Ha scritto Goffredo Bettini in “Questione morale e democrazia sono una cosa sola” pubblicato sul
settimanale “L’Espresso” di ieri, domenica 29 di gennaio 2023: (…). La
questione morale è tutt'uno con questione democratica. Lo osservò per primo
Enrico Berlinguer nel 1981 in una memorabile intervista concessa sull'argomento
a Eugenio Scalfari. Quando si allenta il vincolo della rappresentanza e le
decisioni si assumono nell'ambito di istituzioni lontane e poco trasparenti,
aumenta il pericolo dell'autoreferenzialità, della discrezionalità, della
irresponsabilità. L'Occidente parla della necessità di esportare la democrazia
in tutto il mondo. Ma quale democrazia? È dagli anni '70 (ricordate la
Trilatera!?) che il pensiero neoliberista invoca una restrizione della democrazia,
una riduzione della domanda, un accentramento del potere esecutivo. La coda
avvelenata di questo lungo percorso che ha ribaltato le speranze suscitate dalle
costituzioni emancipative del dopoguerra, ha portato all'oggi: una condizione
nella quale mai è stato così fragile e confuso il rapporto tra il potere
democratico e i cittadini. Ma oltre a questo c'è qualcosa, persino, di più
basico. Si potrebbe dire di antropologico. Anche nella politica, che avrebbe il
compito di promuovere ed educare il popolo, si sono insediati i miti peggiori
di questa nostra modernità, per molti aspetti malata. Se comandano
esclusivamente i valori del mercato, del profitto, della competizione persino
spietata, dell'indifferenza di fronte al dolore degli altri è evidente che la
classe dirigente (se non è in grado di resistervi e di coltivare un esempio di
sobrietà alternativa) ne rimane vittima. Si adegua. Perde l'anima e il senso
della sua missione. Anche a sinistra. (…). Di seguito, “Cattolici e sinistra ritrovino insieme
l’umanesimo del Pd” ancora di Goffredo Bettini, pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” del 16 di gennaio ultimo: (…). Accanto alla perdita da parte della
politica di un baricentro umanistico, (…), la nota dolente riguarda anche lo
spegnimento di un "fuoco" che rispetto agli obbiettivi raggiunti
attraverso la propria lotta, sia in grado di rilanciare il cuore e l'azione in
una dimensione "altra", costantemente inappagata rispetto alla realtà
che via via si determina. Ed ecco le parole di Don Milani che, accompagnato
l'offeso, l'umile, il diseredato fino ai cancelli della villa del padrone
finalmente conquistata, gli dice: "Da questo momento io ti tradirò". E
su questi "inciampi" cruciali che, come dirigente del Pd che viene
dalla storia dei comunisti italiani e della sinistra, vorrei soffermarmi. E
soprattutto sottolineare quanto la sinistra, se è vera sinistra, non sia
affatto immune alle domande poste dal cattolicesimo democratico; piuttosto
pienamente attraversata e in crisi essa stessa, nelle sue fondamenta, rispetto
ad una mancanza di risposte. La forza dei comunisti e dei socialisti italiani,
nell'immediato dopoguerra, fu di far convivere riferimenti internazionali ormai
degenerati e del tutto opposti rispetto alla "scintilla" e alla
speranza del '17, con una immersione "terragna" nel popolo italiano,
aderendo "a tutte le pieghe della società". Le persone, gli operai, i
contadini umiliati furono il propellente per l'avanzamento della sinistra. I
miti rimanevano sullo sfondo, condizionavano malamente, ma l'ispirazione per un
partito nuovo veniva estratta dalla vita, dalle esperienze e dalle speranze di
milioni di persone: da conquistare, "attraversandole", nella loro
concretezza e vera umanità. La sinistra, senza tutto questo, è foglia morta: di
questo abbiamo sofferto negli anni che ci stanno alle spalle. L'incapacità di
rilanciare dopo il crollo del comunismo, un pensiero critico in movimento e in
