(Domenico De Masi: "Riflessioni
di uomo di sinistra sulla cultura della destra). Ha scritto Michele Serra in “Che cos’è la sinistra. E che cosa la destra" pubblicato sul
settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 30 di dicembre dell’anno 2022: (…),
la discussione su quali dovrebbero essere i “comportamenti autenticamente di sinistra”
è complicata assai. I due concetti – destra e sinistra – si sono, nel tempo,
molto opacizzati e confusi. Per esempio il principio di legalità e il rispetto
dello Stato (law and order) erano tradizionalmente valori di destra;
ultimamente, diciamo dagli anni Novanta in poi, lo sono assai meno. Veda il
notevole successo dei No Vax negli ambienti della destra non solo italiana. Ma
prendiamo per buona la (…) idea: in mezzo a tanta confusione, almeno il
principio della solidarietà sociale dovrebbe orientare la sinistra più di
quanto valga per la destra, che è più sensibile ai valori individuali, un po’
meno a quelli collettivi (mi scuso per le generalizzazioni, so benissimo che
sono tali, ma servono per capirci). Ne dovrebbe conseguire che gli eletti, a sinistra,
cercano di essere coerenti con quel mandato, e direi proprio che arricchirsi
indebitamente, o rubare, è una brutta cosa in generale, ma lo è doppiamente per
chi dice di richiamarsi alla solidarietà sociale. Si diceva un tempo:
l’elettore di destra va a votare pensando ai propri interessi (atteggiamento
che non ha niente di illegittimo, ma mette a fuoco una visione del mondo),
l’elettore di sinistra va a votare pensando all’interesse comune. Come si può
capire, se poi ruba un rappresentante della sinistra, l’impressione è
rattristante. Fanno eccezione i giornali di destra, entusiasti del Qatargate e
di Soumahoro perché confermano la loro convinzione che dietro qualunque buona
causa si nascondano solo furbizia e avidità. Dietro lo sghignazzo, trapela dunque
una triste visione del mondo, ma è un problema tutto loro. Chi invece crede che
le buone cause e i comportamenti corretti esistano, e non abbiano prezzo, non è
contento di scoprire che qualcuno se ne è servito per imbrogliare. Non si
tratta, dunque, di “superiorità morale”. Si tratta di decidere se valga ancora
la pena credere nella rettitudine e nella sobrietà, che non sono poi merce così
rara: se ne trovano tracce a sinistra, a destra e anche nel vasto altrove non
compreso in quei due termini. Oppure se ci si debba rassegnare, e stropicciarsi
le mani per la contentezza quando arrestano un corrotto. Di seguito, “La cultura? La destra ce l’ha la sinistra
l’ha smarrita” del sociologo Domenico De Masi pubblicato sul mensile
“Millennium” del 10 di dicembre dell’anno 2022: Quasi trent'anni fa, in un libro
intitolato Sinistra e destra Marcello Veneziani denunziava che la sinistra
aveva creato un cordone sanitario intorno alle case editrici, alla stampa, alle
riflessioni della destra, impedendo una dialettica feconda tra le due culture.
A mio avviso la recente conquista del governo da parte di Fratelli d'Italia
dimostra che quel cordone sanitario ha danneggiato soprattutto la sinistra la
quale, facendo tesoro della sconfitta, d'ora in poi dovrebbe dedicare molta
maggiore attenzione a ciò che succede nelle file avversarie. Tutte le attuali
condizioni economiche e politiche inducono a prevedere che nel prossimo futuro
aumenterà il conflitto sociale e i termini "destra" e
"sinistra" riacquisteranno la forza contrapposta che avevano ai tempi
della Guerra fredda. Per loro natura queste due parole - destra e sinistra -
non esprimono concetti complementari ma antitetici: o si è di destra o di
sinistra. Oltre a descrivere, esse esprimono anche un giudizio: per chi si
sente di sinistra, la sinistra è un bene e la destra è un male; per chi si
sente di destra, la destra è un bene e la sinistra è un male. A ciascuno dei
due termini e ai rispettivi militanti vengono attribuiti significati, caratteri
e valori diversi a seconda dell'angolo di visuale. Dalle ricerche sociologiche
e politologiche di cui disponiamo si può appurare in cosa credono e come si
comportano coloro che si autodefiniscono di destra. Cerco di farne una sintesi.
