"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 20 luglio 2022

Notiziedalbelpaese. 65 «Massimo Troisi e Roberto Benigni nella lettera a Savonarola, “Noi ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi, senza chiederti nemmeno di stare fermo”».

 

Tratto da “Appelli. Sgusciatori di cozze, marziani e parcheggiatori: tutti pazzi per Mario” di Alessandro Robecchi pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, mercoledì 20 di luglio 2022: Coraggio, smettetela coi cardiotonici e le cure per l’ansia, oggi sapremo. In questa gloriosa giornata di luglio, infine, si spera, conosceremo la nostra sorte: se potremo continuare a vantarci di essere la Superpotenza che conosciamo, quella con Brunetta ministro, oppure se sprofonderemo nel baratro dei popoli tristi e imbelli che – con grande spregio della democrazia – si avviano alle elezioni dopo una crisi di governo innestata dalle dimissioni di un capo di governo con fiducia abbondante e maggioranza parlamentare sicura. Ma intanto, godiamoci la festa di popolo in sostegno di Mario Draghi: manifestazioni oceaniche in tutta Italia, da Roma a Milano, poderose e immense, alcune in grado di occupare addirittura due panchine, e il resto in piedi, fino a quarantadue persone (ventotto secondo la questura). Dunque siamo ancora – fino alle comunicazioni alle Camere di oggi – con un piede nella Gloria e uno nella Disgrazia, per metà illuminati dal faro della Saggezza e per l’altra metà avvolti dal buio delle Tenebre. Speriamo bene, sarebbe un delitto perdere il “Bonus zanzariere e tende da sole” (detrazione Irpef 50 per cento fino a 60.000 euro nel 2022) o il “Bonus condizionatori” (detrazione Irpef 50 per cento fino a 10.000 euro), il Paese non se lo può permettere. In più c’è la guerra, quindi niente crisi (come in Gran Bretagna, barbari) e niente elezioni (come in Francia, dilettanti). Ma portiamoci avanti col lavoro: cosa resterà di questi giorni furenti e spaventosi? Forse l’appello di Emanuele, senzatetto romano, che confermando la sua presenza alla manifestazione con decine e decine di persone, assicura (virgolette a cura di AdnKronos) che “Mario Draghi ha fatto molto per noi clochard”. Per fortuna oggi sapremo, meno male. Così ci evitiamo il nuovo strabiliante ritrovamento delle mirabili iscrizioni di Pompei: “Mane nobiscum, heroicum Mario”, nella ritrovata villa sede della Confmiliardari distrutta dal Vesuvio. E forse ci risparmieremo anche il misterioso suono captato dalle profondità dello spazio – pare venga dalla Ztl della galassia di Andromeda –, un ipnotico ripetersi di impulsi che ha viaggiato nel buio stellato per dodici miliardi di anni e che ora, tradotto, suona così: “Resta, Mario Draghi, unico terrestre competente”. Ancora due giorni di thrilling e le avremmo avute sicuramente, forse insieme alle accorate preghiere delle poche categorie che mancano all’appello dei firmatari di appelli: “Rapinatori di banche per Draghi”, “Sgusciatori di ostriche per Draghi”, “Ausiliari della sosta per Draghi”, mai visto un popolo più compatto dietro alla sua punta di diamante. Forse servirà un po’ di distanza per apprezzare le impennate popolari di questi giorni, il fremito democratico, la rabbia di quella decina di milioni di italiani che non vogliono perdere il privilegio dei loro mille euro lordi al mese ottenuti dopo otto ore e più di lavoro svolto con la gioia di chi sa di essere utile al Paese. E si capisce che nei sogni della parte sinistra del draghismo-dadaismo si faccia strada il sogno definitivo di una grande manifestazione, immensa e infinita, dei “Lavoratori poveri per Draghi”, aperta da un enorme striscione: “Grazie di tutto”. Sogni, appunto, che svaniranno oggi, quando sapremo se i nostri appelli hanno funzionato, e se quella firma finale (cfr: Massimo Troisi e Roberto Benigni nella lettera a