"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 19 marzo 2023

ItalianGothic. 33 Donatella Di Cesare: «L’Italia si è fatta valere con le sue leggi poliziesche e i suoi patti ferma-migranti».


Ha scritto Diego Bianchi in “Circo a Cutro” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 17 di marzo 2023:

Qui, durante i moti del '68, i maoisti-marxisti-leninisti bruciarono il Comune» mi dice un gruppo di signori di Cutro quando mancano ancora diverse ore all'arrivo del governo, convocato fin qui per quello che Giorgia Meloni ufficializzerà come il primo Consiglio dei ministri tenutosi in una località teatro di tragedia del mare legata all'immigrazione. «È solo passerella» insiste quel gruppo dopo avermi edotto della storia locale, sia essa virtuosa, fatta di campioni di scacchi e di ministri di Grazia e Giustizia avi dell'attuale vicepremier Tajani, sia essa meno nobile e 'ndranghetista, «Neanche per gli arresti qui si sono viste tante telecamere», mi dicono. Anche se non sono pochi a pensare che questa giornata sia solo una toppa per la pessima figura fatta dal governo, l'impressione è che la maggior parte dei cutresi sia incuriosita dall'improvvisa esposizione mediatica del paese. «Siamo dimenticati e abbandonati, qui ci sono solo vecchi, i giovani sono tutti emigrati», mi dicono più persone, dal sindaco ai passanti, mentre in tanti si assiepano dietro alle transenne, armati di telefonino. Nella grande piazza che precede il corso blindato a zona rossa, un gruppo di manifestanti lancia peluche mentre altri distribuiscono agli anziani cartelli di protesta scritti in inglese. Un avvocato addobba i balconi del suo studio con bandiere di Fratelli d'Italia, mentre dalla parte opposta della stessa via una signora, che entra in casa della cugina con un cartello scritto a mano inneggiante alla pace, viene fermata e identificata dalla sicurezza. Nella casa di fronte al Comune, un gruppo di donne sforna caffè per il circo mediatico. Quando la premier arriva, saluta e lancia un bacio a chi batte le mani. I ministri scendono dai pulmini che la seguono. La perplessità di molti, fin qui, lasciava comunque spazio a un paese che si mostrava vivo, nell'applauso e nella protesta, ignaro che la conferenza stampa che avrebbe fatto seguito al Cdm sarebbe stata stupefacente, indimenticabile, irresponsabilmente incredibile. Dopo esser riusciti ad evitare la visita alle vittime (con ancora 60 bare al Palamilone di Crotone), ai parenti e ai sopravvissuti e dopo aver "dimenticato" di invitare a Cutro il sindaco di Crotone, Meloni e i ministri non sono riusciti, a quasi due settimane dalla tragedia, a concordare sulla storia da raccontare, tra arrogante vittimismo ed evidente inadeguatezza. Dimettersi, per i ministri responsabili, sembra sempre più l'unica uscita sensata. Sarebbe anche un gran sollievo, per loro, per tutti. Di seguito, “Governo cinico e atroce: Cutro e le vite degli altri” di Donatella Di Cesare pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 9 di marzo ultimo: (…). Nessun governo precedente di questa Repubblica ha mai dato un messaggio così duro e inesorabile: la vita degli altri conta poco o nulla. Si può calpestare, abbandonare, far morire. Vale per la migrazione e vale per la guerra. Ecco che cosa c’è in comune tra i corpi che sul nostro schermo intravediamo, quelli dello scenario bellico e quelli delle stragi in mare. Questo governo postfascista tocca l’apice della necropolitica. Si deve intendere con ciò quella politica che esercita la propria sovranità non solo scegliendo tra chi può vivere e chi deve morire, ma anche – e qui sta l’escalation – pretendendo che le vite non vengano salvate e richiedendo la morte come soluzione necessaria dei conflitti. Il richiamo al sacrificio ha ispirato gli ultimi discorsi della premier. La guerra si decide “sul campo” fino alla “vittoria”; per questo mandiamo più armi. Perché una politica non degna di questo nome, che si è ritratta dalla vita e dalla protezione della vita, anziché negoziare, chiede famelicamente, da un lato e dall’altro, più corpi da gettare tra le lamiere. Questa stessa necropolitica non solo lascia morire in mare, ma punisce chi vorrebbe salvare. Che i mezzi di soccorso restino nei porti! Tanto al largo, tra le onde, ci sono le vite dei neri, degli straccioni, dei “falsi rifugiati”, che vogliono venire qui e approfittare del nostro benessere. Che importano le guerre, che hanno alle spalle, i terremoti, le persecuzioni, le miserie? La necropolitica ha lo sguardo corto e meschino. È strutturalmente ipocrita. Così ci si può tagliare in tivvù una ciocca in solidarietà con le donne iraniane (tanto non si mette a repentaglio la propria esistenza e si fa un figurone) e contemporaneamente lasciarle morire se sono su un barcone. Non che prima non si seguisse già questa direzione. Lo dimostrano anni e anni di fallimentare “governo dei flussi migratori”, dove l’Europa ha brillato per miopia e atrocità. E l’Italia, lungi dall’essere un’eccezione, si è fatta valere con le sue leggi poliziesche e i suoi patti ferma-migranti. Ma oggi c’è qualcosa di più: quell’ombra di morte che tradizionalmente ha caratterizzato il fascismo, con il suo culto della guerra (ne parlava Walter Benjamin), si aggiunge – che i meloniani lo vogliano o no – alla necropolitica già in vigore, rendendola ancora più sfrontata e impietosa. L’idea che si afferma è che ci siano vite da proteggere, quelle dei cittadini sovrani di serie a, provvisti già dei propri sostegni, e vite che possono essere esposte a ogni rischio, abbandonate a ogni rovina, lasciate morire. Non semplicemente essere deboli con i forti e forti con i deboli (una spiegazione troppo grossolana); bensì un criterio ben più profondo e inquietante. La politica che si è ritratta dall’esistenza delle persone non solo decide tra chi vive e chi muore, ma pretende che il “sacrificio” dei superflui, di cui si scarica ogni responsabilità, venga accettato senza batter ciglio. Questo significa anche la giusta definizione di “guerra per procura” che viene combattuta con corpi altrui.

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