"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 25 luglio 2023

Dell’essere. 95 Umberto Galimberti: «Da dove nasce l'illusione della libertà che tanto ci sta a cuore? Nasce dal bisogno delle religioni e delle società».

Ha scritto Umberto Galimberti in “Il conflitto tra identità e libertà” pubblicato sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 4 di febbraio 2023: Quando dico che l'identità è un dono sociale intendo dire che si costruisce grazie ai riconoscimenti che ci giungono dagli altri. E questo a partire dalla prima infanzia quando i riconoscimenti dei genitori generano nel bambino un concetto di sé positivo o negativo a secondo dei giudizi positivi o negativi che il bambino riceve. Anche da adulti, sul posto di lavoro, un avanzamento in carriera solidifica la nostra identità, mentre un'emarginazione, o come oggi si dice un mobbing, la deprime generando demotivazione, depressione, fino al caso limite del gesto estremo. Questo i Greci lo sapevano e infatti Aristotele scrive che: "Se uno entra in una comunità e pensa di poter fare a meno degli altri è: o bestia o dio" (Politica 1295b,l). Il primato della società rispetto all'individuo viene capovolto dal Cristianesimo che ritiene la salvezza dell'anima la cosa più importante. E siccome l'anima la si salva individualmente, l'individuo viene prima della società. Ne dà conferma Agostino di Ippona che allo Stato non conferisce il compito di provvedere al bene comune, ma unicamente quello di togliere gli impedimenti che si frappongono alla salvezza dell'anima, per cui Rousseau ha buon gioco nel dire che: "Il cristiano non è un buon cittadino. Lo può essere di fatto, ma non di principio, perché quello che a lui importa non è il bene dalla città, ma la salvezza della sua anima (Contratto sociale, Libro IV, cap. VII). Questa distanza tra le due culture è resa evidente quando chiamiamo l'individuo Persona che etimologicamente significa "per sé unum", mentre i Greci lo chiamano Pròsopos "colui che sta di fronte al mio sguardo". Concetto ribadito da Platone là dove scrive: "Se uno, con la parte migliore del suo occhio (la pupilla) guarda la parte migliore dell'occhio dell'altro, vede se stesso" (AlcibiadePrimo,132-133). Dove è evidente che la relazione viene prima e fonda l'identità, Quanto alla libertà, a mio parere non esiste, ma esiste l'idea di libertà, E le idee spesso fanno più storia di quanto non ne facciano gli eventi. Come nel caso di Dio che nessuno ha mai visto, eppure l'idea di Dio ha fatto in tutti i popoli una grande storia. Se io ho un'identità non è che posso pensare, parlare e comportarmi diversamente da come penso, parlo e mi comporto, a meno che non abbia una doppia personalità come nel caso del dottor Jekyll e mister Hyde, ma qui entriamo nella patologia. (…). …spiego con un esempio. Un giorno Merleau-Ponty andò a trovare Sartre ingessato in un letto d'ospedale dopo essere caduto in un'escursione in montagna. Merleau-Ponty gli chiede se non poteva fare quell'escursione con una guida, e Sartre gli rispose: «Secondo te io sono uno che va in montagna con una guida?», Conoscendo la biografia e il carattere di Sartre trovo la sua risposta perfettamente coerente con la sua identità. Sappiamo che la nostra identità è condizionata da un lato dalla genetica che in ordine alla nostra crescita, salute, malattia e morte ci governa in modo rigorosamente deterministico, dall'altro dall'ambiente che, lungi dall'essere uno spazio di libertà, dipende a sua volta da come siamo stati educati, dai luoghi in cui siamo cresciuti, dalle persone che abbiamo incontrato. Questi fattori determinano in modo rigoroso la nostra identità, che così diventa il fondamento della fiducia sociale che riscuotiamo, per cui gli altri, conoscendoci, si aspettano da noi certi comportamenti e non altri, in base ai quali risultiamo affidabili o non affidabili. E allora da dove nasce l'illusione della libertà che tanto ci sta a cuore? Nasce dal bisogno delle religioni e delle società che hanno interesse a diffondere l'idea di libertà per farci sentire responsabili delle nostre azioni, e perciò punibili nel caso i nostri comportamenti dovessero turbare l'ordine religioso o sociale.

