoriamo e ci lasciamo, abbiamo paura di rimanere soli o di stare in coppia,
di dire la verità a qualcuno e di ferirlo. Ora abbiamo solo un miraggio che ci
spinge a continuare: le ferie. Guardo il cielo seduto fuori da un bar e mi si
avvicina un signore. Abbigliamento tecnico, taglio di capelli militare, un gilet
pieno di tasche. Le nuvole fantozziane del weekend per lui paiono qualcosa di
più che un caso. «Hai visto? Fanno piovere». Capisco subito il sottotesto: ci
sono degli "altri" misteriosi (alieni, governi di malvagi, élite di
potenti ecc.) che bombardano le nuvole per far piovere, è una tesi complottista
molto in voga. Indomito, inizia una conferenza sui cloni del Papa, di Giorgia
Meloni e di altri famosi per poi concludere con i vaccini all'mRna messi di
nascosto nel cibo dall'Oms. Che palle, nemmeno un rappresentante porta a porta
ci metterebbe tanta energia e io volevo solo fare un aperitivo. Lo semino
uscendo dal retro e mi metto su una poltroncina a osservare il tramonto rosa,
arancione e blu. Il cielo è striato dalle scie degli aerei vaporose e precise,
coreograficamente bellissime. Sembrano gli scarabocchi in cielo di un dio anche
lui annoiato. Poi la bellezza mi investe, la potenza dei colori mi abbaglia.
Non ho ancora mollato, sono sempre qui e non tiro le cuoia nonostante la vita e
gli ostacoli facciano di tutto per sfiancarmi. Proprio come voi. Oggi è festa
ed è quasi estate, oggi non voglio sentire parlare di niente, seguo Vasco Rossi:
«Oggi non ho tempo, oggi voglio stare spento». A proposito. Quale impressione
avranno fatto le notizie riprese da una rivista scientifica e riportate sui
quotidiani di ieri secondo le quali nell’estate dell’anno 2022 in tutta Europa
ci sono stati ben 62mila decessi per gli eccessi del caldo? E che l’Italia, con
i suoi 18mila decessi, ha battuto alla grande tutti gli altri europei nel
conteggio finale? Ecco, quale
impressione avran suscitato quei numeri nella canea dei dannati della
tintarella? O quelle cifre saranno o sono sembrate a quella canea come ininfluenti,
di poco conto? Roba insomma da tirar al meglio la tintarella. Ma ben altro
bolle nella pentola fumante che è la Terra. Ne ha scritto Elena Stancanelli in “Pesci fuor d’acqua” pubblicato sul
settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” dell’8 di luglio ultimo: Un'artista
romagnola mi ha mandato un disegno e una lettera. Il disegno rappresenta alcuni pesci. Questa è
parte della lettera. "Sabato 3 agosto, 2013. Leggo in un quotidiano che
dal delta del Po fino a Ravenna è in atto una moria di pesci; 50 km di battigia
ricoperta da cadaveri di pesci. Li portano via con i camion. Il mare uccide le
sue creature. Ma il mare non c'entra, è la risposta della natura alle azioni
aggressive e delinquenziali che gli uomini continuano a perpetrare con
accanimento sconsiderato. Mercoledì 7 giugno 2023. Leggo in un quotidiano che è
in atto una nuova moria di migliaia di pesci. Riemergono da canali che hanno
imbarcato acque inquinate. Ora come allora dovute a inquinanti industriali e a
quelli delle monocolture intensive, aumentati a dismisura dalle due alluvioni
del mese di maggio, qui in Romagna. È scomparsa la scacchiera dei campi,
palafitte e tetti emergono da una palude infetta; è un liquido verde, marrone,
nero, che da queste parti non s'era mai visto. Vapori sotterranei assopiti
ritornano alla luce, avvolgono vaste zone e le invadono con miasmi che odorano
di pesce, di animali morti, di benzina, di concimi chimici, di alghe e di
escrementi. Ravenna, dopo Roma, è la città con il suolo più cementificato. Dal
centro storico protuberanze cancerose hanno conquistato, conquistano senza
sosta, la periferia, la campagna, i fiumi, il mare. Giovedì 8 giugno 2023.
Distrutta la diga sul Dnepr, una marea velenosa travolge il sud dell'Ucraina.
La fotografia riporta l'immagine di migliaia di pesci morti in acque impregnate
di benzina, gasolio, pesticidi, carburanti, sostanze chimiche. E 150 tonnellate
di petrolio che sta raggiungendo a grande velocità, le coste del Mar Nero. E
nessuno può farci niente perché la fiumana ha depositato nel Mar Nero una
quantità enorme di mine". I pesci, ovunque nel mondo - anche perché il
mondo se ne frega dei nostri confini - sono nostri parenti prossimi e
sentinelle della crisi climatica che avanza. Mangiano la nostra plastica,
soffocano. Le orche, animali di speciale intelligenza, avrebbero preso ad
attaccare piccoli yacht con una furia che farebbero pensare a una vera e
propria rivolta. Adesso basta, ci starebbero dicendo le orche, dovete andarvene,
dovete smettere. Mariella Busi De Logu, questo è il nome dell'artista, mi
scrive che dobbiamo credere ai pesci, ascoltare la loro sofferenza. Perché i
pesci siamo noi con un minuscolo scarto evolutivo. Sono i nostri antenati,
vicinissimi. L'alluvione in Romagna è passata, le acque si sono ritirate,
arriva l'estate con i festival e la villeggiatura, i lidi, la piadina, Sant'Apollinare...
Non c'è tempo da perdere, tocca rimettere tutto a posto. I romagnoli non si
sono tirati indietro, li abbiamo visti sgobbare, a testa bassa. Abbiamo
elogiato la loro solerzia, la capacità di reagire... E i pesci? Siamo abituati
a reagire così, come quando nel 1966, a Firenze, i ragazzi e le ragazze facevano
catene lunghissime per passarsi i libri infangati della Biblioteca nazionale.
Perché se non si fa così i libri si rovinano per sempre. Ma quando nel 1966 a Firenze,
e a Venezia, l'acqua si prese la città, nessuno dette la colpa alla natura.
C'erano dighe da aggiustare, argini da sistemare. Era ancora un tempo nel quale
pensavamo di poter rimettere tutto a posto. E ci siamo anche riusciti, da
allora l'Arno è rimasto tranquillo nel suo alveo grazie ai nostri sforzi. Perché
adesso non è più così? Perché non riusciamo più a prenderci davvero cura del
mondo e l'unica cosa che riusciamo a dire è che dobbiamo farci da parte? Siamo,
forse, diventati tutti scemi? Leggo le parole di Mariella Busi De Logu e penso
che una buona idea potrebbe essere: ricominciamo dal mare. Non permettere che
si riempia di cadaveri, non farlo diventare il luogo della nostra cattiva
coscienza. Ricominciamo dal mare, dai pesci, dagli uomini e le donne sui
barconi, ricominciamo dal Mediterraneo a prenderci cura del mondo.
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