"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 18 gennaio 2023

Eventi. 95 Michele Serra: «La lotta alla mafia è una lotta politica».

A lato. Grafica dell'amico carissimo Antonio Polimeni (26.06.2001).

Ha scritto Michele Serra in “Latitanti a casa loro” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 17 di gennaio 2023: Esiste una ricca casistica (anche satirica) di boss mafiosi che si nascondono "a casa loro". Riina venne arrestato mentre usciva da un residence di Palermo, Provenzano nei pressi di Corleone. Non hanno avuto bisogno di una macchia, per darsi alla macchia, c'è un habitat sociale che li avvolge e li protegge, un bozzolo fatto di denaro (tanto denaro) e di rispetto.

Come si possano rispettare assassini seriali, strozzini su scala industriale, narcotrafficanti, bigotti devoti ai Santi ma dediti all'oppressione e alla strage, è un mistero psicologico e culturale, ma è così che accade: qualcuno, in queste ore, sarà profondamente rattristato per la cattura del Capo (per la perdita del Padre) e anche se non ha spazio nei telegiornali, ne ha nella società siciliana e nella società italiana. Per questa ragione la legittima contentezza per la cattura del boss andrebbe diluita nel mare della realtà. Va bene che siamo la società dello spettacolo, ma al netto dello spettacolo una società esiste ugualmente, ed è quella che alla fine conta. La mafia si rigenera - e lo farà anche questa volta - perché si rigenera la sua ragione politica. Non solo l'arricchimento (quello può arrivare perfino per vie lecite), anche il familismo, la gerarchia patriarcale, l'odio per lo Stato e le sue leggi, il misconoscimento del principio di cittadinanza che ci rende tutti uguali, senza affiliazioni o apparentamenti. O vince l'uguaglianza o vince la mafia, la sola idea che esistano "uomini di rispetto" e gli altri si debbano sottomettere è la negazione stessa della libertà. Ergo: la lotta alla mafia è una lotta politica. Di seguito, «Pif “La gioia della gente dice che l’omertà è finita ma ora per i cittadini serve un codice morale”», intervista di Giada Lo Porto al regista siciliano Pierfrancesco Diliberto – in arte Pif – pubblicata sulla edizione di Palermo del quotidiano “la Repubblica” di ieri, 17 di gennaio: «Il cerchio si è chiuso con un grande "800A" alla mafia di Totò Riina, volendo utilizzare un'esclamazione palermitana. È un giorno bellissimo e non importa avere atteso tanto. Utilizziamo questo tempo per gioire e non per scrivere sui social che "ci sono voluti trent' anni”. (…). Era solo questione di tempo».

Lei dunque ha sempre pensato che prima o poi lo avrebbero preso? «Messina Denaro era legato alla vecchia mafia ma essendo più giovane era difficile pensarlo in una sperduta campagna a mangiare pane e cicoria, ascoltando cassette di Pupo. Era lì, in mezzo ai palermitani. Me lo immagino, poco prima del blitz, a dare la precedenza a una vecchietta in fila per gli esami e a regalare bottiglie di olio ai medici. Grazie alle nuove tecnologie l'arresto era solo questione di tempo».

Il rischio che la latitanza continuasse c'era però. «L'incognita c'è sempre e provo grande gioia nel sapere che sia finita così. Se fosse morto prima della cattura, dal punto di vista simbolico, sarebbe stato gravissimo per Palermo e l'Italia intera. La mafia vive anche di simboli. Se fossi stato a Palermo mi sarei catapultato davanti alla caserma con una bottiglia di champagne. Questo è un arresto sano, differente da quello di Riina».

Cosa intende con "differente"? «È chiaro che con Riina c'era qualcosa che non andava visto che non si andò subito a perquisire la casa. Questo, ne sono convinto, è un arresto sano».

Ha detto che il cerchio con i corleonesi si è chiuso: e i conti con la mafia? «C'è ancora molto da fare, i conti con la mafia restano aperti. Messina Denaro è però l'ultimo dei corleonesi. Possiamo dire che lo Stato ha sconfitto dal punto di vista militare la mafia di Totò Riina e che la sua strategia è stata perdente».

Com' è cambiata la percezione della mafia a Palermo in questi trent' anni? «Molto dice l'esultanza della gente subito dopo la cattura, ma non mi stupisce. Da anni è cessata anche l'omertà dei siciliani».

Da quando è cessata? «Il primo vero cambiamento si è visto subito dopo l'arresto di Bernardo Provenzano. Ricordo che i poliziotti che lo catturarono si aspettavano di essere insultati dai parenti dei mafiosi. Invece arrivarono diversi cittadini ad applaudirli e loro rimasero stupiti. Fu un bel segnale».

Castelvetrano ha festeggiato l'arresto di Messina Denaro in piazza con un flash mob. Anche questo è un segnale forte. «Penso ai ragazzini del paese. Assistere a un festeggiamento per l'arresto di un boss spesso osannato - non da tutti - a casa sua è una lezione immensa per le nuove generazioni. Riuscire davvero a fare questo flash mob è una rivoluzione culturale».

Come la fa sentire pensare che ogni palermitano avrebbe potuto inconsapevolmente avere avuto accanto Messina Denaro in questi anni, trovarsi nella stessa stanza durante la chemioterapia per esempio? «Fa un effetto strano e sono sicuro che era anche il più gentile di tutti, passava inosservato». Cosa intende? «Vede, mia madre negli anni Settanta insegnava nelle scuole dei paesini dell'entroterra palermitano ad alta densità mafiosa. Mi raccontava che spesso il figlio del mafioso era il più educato. Nell'immaginario collettivo si ha ancora l'idea del mafioso che ti punta la pistola in faccia, non è così da moltissimo tempo».

Lei ha più volte attaccato il nuovo sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, per essere stato appoggiato da Dell'Utri e Cuffaro. Oggi cosa dice? «Continuo a dire che è inammissibile che un candidato accetti chi porta voti mafiosi. Aggiungo, che bisogna cominciare a giudicare anche i cittadini che votano questa politica qui. Non serve solo il codice penale, serve un codice morale. Magari il mondo mafioso e il mondo non mafioso che si incontrano non commettono alcun reato, ma a ogni cittadino onesto questo deve fare schifo. Anche quando dicono: "eh ma io sono garantista". C'è un codice morale interiore che non ha bisogno di sentenze».

La sera prima dell'arresto Sky ha mandato in onda "La mafia uccide solo d'estate... «Era un messaggio (…). La domanda che mi sono sempre posto è cosa abbiano potuto pensare i mafiosi vedendo il film». Secondo lei? «Forse si saranno domandati come abbiamo saputo certe cose. Magari avranno sorriso. Come oggi sorridono i siciliani onesti».

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