Tratto da “La
scorta di Enrico” di Luca Telese – Solferino editore, pagg. 416, euro 22 – riportato
su “il Fatto Quotidiano” – “Ed Enrico
dice alla scorta: Sisma a Napoli, andiamo” – di oggi mercoledì 27 di luglio
2022: “Enrico posso parlarti?" Al telefono della macchina è una voce
inconfondibile. È Antonio Bassolino. "Cosa succede?". Non era normale
che una chiamata arrivasse in macchina così. Di domenica. Non era normale quella
voce (È il 23 novembre 1980 e racconta Bassolino). "Ero a casa, leggevo:
improvvisamente tutto iniziò a ballare. Mia moglie mi grida: 'Antonio!' e poi
corre in camera, avvolge nostro figlio in un asciugamano e scappa. Io ammiro la
sua prontezza di riflessi, maledico che non posso seguirla. Mi attacco al
telefono e inizio a chiedere notizie a tutti i compagni delle federazioni e
delle province. Quelle che emergono sembrano le descrizioni di una tragedia biblica
(...). Ma i soccorsi non arrivano". Il punto è che i media ignorano la
catastrofe. Anzi, accade di peggio: "Ricordo il Tgl di quella sera"
spiega Bassolino "che relegava il terremoto alla sesta notizia, per di più
sbagliando: 'Grave scossa a Eboli, provincia di Potenza'". (...). Così
Bassolino chiama Botteghe Oscure. Gli passano Pio La Torre (...). Bassolino gli
dice: "È una catastrofe". La Torre ribatte: "Fatti un'idea. Poi
informa il segretario". Bassolino esce di casa. Prima va a vedere cosa è
accaduto a moglie e figlio. Li trova in piazza. (...). "Corro a piedi
all'Unità, Napoli è nel caos: donne in fuga dai Quartieri Spagnoli, disperate
con i figli in braccio, grida...". Con due giornalisti della redazione,
Rocco DiBlasi e Vito Faenza, va in auto a cercare l'epicentro. (...). Non c'è
più nulla. L'ospedale nuovo è accartocciato su se stesso, con le persone sotto e
la gente che scava con le mani. "Niente soccorsi, lo Stato non c'era
più" conclude Bassolino. "Chiamo Berlinguer e gli dico: 'Enrico, ci
sono migliaia di morti", Ed ecco a cosa servivano i partiti, la politica,
le scorte, i militanti, in un'Italia che oggi non esiste più. Menichelli
(membro della scorta di Berlinguer) ricorda che stavano tornando a casa. E che
Berlinguer chiede agli uomini che sono con lui: "So che siamo stanchi. Mi
spiace. Ma debbiamo andare a Napoli". Subito dopo fa un'altra cosa, che si
rivelerà decisiva. Chiama Sandro Pertini: "La situazione è
drammatica" dice al presidente della Repubblica. Pertini non aspetta un minuto
e fa una sfuriata storica, con un celebre intervento in diretta al Tg2:
"Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci.
Ancora adesso dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di
sepolti vivi. Lo Stato deve intervenire subito". In un Paese che non ha
ancora capito la gravità dei fatti, persino l'inquilino del Quirinale viene
sommerso dalle critiche. (...). Pertini è inarrestabile: nonostante il parere
contrario di Forlani, del Consiglio dei ministri e dei suoi consiglieri parte
in elicottero sui luoghi della tragedia. Anche il segretario e la scorta sono partiti
da Roma. (...). Molti di quelli che incontrano nella loro via crucis piangono e
applaudono quel corteo: è uno scenario incredibile. Berlinguer non dice nulla.
Bassolino rimane colpito da un'immagine: "A un certo punto lo vedo
passeggiare, in controluce, davanti a tutti, come un Cristo fra le macerie. La
sua figura minuta, sulle rovine". Anche Otto Grassi (membro della scorta)
ricorda quel giorno. (...). E poi per lui c'è la preoccupazione della
sicurezza. "La notte, date le condizioni, ci dobbiamo dividere perché non
c'è una sistemazione che possa andare per tutti. Io mi ritrovo a dormire solo
in una stanza con Berlinguer che riposa in quella a fianco. "Un pensiero
lo tormenta. E se arrivassero degli estranei? E se qualcuno pensasse di poter
colpire il segretario? È stanco per il viaggio e ha paura di addormentarsi.
Così gli viene un'idea. Bussa alla porta di Berlinguer e gli chiede se può
dargli i giornali della sua mazzetta. (...). Otto agguanta il pacco, esce,
inizia a sfilare le doppie paginone una a una, e poi le piega come si fa con gli
origami per dar loro forma evo-lume. Le distribuisce nel corridoio, tappezzando
il pavimento. Quando ha finito, si è formato un tappeto di carta di due strati,
che parte dalla porta dall'ascensore e non si può superare in alcun modo, se si
tenta di arrivare alla stanza del segretario. Se qualcuno, invece di
calpestarli, cercasse di raccogliere i fogli, sarebbe comunque costretto a fare
rumore. Otto sa bene di avere un sonno leggerissimo e si mette sul letto
vestito, estraendo la pistola dall'ascellare e tenendola sotto il cuscino. (...).
Di prima mattina, un rumorino quasi impercettibile. Otto tende l'orecchio. Poi
il suono di un passo. Esce nel corridoio con la pistola puntata su una sagoma:
un uomo che di spalle si sta avvicinando alla porta di Berlinguer: "Tu
adesso, bello, ti fermi, posi tutto quello che hai in mano, e ti volti, con le
braccia bene in vista, così non si fa male nessuno". La sagoma si ferma.
Si gira, e poi si illumina di un sorriso: "Ho pensato di portare i
giornali a Enrico". È Antonio Bassolino.
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