Da un punto di vista culturale, essi hanno nostalgia del passato e privilegiano
tutto ciò che è empirico e concreto. I loro valori sono la libertà, la
tradizione, l'identità, l'appartenenza, la compattezza, il culto delle radici e
della terra, la religiosità, il dogmatismo, il coraggio e la tenacia. Inclinano
all'intolleranza e al pessimismo; cercano e impongono certezze; apprezzano lo status
quo; credono che la personalità di un individuo sia determinata fin dalla sua
nascita nei suoi tratti essenziali. Sono conservatori, giustizialisti,
antimodernisti e vivono la storia come decadenza. Da un punto di vista
economico, quelli che si autodefiniscono di destra centrano il loro modello di
società sul libero mercato, sul capitale, sulla proprietà privata e sul
profitto. La loro dottrina economica prevalente è il neoliberismo. La loro
classe di maggior riferimento è la borghesia; il loro scopo è la produzione; la
loro dinamica è la concorrenza, la riduzione delle tasse e gli incentivi alle
imprese. Sono convinti che le disuguaglianze non possono essere eliminate ma,
anzi, vanno valorizzate. Da un punto di vista sociale, quelli che si
autodefiniscono di destra centrano il loro modello di convivenza
sull'individuo, sul timore di omologazione e appiattimento, sulla gerarchia,
sull'esclusione, sulla comunità, sull'appartenenza, sulla compattezza. Sono
attratti al centro. Pure avendo come classe di riferimento una borghesia che ha
tutto da perdere, a volte sono interclassisti. Privilegiano la competenza e il
merito. Apprezzano la leadership autoritaria. Da un punto di vista politico
quelli che si autodefiniscono di destra tendono a conservare l'ordine esistente
e a identificarsi con il capitalismo. Coltivano il patriottismo e il
nazionalismo. Abbracciano un modello basato sull'ordine, la stabilità,
l'autorità, la gerarchia, i doveri, la nazione. Puntano sulla conservazione e
il riformismo. Valorizzano le élite e l'opinione dei migliori. Sono convinti
che la democrazia tende a degenerare in demagogia e anarchia per cui i
cittadini vanno diretti in modo autoritario, le decisioni vanno imposte e gli
esecutori debbono obbedire. Il potere è ritenuto fattore di coesione, che deve
restare nelle mani delle classi dominanti. Sono corporativi. Inclinano alla
leadership autoritaria e alla guerra. Il loro estremismo reazionario può
assumere forme eversive. Il complesso del cane randagio. Quest'identikit
rispecchia la cultura antropologica, non quella accademica della destra; si
riferisce alla massa, non alle élite. La cultura delle élite potrebbe essere
ricavata dai loro scritti prima ancora che dai loro comportamenti. Molti
politici scrivono. Tra i leader di sinistra, Conte ha pubblicato 24 libri,
Enrico Letta 19, De Magistris 4, Zingaretti 1. Tra i leader del centro, Renzi
ha scritto 12 libri, Calenda 3 e Berlusconi 1. Tra i leader di destra,
Sangiuliano ha al suo attivo 18 libri, Valditara 10, Nordio 8, Roccella 7, Musumeci
6, Urso 4, Casellati, Salvini e Giorgia Meloni 2. Anna Maria Bernini, essendo
ministra dell'Università e della Ricerca, ha creduto bene non scrivere nulla.
