Ha scritto Stefano Massini in “Alla gara di ballo come in trincea” pubblicato sul settimanale “Robinson” del quotidiano “la Repubblica” del 25 di febbraio 2023: La vera insidia che minaccia la sopravvivenza nella giungla metropolitana è l'imprevedibilità. Perché in effetti il nemico ha la sua carta vincente nel coglierti di sorpresa, e in ciò consiste la vera maledizione dell'homo sapiens versione Terzo Millennio. Se infatti un tempo tremavi (comprensibilmente) all'agguato delle orde ottomane o all'attacco bestiale di una tigre birmana, oggi l'apocalisse potrebbe celarsi ovunque. Basta leggere le testimonianze delle forze dell'ordine e dei soccorritori giunti pochi giorni fa sul luogo di una guerriglia a suon di pugni, calci e simil repertorio, definito dai presenti "una fine del mondo". Solo che questo evento di violenza inenarrabile non aveva luogo fra militanti in passamontagna per odio etnico o politico, bensì fra mamme, e nel contesto più inatteso e sorprendente, ovvero una gara di ballo per ragazzini. Siamo a Guidonia, alle orientali porte di Roma, e al Cadillac Village era in programma una specie di happening danzereccio aperto alle giovani leve delle scuole di ballo dell'Urbe. Insomma, immaginatevi Romeo e Giulietta, Tebaldo e Mercuzio che fanno rotta fuori da Verona per inebriarsi nell'hip hop, ma si trovano in un tripudio di rabbia e di fendenti fra le genitrici. Peccato che a questo giro le signore Montecchi e Capuleti non se le siano date di santa ragione per le loro antiche ruggini, quanto per l'assenza di posti a sedere in tribuna. Niente di più, solo questo.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
martedì 7 marzo 2023
Dell’essere. 71 Stefano Bartezzaghi: «La vita è solo un dettaglio».
A lato. "Mongolfiere al tramonto" (2023), acquerello di Anna Fiore.
Decine di mamme tramutate in Erinni si sono azzuffate ferocemente
perché a qualcuna toccava stare in piedi. Si è scatenata una sfida all'O.K.
Corral in salsa laziale, da cui per fortuna non è uscito il morto. La
sopravvivenza ormai è una lotta quotidiana. In trincee impensabili. Di seguito,
“La vita è solo un dettaglio” di Stefano Bartezzaghi pubblicato sul settimanale “Robinson”
del quotidiano “la Repubblica” del 25 di febbraio ultimo: È sbalzati fra l'ordinario e lo
straordinario che pensiamo di passare la vita. Le giornate che scorrono uguali
le une alle altre sono lo sfondo che la memoria colora di un grigio uniforme.
Su questo sfondo si staglia, di tanto in tanto, e di volta in volta gioioso o
funesto, il fulgore del memorabile. A far passare dall'ordinario allo
straordinario sono i singoli e sporadici accadimenti: un bacio, uno scoppio,
uno scippo, uno choc. A essere meno approssimativi, però, bisognerà precisare
che questa alternativa secca poteva risultare esplicativa quanto basta nel
passato, cioè sino a quella che possiamo chiamare l'epoca classica della
banalità. Oggi lo straordinario si infila dappertutto: la parola è la più
frequente sulla bocca degli imbonitori, dei presentatori, degli aspiranti
influenzatori che promettono improbabili prodigi per lucrare il nostro clic
d'attenzione. Così, in una giornata ordinaria di fruizione di mass - e
social-media siamo sottoposti ad acquazzoni torrenziali di straordinario: un
gol come un altro, un insulto come un altro, un discorso come un altro, una
sciocchezza di buon cuore o di sarcasmo come un'altra. Clamoroso! Inaudito!
Eccezionale! Nulla sembra più poter essere immeritevole di un quarto di minuto
sotto i fari dello straordinario. In questo 2023 possiamo invece dire che sono
passati esattamente cinquant'anni da quando l'epoca classica della banalità ha
cominciato a finire, non in uno schianto ma in un sospiro. Vale a dire: non a
causa di un evento grossolano come lo straordinario di oggi che rovina addosso
all'ordinario (togliendo dignità a entrambi), bensì per un sottilissimo e quasi
inavvertibile effetto di erosione. Era infatti il 1973 quando il filosofo Paul
Virilio pubblicò un arti-colo intitolato "La disfatta dei fatti" (che
bellezza). Parlava dell'esistenza di una banalità minuscola, interstiziale,
frattale; la chiamava "l'infra-ordinario" ed esortava a porre attenzione
a ciò che viene lasciato cadere nell'oblio dalle obbliganti gerarchie del
sensato. Se lo straordinario è l'eccezione che ci impone di badargli; se
l'ordinario è ciò che lasciamo passare inosservato, essendone in qualche modo
consapevoli; allora l'infra-ordinario è quello che neppure ci accorgiamo di
lasciar passare inosservato. La rivista con l'articolo di Virilio si intitolava
Cause commune e voleva fondare una sociologia della vita quotidiana. Su quello
stesso numero lo scrittore Oeorges Perec pubblicava un testo intitolato:
"Approcci di cosa?": «I treni cominciano a esistere solo quando
deragliano... Dietro a un avvenimento ci deve essere uno scandalo,
un'incrinatura, un pericolo, come se la vita dovesse rivelarsi solo attraverso
lo spettacolare». Proponeva un programma: "Interrogare l'abituale";
"Non più l'esotico ma l'endotico". "Esaminate i vostri
cucchiaini". "Cosa c'è sotto la carta da parati?". Tale testo
seminale è stato recuperato soltanto dopo la morte di Perec (ciò che pare quasi
incredibile, trattandosi di un'esplicita dichiarazione di poetica…). Dopo gli
"Approcci di cosa?" trovi o da leggere: una minuziosa esplorazione
della via parigina in cui Perec era nato, nel 1936; il testo a frasi permutate
di 243 cartoline dalle vacanze; una descrizione del quartiere del Beaubourg
durante la costruzione del Centre Pompidou; la descrizione di un tipico ufficio
da amministratori delegati; l'elenco di tutti gli alimenti liquidi e solidi
assunti da Perec nel 1974 (divisi per categorie gastronomiche). Eccetera: si
sarà capito il genere. Si sarà inoltre capito che la categoria
dell'In-fra-ordinario nonché i capitoli di questa piccola raccolta potrebbe
idealmente contenere una porzione ben vasta della produzione letteraria di
Perec. I diversi "tentativi di esaurimento" di luoghi parigini, gli
elenchi, i cataloghi, le variazioni, le «specie di spazi», gli indugi sui dettagli...
È allora abbastanza strano che Umberto Eco nel suo La vertigine della lista non
faccia riferimento a Perec. Oltretutto l'uno e l'altro avevano in comune anche
una passione divorante per le storie di falsari e una struggente per la
parigina Piace Saint-Sulpice. È pur vero che gli autori di letteratura del
catalogo sono miliardi ma fra i moltissimi Georges Perec è stato quello più
significativo del secondo Novecento. Lo è stato anche perché ha impugnato
l'arma espressiva della lista non per compilare enciclopedie delle meraviglie
del mondo e mettere così lo straordinario nelle mani di chiunque, ma, al
contrario, per rendere straordinario ciò che nella vita di chiunque alligna
nella dimensione frazionaria e quasi sub-liminale dell'infra-ordinario.
Scrutare gli interstizi: le piegature del dito che indica la luna; le
"fini scanalature" del corpo e del cappuccio della propria penna
stilografica, (…), posata sulla scrivania, forse subito dopo aver scritto di sé
stessa.
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