“Nessuno tocchi la libertà”, testo della scrittrice e poetessa americana Joyce Carol Oates pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” del 10 di giugno ultimo: Tra tutte le "parole astratte" (come avrebbe notato Hemingway), nessuna è più sacrosanta della libertà.  La libertà è una condizione trascendentale, una qualità della vita, un ideale, un obiettivo universalmente esaltato, anche se il suo esatto significato, la sua traduzione nella vita pratica e quotidiana, non è sempre così chiaro. Nel suo stato più elevato la libertà è un ripudio della tirannia politica, come nella famosa dichiarazione del 1775 di Patrick Henry, uno dei patrioti originali della Rivoluzione americana: «Datemi la libertà o datemi la morte!». Nel suo stato meno esaltato tutto ciò è stato brandito i come un ripudio di ciò che i conservatori chiamano lo stato sociale, in cui la libertà dei ricchi è limitata dai bisogni dei poveri attraverso l'imposizione fiscale, come il nostro stato più conservatore del New England, il New Hampshire, dichiara senza mezzi termini sulle sue targhe auto: «Vivi libero o muori». Nessuno vuole non avere libertà personale, ma estendere la libertà agli altri non è sempre una cosa così immediata. Poiché gli Stati Uniti sono stati fondati, almeno in teoria, su libertà di vario tipo, e tuttavia ci fa tornare un po' coi piedi per terra apprendere che i primi coloni, una setta inglese protestante radicale nota come Puritani, giunti in Nord America nel XVII secolo per sfuggire alle persecuzioni religiose, non volevano la libertà religiosa per nessuno tranne che per loro stessi; e che per generazioni, fino alla fine del XIX secolo, gli unici americani autorizzati a possedere proprietà terriere e immobiliari e a votare erano gli uomini bianchi. Quella che noi chiamiamo libertà di parola non è praticamente esistita fino al XX secolo inoltrato quando, negli Stati Uniti, fino agli anni Sessanta, ci furono divieti e arresti a causa di L'amante di Lady Chatterly di D.H. Lawrence, L'Ulisse di James t Joyce e Howl di Allen Ginsberg tutti libri che alla fine furono giudicati, in processi che costituirono un precedente, come non rei di oscenità, e quindi non violavano le leggi federali che regolavano la vendita di materiale pornografico. Da tempo si asserisce che gli scrittori e gli artisti dotati di creatività siano una minaccia per la società, almeno per una società repressiva. Sono - siamo - scettici, inquisitori e critici per natura. Vediamo ciò che non sempre dovremmo vedere, alla maniera delle generazioni più giovani che non si fanno ingannare dalle pretese dei loro vecchi. Siamo una minaccia per lo status quo, per le verità apparentemente consolidate e radicate e per le forme di pietà religiosa. C’è qualcosa di volontariamente individuale e contrario nello scrittore/artista: siamo inclini, come Melville, a dire tuonando «No!» alle ipocrisie dello Stato. Dichiariamo, come Emily Dickinson, che la nostra libertà di esprimerci può essere limitata ma non estinta: Mi rinchiudono nella Prosa/Come quando da Ragazzina Mi chiudevano nello Sgabuzzino/Perché mi volevano tranquilla/Tranquilla/Avessero potuto spiare/ E vedere il mio Cervello/andarsene in giro/Era come se avessero confinato un Uccello/A tradimento/in gabbia. (In questa poesia sottilmente veemente e sovversiva, Emily Dickinson parla a nome di innumerevoli donne e ragazze che, nel corso dei secoli, sono state "rinchiuse" nei dettami prosaici del patriarcato). Ne La Repubblica, per bocca di Socrate, Platone infamava i poeti in quanto per loro natura irrazionali, "frenetici", quindi inadatti a essere cittadini nello stato totalitario governato dal Re Filosofo. «Dobbiamo avere la nostra censura anche su queste favole, per governare coloro che si impegnano a raccontarle... Spazziamo via, dunque, tutto ciò che è di questo genere [la poesia]». La Repubblica, Libro III. Sorprendentemente, Platone include Omero tra quelli da censurare: «Non neghiamo che siano bravi poeti e che scrivano ciò che la maggior parte della gente ama ascoltare, ma quanto più sono poetici, tanto meno desideriamo che li ascoltino i nostri figli e gli uomini, che devono essere liberi e temono la schiavitù più della morte». (Si noti qui come Platone abilmente travisi la parola "libero" - e inverta il concetto di "schiavitù" in modo che significhi l'opposto di ciò che realmente significa; schiavitù: un tipico trucco retorico della propaganda). Il valore più alto nella Repubblica di Platone è l'equilibrio, "l'armonia". Tutti gli Stati totalitari vogliono questo tipo di "armonia": la soppressione di ogni dissenso. Ciò richiede la limitazione di chi può diventare cittadino dello Stato. Niente poeti dalla fantasia sfrenata, niente satira, niente posto per l'individuo, solo per il collettivo. Si può immaginare che Platone accolga le arti utili come la tessitura, la ceramica, la falegnameria, ma dell'arte pura, dell'arte come espressione di sé, dell'arte per amore della bellezza, non c'è posto. Platone non sembra rendersi conto che una città-stato così priva di gioia e ottusa non potrebbe esistere a lungo in un mondo reale e combattivo, in cui città-stato simili si fanno la guerra l'una con l'altra, assicurando il disequilibrio. Né Platone, conservatore di razza con una sfiducia nel libero arbitrio, sembra rendersi conte che una società totalmente statica, in cui nulla cambia mai, imploderebbe presto su se stessa, incapace di affrontare i cambiamenti dall'esterno o qualsiasi emergenza interna.