Ovviamente questi numeri non significano molto. Raymond Radiguet o Giuseppe
Tomasi di Lampedusa hanno scritto poco più di un solo libro ciascuno e sono
tuttavia celeberrimi entrambi. La Meloni, nella sua fortunata autobiografia Io
sono Giorgia (Rizzali) è generosa di citazioni paludate tratte non solo da
pensatori come Lao Tse, Scruton, Tolkien, Burke, Chesterton, Brague, Jùnger,
Croce, Guitton, Machiavelli, d'Azeglio, il cardinale Robert Sarah e i papi
Woytjla e Ratzinger, ma anche da poeti e romanzieri come Leopardi, Salgari,
Kipling, Stevenson, Rostand, Pasolini, Céline, D'Annunzio, Vietar Hugo,
Baudelaire, Dante, Tomasi di Lampedusa, De Amicis, Stephen King e Taleb. Però,
per agganciare il grande pubblico, oltre a usare uno stile piano e
accattivante, evoca protagonisti di serie tv come Sheldon Cooper di The big
Bang Theory o Carrie Bradshaw di Sex and City. E inizia ogni capitolo con versi
di cantautori non solo italiani come Jovanotti, De Gregori, Mia Martini,
Ligabue, Renato Zero, Battisti, De Angelis, Guccini, gli Aurora e De André, ma
anche di stranieri come Adele, Cat Stevens, Ed Sheeran, i Maroon 5 e Eddie
Vedder. Su quali basi fonda questa cultura di destra? Soprattutto su quel
complexo de viralata che lo scrittore brasiliano Nelson Rodrigues attribuisce
ai suoi connazionali. Il complesso del cane randagio e bastonato. Dal
dopoguerra in poi, l'egemonia della sinistra ha alimentato la convinzione
generale che la sua cultura fosse ricca, alta e raffinata mentre quella di
destra era marginale, rozza e popolare. Questo stereotipo ha finito per
convincere la stessa destra. Adriano Romualdi, allievo prediletto di Julius
Evola, noto intellettuale della destra radicale, ha così descritto questo
predominio della sinistra: "Esso risiede nel fatto che là esistono le
condizioni per una cultura, esiste una concezione unitaria della vita
materialistica, democratica, umanitaria, progressista ... Sempre ci si trova di
fronte a una visione unitaria dell'uomo, dei fini della storia e della società.
Da questa comune concezione trae origine una massiccia produzione saggistica,
storica, letteraria che può essere meschina e scadente, ma ha una sua logica,
una sua intima coerenza. Dalla parte della destra nulla di tutto questo. Ci si
aggira in un'atmosfera deprimente fatta di conservatorismo spicciolo e di
perbenismo borghese... A destra si brancola nell'incertezza, nell'imprecisione
ideologica". Il complesso di inferiorità culturale ha fatto bene alla
destra perché l'ha spinta a recuperare il ritardo mentre il complesso di
superiorità affossava la sinistra, inducendola a cullarsi sui suoi allori. Se
ora la sinistra ha perso le elezioni, la ragione forse più imperdonabile sta
proprio nel suo ostinato atteggiamento di boriosa, intollerante, spocchiosa
supponenza culturale nei confronti della destra. Questa superbia l'ha tratta in
inganno inducendola a snobbare la produzione intellettuale della destra e a
sottovalutare l'impegno con cui molti militanti di destra si sono sforzati di
colmare le proprie lacune. Sicché oggi molti militanti di sinistra non sanno
cosa ha scritto Gramsci mentre molti militanti di destra sanno cosa ha scritto
Evola. Come ho premesso, "destra" e "sinistra" connotano
parti contrapposte per cui è scontato che l'una non debba condividere la
cultura dell'altra, anzi debba contrastarla. Ma proprio per contrastarla con
successo è necessario conoscerne a fondo i contenuti senza mai sottovalutarne
la forza e il raggio di penetrazione. Chiedete a un parlamentare, a un
