"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 6 marzo 2023

Memoriae. 40 «Freud: I conflitti d'interessi tra gli uomini sono decisi mediante l'uso della violenza».

 

Dalla lettera di Albert Einstein a Sigmund Freud del 30 di luglio dell’anno 1932 riportata su “il Fatto Quotidiano” di oggi (lunedì 6 di marzo 2023) – “Perché l’uomo fa la guerra? Einstein chiede, Freud spiega” – a cura di Antonello Caporale:

(…). Einstein: La sete di potere della classe dominante è in ogni Stato contraria a qualsiasi limitazione della sovranità nazionale (...). Penso soprattutto a un piccolo ma deciso gruppo di coloro che vedono nella guerra, cioè nella fabbricazione e vendita di armi, soltanto un'occasione per promuovere i loro interessi personali e ampliare la loro personale autorità.

Freud: I conflitti d'interessi tra gli uomini sono decisi mediante l'uso della violenza. Ciò avviene in tutto il regno animale, di cui l'uomo fa inequivocabilmente parte (...). La violenza toglie di mezzo l'avversario definitivamente. (...). Il sistema ha due vantaggi: l'avversario non può riprendere le ostilità in altra occasione e il suo destino distoglie gli altri dal seguire il suo esempio. Inoltre l'uccisione del nemico soddisfa un'inclinazione pulsionale.

Einstein: Com'è possibile che la minoranza riesca ad asservire alle proprie cupidigie la massa del popolo, che da una guerra ha solo da soffrire e da perdere? (...). Una risposta a questa domanda sarebbe che la minoranza ha in mano la scuola e la stampa e perlopiù anche le organizzazioni religiose.

Freud: Lo strapotere di uno solo poteva essere bilanciato dall'unione di più deboli (...). L'unione dei più deve essere stabile, durevole. Se essa si costituisse solo allo scopo di combattere il prepotente e si dissolvesse dopo averlo sopraffatto, non si otterrebbe niente. Il prossimo personaggio che si ritenesse più forte ambirebbe di nuovo a dominare con la violenza.

Einstein: Com'è possibile che la massa si lasci ingannare fino al furore e all'olocausto di sé?

Freud: La comunità comprende elementi di forza ineguale: uomini e donne, genitori e figli, vincitori e vinti che si trasformano in padroni e schiavi. Il diritto della comunità diviene allora espressione dei rapporti di forza ineguali. Le leggi vengono fatte da e per quelli che comandano e concedono scarsi diritti a quelli che sono stati assoggettati. (...). Gli elementi che tengono insieme una comunità sono due: la coercizione violenta e i legami emotivi tra i suoi membri (ossia, in termini tecnici, quelle che chiamiamo identificazioni). È un errore di calcolo non considerare il fatto che il diritto originariamente era violenza brutale e che esso ancor oggi non può fare a meno di ricorrere alla violenza.

Einstein: L'uomo ha dentro di sé il piacere di odiare e distruggere. In tempi normali la sua passione rimane latente, emerge solo in circostanze eccezionali.

Freud: Noi presumiamo che le pulsioni dell'uomo siano solo di due specie, quelle che tendono a conservare e a unire e quelle che tendono a distruggere e a uccidere. Lei vede che si tratta della contrapposizione tra amore e odio e che forse è originariamente connessa con la polarità di attrazione e repulsione che interviene anche nel Suo campo di studi. (...). Tutte e due le pulsioni sono parimenti indispensabili, perché i fenomeni della vita dipendono dal loro concorso e dal loro contrasto.

Einstein: Vi è una possibilità di dirigere l'evoluzione psichica degli uomini in modo che diventino capaci di resistere alle psicosi dell'odio e della distruzione?

Freud: La condizione ideale sarebbe naturalmente una comunità umana che avesse assoggettato la sua vita pulsionale alla dittatura della ragione. Ma secondo ogni probabilità questa è una speranza utopistica.

Di seguito, “Convivenze difficili” di Enzo Bianchi – fondatore e già priore della Comunità Monastica di Bose -, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 27 di febbraio ultimo: Un mondo a pezzi! Un’umanità che conosce divisioni e contrapposizioni che sfociano in conflitti violenti. Dalle catene dell’Himalaya, al Caucaso, al Medio Oriente, fino all’Europa della penisola balcanica e dell’Ucraina si registrano guerre da decenni senza che si intravvedano vie di riconciliazione: popoli quasi tutti poveri e oppressi, gente che vorrebbe soltanto vivere in pace. Facciamo finta di non saperlo, ma in Kosovo la situazione non è di convivenza pacifica: siamo al preludio di una nuova guerra per uscire dallo stillicidio di ostilità tra le nazioni nate dalla deflagrazione iugoslava. E in questi giorni anche la Moldavia è riemersa come terra contesa, ai confini dell’Ucraina e della Russia già in guerra tra loro. Quella convergenza che sembrava attestarsi alcuni decenni fa appare lontana ed emerge invece una conflittualità dovuta in radice a una differenza culturale, a una non-contemporaneità delle nazioni della pretesa “Unione” Europea, che si è spinta fino a Est. Così l’Europa è depotenziata, nell’impossibilità di porsi come artefice di pace e queste fratture sono destinate ad allargarsi aumentando la divisione al suo interno, motivata come difesa di valori culturali e morali. Ma anche le chiese sono a pezzi, e di questo non c’è consapevolezza, sia perché queste interessano sempre meno, sia perché le divisioni che emergono scandalizzano a tal punto che vengono rimosse. Ma le divisioni sono iniziate già da alcuni decenni nella chiesa anglicana sul tema dell’ordinazione delle donne e della possibilità di celebrare le nozze tra omosessuali. Nella chiesa cattolica ci si fa guerra su diversi fronti, con scontri che possono sfociare in divisioni. Nei confronti dei tradizionalisti, legati alla liturgia preconciliare, si registra una presa di posizione da parte di Papa Francesco, che non intende più tollerare la presenza dei due riti che Papa Benedetto aveva permesso. Si noti che i tradizionalisti in alcuni paesi rappresentano il 20% dei praticanti. Ma anche altre divisioni tra chiese appaiono all’orizzonte. Le chiese del Nord Europa chiedono una revisione della morale sociale, la promozione delle donne ai ministeri ecclesiastici, la libertà nella scelta del celibato: richieste lette come perversioni e tradimenti dalle chiese dell’Est Europa e dalle chiese africane. Non sarà facile, per Papa Francesco, preservare la comunione. Si pensi poi al conflitto e alla guerra tra chiese ortodosse: Costantinopoli contro Mosca e viceversa, le 4 chiese in Ucraina, con lo stesso rito ma in conflitto, il contenzioso tra Patriarcato di Alessandria e Patriarcato di Mosca per la missione in Africa e tra quello di Antiochia e di Gerusalemme per la missione nella penisola arabica. Solo il Patriarca di Belgrado, nella chiesa serba, Porfirio, autentico uomo di pace, ha fatto gesti di riconciliazione riappacificando la Serbia con la Macedonia. Papa Francesco non può intromettersi nelle questioni ortodosse, ma segue le divisioni con volontà di dialogo, intelligenza e grande carità.

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