Il 17 di luglio dell’anno 2019 Andrea Camilleri ci
lasciava. Per ricordarLo.
“Il Cavaliere
e la morte”, favoletta politicamente scorretta di Andrea Camilleri, ove si
narra che anche nel momento supremo di ogni vita non mancò all’egoarca di
Arcore di vedere rosso profondo, come in tutti gli altri tempi suoi, e di
apostrofare la “livella” rigeneratrice della vita al modo suo. Aveva ben capito
un suo attento osservatore, quell’Indro Montanelli indimenticato, che parlando
dell’egoarca e della sua maniacale ricerca di non deludere mai gli astanti, da
gran piazzista qual è stato, ebbe a scrivere: “(…). Berlusconi è il più grande
piazzista del mondo. Se un giorno si mettesse a produrre vasi da notte, farebbe
scappare la voglia di urinare a tutt’Italia (…)”. (15 di febbraio dell’anno
2001 n.d.r.).
Il Cavaliere, girando campagne e campagne,
s’imbatté in una vecchia scheletrica, vestita di nìvuro, con una lunga falce in
mano. La riconobbe subito e fece fare uno scarto al suo cavallo. «Schifosa
comunista!», murmuriò.
La Morte era d’orecchio fino e lo sentì. Si
mise a ridere. «Tutte me le hanno dette! Ma comunista mai! Si può sapere
perché?».
«E chi è più comunista di te? Tu consideri
tutti allo stesso modo, ricchi e poveri, belli e brutti, re e pezzenti! E
questo non è giusto, gli uomini non sono eguali. Io, per esempio, sono il
Cavaliere, l’uomo più ricco di questo paese, milioni di uomini mi ascoltano, mi
seguono...».
«Basta, basta», l’interruppe la Morte che
non era né comunista né liberale, ma solo una grandissima carogna, «mi hai
convinto. Tu sei degno di un trattamento speciale, avrò un occhio di riguardo.
Ti dico l’anno, il mese, il giorno, l’ora, il minuto primo e il minuto secondo
della tua morte». E glielo disse, scomparendo.
Il Cavaliere, paralizzato dallo scanto e
incapace di fare altro, cominciò a contare i secondi che passavano, passavano,
passavano, passavano…
Pensava
proprio
di “sfangarla”, la Morte, quell’uomo venuto da Arcore. Gli è andata proprio malaccio. Ci resta ad imperitura memoria
“Quel funerale (che)
sembrava un film”, testo di Diego Bianchi
pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 23 di giugno 2023:
«Mancherà soprattutto a chi non la pensava come
lui», dice Alba Parietti poco prima di entrare nel Duomo di Milano per il funerale
di Silvio Berlusconi. Mi sento coinvolto, ma per elaborare il lutto
professionale nel giorno del lutto nazionale ci sarà tempo. Prima della
Parietti hanno già dichiarato Enrico Papi e Lele Mora, Attilio Fontana e Gianni
Malagò, mentre Alfano toglie gli occhiali da sole per quelli da vista evitando
di confondersi con le Iene e i giocatori del Monza di oggi sembrano la
primavera di quelli del Milan di ieri. Briatore precede Ilary Blasi che precede
Jo Squillo che precede Marianna Madia che precede Afef mentre il figlio di
Bossi fa scendere il padre dalla macchina e tutte le telecamere si tuffano
sulla sua carrozzina. Si fa fatica a fare la cronaca di quel che accade, con
gli invitati che rompono i canapi e invadono la chiesa, le telecamere che li
spogliano, i tifosi che cantano, i telefonini che garriscono con le bandiere, e
il governo che arriva nei pulmini blu. Gerry Scotti dirà che tutte le pagine di
cronaca di ogni tipo che Berlusconi ha fatto riempire, forse compresa questa
che si sta scrivendo intorno a noi, è ora che vengano appallottolate per
consegnare definitivamente le gesta del leader di Forza Italia ai libri di
storia (che per lo più sono comunque la sintesi di tante pagine di cronaca). Su
quei libri ci sarà scritto che al funerale di Berlusconi è venuto anche Verdini
in permesso speciale dai suoi domiciliari. Verdini in realtà l'ho perso, non
l'ho filmato io ma altri. Ho perso anche la figlia e il suo compagno, ma non è
colpa mia, è tutto troppo, faccio fatica, cerco di non perdermi nulla di questo
palinsesto lungo quarant'anni, ma è impossibile. Per quanti possano essere i
vip o aspiranti tali che riesco a intercettare, tutta gente che deve almeno uno
stipendio e una carriera più o meno riuscita all'illustre defunto, saranno
comunque meno di quelli che non avrò visto e mi farò raccontare. «Sembra un
film di Sorrentino», dicono in molti senza specificare se si stia pensando più
al Divo o alla Grande Bellezza (perché immaginare di essere a nostra volta
parte di "Loro" sarebbe troppo didascalico), ma Sorrentino un cast
così non l'ha avuto mai. Del funerale non riesco ad apprezzare molto se non
volti ed espressioni che diventeranno meme da social, in un'alternanza
psichedelica tra cariche istituzionali e popstar più autorevoli della maggior
parte dei ministri. La sparuta ma appassionata folla sotto al sole segue sui
maxischermi. Ai comizi di Berlusconi ne ho vista infinitamente di più, ma non
sono problemi miei. Quel che conta, dati i tempi, è capire quanta ragione abbia
la Parietti.
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