sintonia con l'anelito di una nuova società. Tale incapacità, ha portato anche
la sinistra a scegliere solo la strada del governo. Utile. Negli anni '90
l'Ulivo ha salvato la democrazia e l'Italia. Tuttavia dalla sola dimensione del
governo si perde di vista la terra. La micro-vita si distingue poco nei grandi
schemi e al contrario si coglie seguendo passo passo il destino delle singole
esistenze. In mancanza di un pensiero critico, inevitabilmente hanno dilagato
le ideologie neoliberiste. L'esaltazione del presente, di quello che c'è. Ma
cos'è la sinistra se non elabora un "oltre"? Se, appunto, si sente
sazia e alla fine rinuncia a trasformare il mondo? Ecco perché ritengo
essenziale, per rilanciare il Pd, il rapporto osmotico tra il socialismo e il
cristianesimo. Tra la radice di sinistra e quella cattolica. Ognuno nei decenni
passati ha preso qualcosa dall'altro. La sinistra ha temperato il suo
statalismo, il cattolicesimo democratico si è aperto al mondo. Abbandonando
ogni venatura confessionale. Con lo stesso entusiasmo che Maritain riponeva
nell'amicizia con un sindacalista americano duro ed estremo come Alinsky: per
il semplice motivo che apprezzava in Alinsky, non qualche sua ideologia,
piuttosto l'impegno infaticabile, diretto, genuino, umanissimo nella difesa
delle persone, dei lavoratori sfruttati, dei senza potere. Mi viene da dire,
con schiettezza, che dunque il problema che taglia le radici della stessa
esperienza del Pd (pur da rinnovare perché nata in un clima politico e
culturale più ottimistico rispetto a quello così tetro dell'oggi) non riguarda
un tirare la coperta da una parte e dall'altra tra la sinistra e i cattolici
democratici; ma al contrario, è quello di superare dentro il Pd l'acquiescenza
che si è determinata a fronte della modernità che stiamo vivendo e la rinuncia
alla critica dello sviluppo odierno, che, se lasciato a sé stesso, porterà non
solo a inedite disuguaglianze ma alla distruzione del pianeta. La distanza dal
dolore e i miti del neoliberismo si sono insediati anche dentro di noi. Essi
rendono corpo inerte il Pd. Impediscono che effluisca l'energia vitale delle
culture che in esso sono confluite. Lo portano all'"appagamento" e
allo spegnimento di ogni "scintilla" di rivolta morale e politica,
che pare essere affidata solo al magistero dei due ultimi papi: Benedetto XVI e
Papa Francesco. Il primo, in termini di rifiuto della suadente dimensione
mondana. Una rivolta conservatrice, che pure della rivolta mantiene vivo un
giudizio prezioso e incancellabile sulla decadenza del mondo. Il secondo, agli
antipodi, sfidando la mondanità, in una immersione totale della Chiesa nel
"gorgo" della vita. Per cambiarla, con il rischio di intrecciare,
fino a non distinguerle, le vie della fede e quelle di un magistero terreno,
fondato sull'azione concreta, tesa ad aprire i cuori, con l'esempio, non solo
dei cattolici, piuttosto dei non credenti e di tutte le persone di buona
volontà. Sarebbe bello che il confronto tra di noi, invece di riguardare i
confini, spesso fittizi, delle correnti, del potere, dell'influenza nella
direzione politica o elettorale, prendesse di petto questo passaggio che vedo
chiaramente all'orizzonte: solo la sinistra e il cattolicesimo democratico
insieme potranno suscitare nei democratici un nuovo pensiero "inappagato"
facendo fronte a quel cedimento di coscienza e ideale, che porta
all'"apologia" delle cose come stanno. Altro che dividerci! Occorre
ritrovare un'osmosi vera che rilanci una funzione trasformatrice del Partito
democratico, riconquistando quel 50% di italiani che non votano più. O quelli
che in mancanza di altro votano 5Stelle. O quelli ancora infatuati dal
"politicismo" del Terzo polo, che predica il riformismo, ma cova in
sé nuove divisioni.
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