Ha scritto
Michele Serra in “Clima, le destre sorde”
pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi, martedì 18 di luglio 2023: (…). Va
detto, a monte di qualunque polemica politica, che vi è un indubitabile
riscontro scientifico all’idea che l’uomo, per altro vicino ai dieci miliardi
di viventi, sia la prima causa del surriscaldamento del pianeta. Che l’uso
smodato di combustibili fossili abbia aumentato la temperatura della biosfera
ben oltre le sue normali oscillazioni. Che dunque spetti a noi, se vogliamo
essere ancora a lungo sopportati dalla Terra, cercare di porre rimedio: e non
per un’astratta etica “ambientalista” (l’ambiente Terra può serenamente fare a
meno di noi), ma per un calcolo decisamente pro-umano. Se vogliamo
sopravvivere, come specie, dobbiamo rinfrescare e ripulire l’atmosfera,
altrimenti la prossima Era sarà legittimo appannaggio dei bacarozzi, dei ragni,
delle meduse e di altri nostri legittimi conviventi. Perché questo discorso, di
puro buon senso, non interessi alle destre di tutto il mondo, è un mezzo
mistero. Dico “mezzo” perché c’è una metà chiarissima: è il gretto interesse,
il “qui e ora” di ogni avaro e di ogni stupido, per il quale il profitto
immediato è l’unica misura percepibile, pazienza se per “salvaguardare la
produzione” oggi si manda a ramengo la produzione domani, quella che riguarderà
i figli e i figli dei figli. Conta quello che abbiamo in saccoccia: il resto,
tutto il resto, è solo una scocciatura. Nelle vele della destra non solo
italiana soffia un vento potentissimo, ed è quello degli affaracci propri. È un
vento così forte, e così conveniente elettoralmente, che si arriva anche a
capirne la ragione. Per chi bada al proprio metro quadrato, e ritiene che tutto
il resto non lo riguardi, Greta non può che essere una scocciatrice isterica
(una femmina, poi), l’ambientalismo l’ultimo trucco della sinistra per
boicottare il libero mercato, il cambiamento climatico l’ennesimo imbroglio
dell’egemonia culturale della sinistra. C’è tutto Trump e tutto il suo amore
per i combustibili fossili, per il carbone e per la prepotenza, in questo
quadretto poco idilliaco, ma tracciato con chiarezza. Poi però c’è la metà
misteriosa. Irrazionale. Se il pianeta si infoca, i ghiacci polari si sciolgono
e le città costiere vengono sommerse, destra e sinistra vanno sotto alla stessa
maniera. Non converrebbe dunque a tutti, per comune esigenza se non per
amicizia o addirittura per fratellanza, lavorare insieme per cercare di
risolvere il problema, o almeno di arginarlo? Perché diavolo la destra deve
essere “negazionista”, sul clima? Su quali basi scientifiche e, aggiungo, su
quali basi politiche, visto che nessuna ipotesi di società, nessun progetto di
sopravvivenza può fare a meno di prendere atto che il riscaldamento del pianeta
è una realtà, non un’ipotesi? Forse c’è una ragione “religiosa” non detta, nel
negazionismo delle destre mondiali sulla questione climatica e ambientale.
L’idea sottesa è che “Dio provvederà”, e dunque non vale dannarsi, bisogna solo
sperare. Se l’idea è questa, non riguarda gli umani pensanti, e senzienti, che
hanno responsabilità dei propri passi e dei propri errori. Ci siamo cacciati in
questo pasticcio e siamo solo noi che possiamo, o non possiamo, uscirne. Il
vecchio “Dio è con noi” delle destre di ogni epoca e di ogni Paese non ci
salverà nel futuro, e non ci dà alcun refrigerio nel presente. Questo governo,
a sentirlo parlare, mette ansia e dunque mette caldo.
“Un patto per l’ambiente tra le democrazie
o sarà catastrofe”, intervista di Eugenio
Occorsio al premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz pubblicata sullo stesso
numero del quotidiano “la Repubblica”. (…). «Cos’altro deve succedere per renderci
conto che viviamo in un pianeta senza confini e che abbiamo un’urgente
obbligazione morale a mettere in campo tutte le misure per ridurre ogni forma
di inquinamento?».
(…). Nella settimana più calda della storia, John Kerry, inviato speciale per il clima del presidente, è in Cina. Riuscirà a
chiudere il discorso avviato da Blinken e Yellen, cioè arrivare a qualche forma
di cooperazione? «Qualche speranza ce l’abbiamo. È troppo dire che la
distensione passa per il clima, perché le tensioni commerciali restano, resta
l’atteggiamento ostile dei cinesi quanto a investimenti in tecnologie, resta il
loro brandire sempre l’arma delle terre rare di cui hanno una specie di
monopolio – anche se l’occidente riuscirà ad estrarne per suo conto serviranno
non meno di cinque anni per pareggiare il conto – però sul cambiamento
climatico c’è identità di vedute. Non potrebbe essere diversamente. Anche la
Cina si rende conto dell’urgenza di agire, magari con tempi diversi. Sono
piuttosto speranzoso, e per il pianeta è un bel colpo a suo favore vista la
rilevanza di Pechino».
Ma, Cina a parte, è corretta l’interpretazione di quanti rilevano che i
governi conservatori sono più scettici sul riscaldamento globale, le sue cause
e i suoi rimedi? «Beh, noi abbiamo avuto l’esempio di Trump, che definirei di
scuola. Oltre a disdettare l’accordo di Parigi, poi per fortuna ripristinato da
Biden, aveva messo in giro calcoli economici apparentemente validi ma in realtà
devastanti, secondo i quali gli investimenti per l’ambiente, dalle energie
rinnovabili agli interventi idrogeologici, comportavano un carico finanziario
eccessivo che sarebbe ricaduto sulle future generazioni. Peggio ancora: diceva
che avrebbero comportato un costo smisurato sul debito pubblico».
Invece? «È tutto il contrario. Gli investimenti fatti oggi avranno una
valenza enorme per i nostri figli e nipoti nella misura in cui saranno loro
risparmiati alluvioni, siccità, incendi, tempeste, uragani, ondate di calore.
Un valore che mi sembra ben superiore, e lo è anche in termini economici. Una
catastrofe ha bisogno di anni per recuperare, spese infinite, perdite umane.
Tutto questo non ha prezzo, non solo: ha un preciso valore economico».
Lei ha presieduto, con Amartya Sen e il compianto Jean-Paul Fitoussi, la
commissione dell’Onu incaricata di redigere il “nuovo Pil”: il clima fa parte
del “pacchetto”? «Certo. A fianco della sicurezza individuale, della salute,
dell’educazione, la vivibilità del pianeta è parte integrante, anzi
qualificante, del futuro “well-being”. Se sapremo assicurare la sostenibilità
in tutte le dimensioni – economica, politica, sociale, ambientale – potremo
sperare nella lotta alle disuguaglianze e nella giustizia sociale. Solo allora
avremo superato l’“efficienza” di Vilfredo Pareto, secondo cui era impossibile
che qualcuno stesse bene senza che qualcun altro soffrisse».
Con queste teorie lei sarà popolare fra i giovani, almeno quelli di sana
fede democratica… «I ragazzi ci tengono al loro futuro, noi anziani dovremmo fare lo stesso.
Seguo con passione, per esempio, le due class action mosse da gruppi di giovani
in Montana e Oregon per far valere i diritti costituzionali all’ambiente, che i
giudici stanno consentendo che vadano avanti».
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