2. Di seguito, «Previsioni serie per il 2023. “Andrà tutto bene” come dissero a Pompei» di Alessandro Robecchi pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 28 di dicembre dell’anno 2022: Finisce il 2022, ed è probabilmente l’unica buona notizia del 2022. Il 2023 s’avanza a lunghi passi distesi, mancano pochissimi giorni, e quindi è il momento delle previsioni, dei buoni propositi, delle necessarie illusioni e dell’”andrà tutto bene”, come dissero a Pompei guardando il primo filo di fumo del Vesuvio. Prima regola: davanti a un anno nuovo non bisogna essere prevenuti e avere un atteggiamento negativo, no, bisogna aspettare almeno il 15 gennaio, e poi si può cominciare con il pessimismo. Un solo pensiero deve occupare la mente dell’italiano che guarda davanti a sé: cosa potrebbe andare storto? E dunque stilare un elenco infinito di cose, faccenda che potrebbe occuparlo fino alla fine dell’anno, distraendolo da disastri più o meno annunciati. Per esempio, il congresso del Pd, che segnerà il 2023 come l’anno in cui il Pd scelse un nuovo segretario, che sarebbe il decimo in quindici anni di vita (e non conto i bis e gli interim). Forte di questa incredibile novità – un segretario nuovo di zecca che vanta nel curriculum una vittoria per un pugno di voti contro Lucia Borgonzoni, e ancora ne parla come fosse la battaglia di Okinawa – il Pd potrà affrontare il futuro con piglio deciso e autorevole insieme ai suoi duecentocinque elettori. Purtroppo, l’asse della politica penderà ancora verso destra: Meloni, cognato, Crosetto e altri bellimbusti, più il duo comico del Terzo Polo, al momento (fine 2022) un po’ seccato perché a Palazzo Chigi non hanno ascoltato i suoi consigli. Ora, per tutto il 2023, tenteranno di compiacere Meloni in tutti i modi, un po’ per candidarsi a stampella del governo, un po’ per farsi notare. Fiume Italiana, Nizza e Savoia, magari la befana fascista o il gli esercizi ginnici il sabato: già pare di vedere Calenda che parla di “tradizioni liberali” come l’oro alla patria o le bonifiche delle paludi. Proseguirà la riforma della giustizia con decisive novità sulle intercettazioni: saranno tutte autorizzate quelle a carico di giudici e pm, che saranno intercettati regolarmente. E finalmente ecco la separazione delle carriere: la carriera di colletto bianco, dirigente, manager, politico, separata da quella di imputato, definitiva dimostrazione che in Italia il garantismo si applica per reddito. Continuerà, nel 2023, l’entusiasmante guerra ai poveri che tante soddisfazioni ha dato alla destra, alla sinistra (parlandone da viva), ai grandi giornali, alle televisioni, a Matteo Renzi che teorizza di educare i poveri con la sofferenza, sennò che gusto c’è. Dopo aver tolto il reddito di cittadinanza a migliaia di indigenti ribattezzandoli “occupabili”, si studierà di escludere anche quelli con una gamba sola (“saltellabili”) e a quelli senza fissa dimora (“barbonabili”). Sono allo studio misure restrittive anche per altre categorie di nullatenenti, spiantati, disperati a cui non è giusto garantire sussidi statali, almeno finché hanno ancora degli organi (“asportabili”). Queste norme permetteranno di risparmiare alcune decine di milioni che potrebbero più proficuamente essere destinate alla ricopertura in broccato e oro delle poltroncine delle tribune vip degli stadi di calcio, un aiuto concreto a presidenti di squadre che attraversano purtroppo una drammatica crisi. Come si vede, le sfide del 2023 saranno numerose e impegnative, ma ci tempreranno e ci renderanno migliori, più consapevoli e più generosi nei confronti di alcune categorie in sofferenza, come ad esempio i produttori di armi, a cui regaleremo un’ottantina di miliardi in più. Auguri a tutti.
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
lunedì 2 gennaio 2023
Eventi. 93 Pensieri(ni) per l’anno appena nato.