3 commenti:

  1. Grazie per questo stupendo post, veramente molto coinvolgente e interessante, che invita a una riflessione seria e puntuale su libertà, identità e compromessi... I Greci hanno chiaramente definito cosa ci serve e cosa può aiutarci nel confronto con il bisogno di libertà e i doveri sociali che ritengo inalienabili. Sono, secondo me, queste le frasi che possono aiutarci: "Conosci te stesso" e "Quando conosci la tua virtù realizzala secondo misura". Bisogna imparare a distinguere tra bisogno e volere e saper trascurare il bisogno, quando è necessario, senza mai dipendere da questo. "La libertà può essere solo laddove c'è conoscenza. Senza apprendimento, gli uomini non saprebbero quali sono i loro diritti". (Benjamin Rush). "Essere liberi non significa solo sbarazzarsi delle proprie catene, ma vivere in un modo che rispetta e valorizza la libertà degli altri". (Nelson Mandela). Grazie ancora e buona continuazione.

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  2. Omaggio alla carissima amica Agnese A.

    “La libertà” di Giorgio Gaber
    Voglio essere libero, libero come un uomo
    Vorrei essere libero come un uomo
    Come un uomo appena nato
    Che ha di fronte solamente la natura
    Che cammina dentro un bosco
    Con la gioia di inseguire un'avventura
    Sempre libero e vitale
    Fa l'amore come fosse un animale
    Incosciente come un uomo
    Compiaciuto della propria libertà
    La libertà non è star sopra un albero
    Non è neanche il volo di un moscone
    La libertà non è uno spazio libero
    Libertà è partecipazione
    Vorrei essere libero come un uomo
    Come un uomo che ha bisogno di spaziare con la propria fantasia
    E che trova questo spazio
    Solamente nella sua democrazia
    Che ha il diritto di votare
    E che passa la sua vita a delegare
    E nel farsi comandare
    Ha trovato la sua nuova libertà
    La libertà non è star sopra un albero
    Non è neanche avere un'opinione
    La libertà non è uno spazio libero
    Libertà è partecipazione
    Vorrei essere libero come un uomo
    Come l'uomo più evoluto
    Che si innalza con la propria intelligenza
    E che sfida la natura
    Con la forza incontrastata della scienza
    Con addosso l'entusiasmo
    Di spaziare senza limiti nel cosmo
    E convinto che la forza del pensiero
    Sia la sola libertà
    La libertà non è star sopra un albero
    Non è neanche un gesto o un'invenzione
    La libertà non è uno spazio libero
    Libertà è partecipazione
    La libertà non è star sopra un albero
    Non è neanche il volo di un moscone
    La libertà non è uno spazio libero
    Libertà è partecipazione
    La libertà non è star sopra un albero
    Non è neanche il volo di un moscone
    La libertà non è uno spazio libero
    Libertà è partecipazione.

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    1. Grazie di vero cuore, carissimo Aldo! In questa stupenda poesia del grande Giorgio Gaber è racchiuso il vero significato della tanto amata "libertà" che deve essere difesa in ogni modo e in qualsiasi circostanza!

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