intellettuale, a un giornalista, a un militante di sinistra chi è Roger Scruton
o cosa ha scritto Ezra Pound e non saprà cosa rispondervi. In questi anni,
mentre la sinistra chiudeva le sue scuole di partito, i suoi giornali, le sue
case editrici, le sue librerie, la cultura di destra si diffondeva in modo
carsico attraverso social media, giornali, riviste, libri, case editrici, film
ed eventi di culto. Una miriade di gruppi di studio formali e informali ha
letto e commentato saggi e romanzi. Almirante dette vita a un apparato
culturale cui contribuirono riviste come Cultura di destra fondata da Plebe e
d' Asaro, L'Italiano diretto da Pino Romualdi, Civiltà diretta da Pino Rauti,
Futuro Presente diretto da Vintila Horia, La torre diretta da Giovanni Volpe,
Rivista di Studi Corporativi diretta da Diano Brocchi, La Destra fondata da
Claudio Quarantotto, Il Borghese di Longanesi, Candido fondato da Giovanni
Mosca e Giovannino Guareschi, cui vanno aggiunti molti altri periodici come
Linea, Elementi e Diorama letterario. Un discorso a parte merita Marcello
Veneziani. A partire dal 1970, quando pubblicò il suo primo libro La ricerca
dell'assoluto in Julius Evola, la sua produzione di "rivoluzionario
conservatore", pensatore coltissimo e scrittore raffinato, ha fatto da
battistrada alle migliori riflessioni di destra con oltre 40 libri che
rappresentano altrettante tappe nello sviluppo di quel, pensiero. Si prenda, ad
esempio, L'Antinovecento del 1996 dove veniva passata in rassegna la preistoria
e la storia di questo pensiero: da Nietzsche a Stirner, da Pareto a Michels, da
Jùnger a Schmitt, da Spengler a Mishima e Eliade, da Pound a Mounier e Ortega y
Gasset. Si pensi all'elogio della Tradizione tessuto nel libro Di padre in
figlio del 2001 dove sono denunziati con straziante nostalgia i guasti prodotti
dal letargo della memoria. Si pensi agli ultimi due saggi - La cappa. Per una
critica del presente e Scontenti. Perché non ci piace il mondo in cui viviamo,
entrambi del 2022 - in cui si consuma un lungo, opprimente itinerario nel
narcisismo solitario e patologico di massa che nasconde a noi stessi e Dio
opprimendoci con una cappa pervasiva, inaccessibile, sovrastante, automatica,
impersonale, avvolgente. Unica opportunità di sfuggirle: rifugiarsi in un
esilio interiore, praticare la "migrazione interna" teorizzata da
Trockij, sperimentata da Jùnger e da Heidegger, per "sottrarsi al carnevale
penoso e permanente in cui ci si trova a vivere, ai suoi obblighi e ai suoi
carri allegorici, rifugiandosi nella vita autarchica". Meglio ancora se si
tenta di perforare la Cappa con l'intelligenza critica e la passione ideale, in
compagnia di chi condivide il nostro cammino. Inglobato anche Pasolini. Nel
repertorio di Veneziani troviamo anche Dostoevskij e Pasolini perché la destra
ha via via inglobato molti personaggi sulla base di alcuni tratti parziali
della loro biografia: Nietzsche, ad esempio, è stato spesso considerato di
destra per la sua teoria dell'ultra-uomo e per l'immagine che ne coltivò la
sorella Elisabeth, fanatica di Hitler. George Orwell, essendo un democratico
socialista ma anche anti-stalinista, è diventato punto di riferimento della
destra estrema. Anche Pasolini è stato collocato nel pantheon della destra in
base al suo rifiuto del consumismo, ai suoi valori arcaici, al suo ribellismo.
L'avversione di Noam Chomsky contro la "dittatura sanitaria" e contro
tutte le illiberalità è bastata per farne un ideologo della destra libertaria.
Alla fine degli anni Settanta nacque la "Nuova Destra" di Stenio
Solinas e Marco Tarchi, sulla scorta della Nouvelle Droite di Alain de Benoist.
Per sua missione la politica avrebbe scalzato l'economia e lo Stato sarebbe divenuto
preminente rispetto al privato. Alle riviste serie si affiancarono quelle
satiriche come La Voce della Fogna e poi arrivarono i "Campi Hobbit",
raduni giovanili in cui si mescolavano musica e goliardia, fantasy e
riflessione. L'intento complessivo era quello di superare la contrapposizione
tra destra e sinistra sperimentando una terza via. Per la prima volta un
intellettuale di sinistra, Massimo Cacciari, divenne interlocutore di questo
gruppo. Seguiranno Marco Revelli e Nicola Tranfaglia. Verranno poi i quotidiani
di varia destra, dal Giornale di Montanelli al Foglio di Giuliano Ferrara e
l'enfasi su scrittori come Sgorlon, Arpino, Guareschi, Pitigrilli, Piovene,
Berto, Praz, Panfilo Gentile. Numerosa la serie delle case editrici: I libri
del No, le Edizioni Trevi, le Edizioni dell'Orologio e, recentissima, Giubilei
Regnani, mentre continuano le iniziative culturali e le attività di formazione
politica. Cito per tutte la Fondazione Farefuturo, presieduta dall'attuale
ministro per lo Sviluppo economico Adolfo Urso. La più recente produzione
culturale della destra resta ancora ignorata da parte degli intellettuali di
sinistra. Se si consulta Bibliodestre. Una Storia attraverso i libri
(1945-2010) di Mario Bozzi Sentieri, vi si trovano catalogate per ordine
alfabetico, cronologico e tematico centinaia di pubblicazioni riguardanti le
diverse "destre" che hanno segnato la storia italiana dal secondo
dopoguerra ai primi dieci anni del nuovo millennio. Ma già nel 2002 Marcello
Veneziani aveva pubblicato La cultura della destra, antesignano di molti altri
libri che hanno poi fatto il punto su questa variegata galassia ideologica. Nel
2011 sono usciti Storia della cultura fascista di Alessandra Tarquini e
Centrodestre di Tommaso Romano, Vito Mauro e Umberto Balistreri. L'anno
successivo, il 2012, è stato ristampato Intervista sulla destra di Giuseppe
Prezzolini. Nel 2018 Edoardo De Marchi ha pubblicato La destra e la cultura. Un
secolo di pensiero controcorrente e Francesco Giubilei ha pubblicato Storia
della cultura di destra. Dal dopoguerra al governo giallo-verde. Nel 2022 è
andato in libreria Cultura di destra e società di massa. Europa 1870-1939 di
Minimo Cangiano. Questi sono solo alcuni tra i tanti titoli che hanno
rinfoltito la già ricca biblioteca della destra in questi primi 22 anni del
nostro secolo. Proprio mentre, per la prima volta nell'Italia repubblicana, la
destra andava al governo e tutto legittimava l'idea che i suoi adepti fossero
in uno stato di irrefrenabile felicità, Marcello Veneziani mandava in libreria
il suo già citato libro Scontenti in cui analizza con il suo stile implacabile
la condizione delle masse passate via via dalla rassegnazione alla dipendenza e
poi, sfuggite al controllo del sistema, all'insoddisfazione. Ciò non significa
che siano infelici, malinconiche o inquiete. Significa che ogni scontento è
inappagato e che i suoi desideri crescenti liberano le sue energie rendendolo
vivo. "Il mondo - conclude Veneziani - si regge su
chi accetta la sorte ma cammina sulle gambe degli scontenti". Queste
mie riflessioni di uomo di sinistra sulla cultura della
destra mi rendono oltremodo scontento. Spero perciò che, per una qualche
eterogenesi dei fini, esse possano contribuire sia pure infinitesimamente, al
cammino della sinistra.
Nessun commento:
Posta un commento