1. «Previsioni
serie per il 2023. “Andrà tutto bene”». Ha scritto Silvia Truzzi in “Buon compleanno Msi: un’ambiguità non più
accettabile” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 29 di dicembre dell’anno
2022: La prima è stata la sottosegretaria alla Difesa, Isabella Rauti, figlia
di uno dei segretari del Movimento sociale italiano, Pino. Il giorno di Santo
Stefano ha pubblicato un post per "rendere onore" ai fondatori e ai
militanti (l'onore, l'onore c'è sempre nel lessico della destra post fascista). Poi si è accodato anche Ignazio Benito La Russa, che incidentalmente è il
presidente del Senato: "Nel ricordo di mio padre, che fu tra i fondatori
del Movimento sociale italiano in Sicilia e che scelse con il MSI per tuttala
vita, la via della partecipazione libera e democratica in difesa delle sue idee
rispettose della Costituzione italiana". Ne è nato un caso, con il Partito
democratico che ha chiesto le dimissioni di La Russa. I dem, naturalmente, non
sono i soli a non aver gradito: segue un breve riassunto di dichiarazioni
largamente condivisibili. Noemi Di Segni, presidente della comunità ebraica: "È
grave che le alte cariche istituzionali esaltino la storia del Msi, un partito
in continuità ideologica e politica con la Rsi" (continuità chiaramente
espressa fin dal nome: Repubblica sociale, Movimento sociale, ndr); Ruth
Dureghello, presidente della comunità ebraica di Roma: "Quando si
ricoprono ruoli istituzionali il nostalgismo assume contorni gravi e ridicoli.
Non sono accettabili passi indietro, soprattutto dalla seconda carica dello Stato";
Gianfranco Pagliarulo, presidente dell'Anpi: "Con tutto il rispetto per i suoi
affetti familiari LaRussa non ha ancora capito che è il presidente del Senato
della Repubblica antifascista e non il responsabile dell'organizzazione giovanile
del Msi". A destra si difendono, chiamando in causa la libertà di
espressione, l'opera di "pacificazione nazionale", e "il
rispetto dei valori costituzionali e delle dinamiche parlamentari" del
Movimento sociale. E qui sta il vero punto. Ieri su Repubblica un bel ritratto
di Simonetta Fiori raccontava bene Pino Rauti, il "Gramsci nero" che
fondò Ordine nuovo (una fazione organizzata e continua al Movimento sociale) e
sentiva la necessità di "contestualizzare" le leggi razziali: "Tutta
la sua vita è stata nel segno d'una religione fascista irriducibile,
pericolosamente ai bordi delle istituzioni democratiche, talvolta invischiata
nelle più nefaste trame stragiste della storia repubblicana, dalle quali fu
assolto in sede penale ma non sul piano morale, come disse il pubblico
ministero nel processo per l'attentato di Piazza della Loggia". Rispetto
dei valori repubblicani fino a un certo punto. Solo pochi giorni fa, Giorgia
Meloni era scoppiata in lacrime al museo ebraico, parlando dell'ignominia delle
leggi razziali: in questi giorni è rimasta in silenzio. Ma è il tempo, questo
tempo, in cui quella destra ha la responsabilità di guidare un Paese
democratico per mandato degli elettori, di porre fine alle ambiguità. Basta
saluti romani, basta gigioneggiare con i cimeli del Ventennio (i busti in casa
La Russa, mostrati con orgoglio ai giornalisti), basta equivoci. La
responsabilità del governo porta con sé il compito di chiudere i conti con la
Storia e sanare le ferite. Nei giorni in cui si celebra l'approvazione della
Costituzione da parte dell'Assemblea costituente (in cui il Movimento sociale
era assente) sarà bene che sottosegretari e presidenti del Senato ricordino chi
sono e qual è il loro ruolo oggi, rendendo "onore" a quella Carta che
è "il testamento di centomila morti", come disse Piero Calamandrei.
"Se volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra
Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri
dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un
italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì col pensiero, perché
lì è nata la nostra Costituzione".
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento