Tema. “Le
verità, invecchiando, diventano errori” E.Ibsen.
Gli uomini hanno sempre avuto bisogno di ricercare
le cause dei fenomeni della vita, e di fare una completa ricostruzione del
mondo dalle sue origini.
È una necessità impellente dello spirito, tanto che
anche i cosiddetti scettici, che negano nell'uomo la facoltà della conoscenza,
si sforzano di provare qualche cosa, di ricercare qualche cosa, anche se negativa.
Perciò è avvenuto che ciascuna età, anzi, quasi ciascuna generazione,
raccogliendo e sintetizzando tutte le scoperte fatte fino allora, hanno cercato
di calmare gli animi affamati di assoluto, dando loro in pasto qualche sistema
di filosofia, che con ipotesi più o meno attendibili, cercava di colmare i
vuoti lasciati dall'esperienza. E così abbiamo visto succedersi una verità
all'altra, tutte evidenti, tutte credute, ma ciascuna escludente l'altra. Perciò
si potrebbe affermare che i sustrati di cui si compone la coscienza moderna,
sono formati da tante negazioni, un succedersi miracoloso di rovine, ma finora
nulla di assolutamente provato. Perciò, quando ci riflettiamo bene, l'uomo ci
appare un ben strano essere. Da migliaia d'anni si tormenta, si agita, ora
lieto ora triste, ora sventolando uno stendardo di vittoria e poco dopo
martoriandosi e macerandosi per una sconfitta, e si trova al punto di prima;
tutto ciò che ha sofferto non gli basta; le disillusioni non l'hanno cambiato;
egli è rimasto l'eterno fanciullo che si diverte con la sabbia, e che vorrebbe
vincere in costanza il vento che gli distrugge le sue costruzioni. Se
osserviamo infatti quante delle affermazioni che sono state fatte da che mondo
è mondo, si sono salvate dalla distruzione, vediamo che tutto il lavoro fatto
finora è stato vano: la scienza stessa, che a taluni può sembrare dea e regina,
non si è salvata da questo lagrimevole fato: non sono molti anni che il
Brunetière affermava la sua débacle. Rattrista il pensare solamente che queste
credute verità sono state causa di aspre lotte, di stragi e di rappresaglie feroci;
la parte più bestiale dell'uomo che pare sia statica e conservatrice, ha sempre
mostrato le sue brutte qualità nel tentativo di distruggere ciò che invece vi è
di dinamico e di progressista. La credenza Tolemaica e Aristotelica che la
terra fosse il centro dell'universo, perché l'uomo, che è la cosa più perfetta
vi abita, servì per quasi duemila anni; accontentò gli animi e fu certo una
verità, perché verità sono quelle credute tali dagli uomini, e nessuna fu più
creduta di questa. Noi che l'abbiamo superata, ne vediamo il difetto organico,
che si collega a tutto un sistema di civiltà individualistica; non possiamo però
vedere se la verità che abbiamo sostituito, abbia qualche altro vizio; perché
si ha un bel dire che ora gli strumenti scientifici sono perfezionati; chi
adopra lo strumento è sempre l'uomo, ed egli non è affatto cambiato. Altra
verità che nei tempi ha avuto varia fortuna è l'esistenza di Dio; ed è quella che
ha fatto più male agli uomini: aveva questo pregio, grandissimo per molti: che
riempiva stupendamente tutti i vuoti, e dava il balsamo consolatore agli animi
esasperati dalla ricerca. Ma doveva sorgere un cervello possente di
ragionatore, e Emanuele Kant decapitò il vecchio Dio: la sepoltura ancora non l'ha
accolto, e il cadavere bene immummificato di tanto in tanto dà qualche
pizzicotto agli uomini. E anche nella vita moderna molte cause degli squilibri,
delle aberrazioni che si verificano, bisogna ricercarle in alcune di quelle
verità che sono invecchiate e non ci accontentano più; ma tuttavia
ufficialmente sono ancora verità e bisogna rispettarle; se no tutte le oche più
o meno oche del Campidoglio strillerebbero noiosamente. Tutta la vita sociale è
basata su queste piccole ipocrisie e su questi accomodamenti; agli ido1i di
bronzo e di legno si sono sostituiti idoli morali o intellettuali. Tutti i
rammolliti e gli imbecilliti nelle vaghe illusioni e nelle sottili convenienze
si oppongono a un rinnovamento, e tutto ciò che di sano e di vitale esiste si
agita senza trovare via d'uscita, impastoiato o invischiato da questo viscidume
che avvolge ogni cosa. Ma l'uomo che tende a non so quali ignoti destini saprà
abbattere anche questi pregiudizi, o queste verità che siano, e se ne formerà
altre che saranno migliori e più razionali di quelle passate. Abbiamo superato
ben altre età e ben altre credenze: e sempre queste sono andate raffinandosi,
perfezionandosi; la vita è in continuo divenire: solo così può giustificarsi
questo fatto dell'eterno errore. Tutte le età non sono altro che periodi di
transizione, e sono passate con tutto il loro bagaglio di pregiudizi e di
errori; nessuno potrà mai dire se giungeremo all'annullamento o alla
deificazione.
Passan le glorie come fiamme di cimiteri,
Come scenari vecchi crollan regni ed imperi:
Carducci -A Victor Hugo
altre glorie si sostituiscono e altri domini,
e tutti si credono eterni e incrollabili, sebbene siano sorti da una rovina. È
l'eterna natura che ci dà quest'illusione per farci vivere.
“Il giudizio dell’insegnante V. A. Arullani ed il
voto”. “Lavoro pieno di maturità nei pensieri, e di forma quasi ugualmente
lodevole”. [Voto] 8+/10
“La chiosa al Tema di Gad Lerner”. Anche
il severo professor Arullani si lascia andare e concede un 8+ a questo terzo
tema inedito di Gramsci che è forse il più bello, di certo il più orientato al
futuro grandioso e tragico che lo aspetta. "Si sente qua e là la mossa
d'ali dell'aquila", ebbe a dire Palmiro Togliatti nel 1949 commentando
all'università di Torino i "compiti liceali" già noti del futuro dirigente
comunista. Se, cimentandosi con la citazione di Ibsen, Gramsci sembra
anticipare precoce-mente la visione storicistica delle trasformazioni sociali
che ancora oggi lo annovera tra i pensatori marxisti più influenti della sinistra
mondiale, è perché egli rifugge ogni forma di dogmatismo. Lo appassiona lo
studio dei "sustrati di cui si compone la coscienza moderna", non
esita a riconoscere 1a débacle della scienza, ma, immerso nelle contraddizioni
di una società ingiusta, mai gli viene meno la curiosità intellettuale che lo porta
a confrontarsi con l'influenza dei pensatori idealisti. Non a caso il giovane
liberale Piero Gobetti ne resterà affascinato: le scienze dello spirito trasferite
nella prassi arricchiscono il marxismo, liberato dai suoi vincoli economicisti,
facendone uno strumento di lotta politica in grado di pervenire all'egemonia
culturale. Nel tema su Ibsen, però, Gramsci non rinuncia a esprimere con
durezza le sue convinzioni radicali. Dichiara superata "la tendenza
Tolemaica e Aristotelica che la terra fosse il centro dell'universo". E riconosce
al "cervello possente" di Immanuel Kant il merito di aver decapitato
"il vecchio Dio", anche se "la sepoltura ancora non l'ha
accolto, e il cadavere bene immummificato di tanto in tanto dà qualche
pizzicotto agli uomini". Riprenderà il concetto nel 1919 su L'Ordine
nuovo, elogiando gli "uomini che attingono nella propria coscienza i
principi della propria azione, uomini che spezzano gli idoli, che decapitano
Dio". Il contrario - scrive qui, solo ventenne - di coloro che,
"rammolliti" e "imbecilli", opponendosi al rinnovamento,
restano invischiati nel "viscidume che avvolge ogni cosa". La sua
idea di democrazia di base, concretizzatasi nel movimento dei consigli di
fabbrica, distinguerà per sempre il pensiero di Gramsci dalle degenerazioni
verticistiche che prenderanno piede nel suo partito. Dobbiamo essergliene grati
ancora oggi che la politica di sinistra sembra aver reciso i suoi legami
naturali con il mondo degli sfruttati e degli oppressi.
P.s. Testo del terzo “tema” inedito di Antonio Gramsci
(1911) riportato su “il Fatto Quotidiano” del 26 di giugno 2022 col titolo «Gramsci,
le false verità e la lotta al “viscidume” che avvolge tutto».
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