Savonarola), “Noi ti salutiamo con la nostra faccia sotto i tuoi piedi, senza chiederti nemmeno di stare fermo”, avrà raggiunto il suo obiettivo. Di seguito, a firma di Filippomaria Pontani, “La retorica dei lecchini da Costantino a Draghi”, sempre su “il Fatto Quotidiano” di oggi: “Dov’è questa nostra repubblica? L’augusto tuo aspetto, la illimitata nostra venerazione, il tuo e l’universale silenzio, appien mi rispondono che la repubblica è in te; in te solo: e che in te, per favore speciale dei numi, degnamente sta tutta” (V. Alfieri, Panegirico di Plinio a Traiano). Fioriranno gli studi sugli antichi panegirici imperiali, da quello celebre di Plinio il Giovane a quelli per Costantino, Giuliano e Teodosio nel IV secolo: non ricordo infatti un momento storico in cui così tante vie di encomio e di adulazione venissero praticate dagli oratori più diversi, in tanti appelli fotocopia: Egli è un pater familias che protegge il suo popolo (“porta avanti riforme e investimenti per chi ha bisogno di assistenza e cura”, lanciano i sanitari); è il comandante in capo invitto in tempo di guerra (e “le tensioni geopolitiche che non accennano a diminuire”, ricordano gli operatori della logistica); è colui che assume su di sé l’onere del governo controvoglia, come unico possibile garante della concordia sociale (“Si rifugiò nel tuo seno la repubblica vacillante”, caro Traiano, e “principe non ti ha fatto la tua ambizione, ma l’altrui vantaggio”: la lettera di Scurati sul Corriere di lunedì è tutta così); è colui che per la sua liberalitas ha a cuore il bene di tutti, e apre a una nuova età dell’oro (sotto Costanzo “il calore del sole fa rivivere messi abbattute dalle piogge”, e Lui ci salverà dalla siccità e dalla crisi climatica); ogni suo oppositore – per lo più additato con definizioni sprezzanti (“pirati”, “bande senza speranza”, “ usurpatori”) – si oppone in realtà al bene comune, e mette alla prova la patientia del capo. Non c’è bisogno di insistere sull’alterità radicale tra questo genere di retorica personalistica e i valori fondanti della Repubblica, tanto più a pochi mesi da un altro passaggio in cui analoghi – ma più misurati – toni messianici erano stati riversati su Sergio Mattarella. Il caso presente è più grave non solo per la funzione istituzionale coinvolta, ma anzitutto perché l’Unto non è mai passato dall’investitura elettorale, ricoprendo sempre ruoli apicali scevri di diretta legittimazione democratica. Tra i temi ricorrenti negli appelli a Mario, vorrei sottolinearne due: il princeps è il garante di un saeculum aureum e come tale deve vivere il più a lungo possibile, perché il suo venir meno provocherebbe disastri (“ti piaccia, Giove, conservarlo ai nostri nipoti e pronipoti”; Draghi deve restare perché senza di lui “ci sono le condizioni per una tempesta perfetta”, si argomenta sul Sole 24 Ore); il princeps è un exemplum, un modello indiscusso per tutti gli altri cittadini, in particolare chi farà parte della classe dirigente (“hai anche soggiunto che se taluno avesse bisogno di esempi imitasse te”, dice ancora Plinio). Scelgo questi due motivi perché essi sono al centro dell’appello del presidente della Crui (il rettore del Politecnico di Milano Ferruccio Resta), il quale si fa araldo non solo dei rettori che dirige (e che non credo abbia consultato), ma anche di tutti i docenti e gli studenti degli atenei italiani proclamando prima che “l’università ha bisogno di Lei” e che “una barca senza timone va alla deriva”, e poi che ai giovani del nostro Paese “dobbiamo fornire modelli positivi”, perché essi “hanno bisogno di esempi da seguire e di riferimenti da ricordare”. Che simili esternazioni provengano da chi è chiamato a presidiare i valori repubblicani, della critica e del pluralismo (e forse, semmai, a esortare i giovani a cambiare il mondo lasciato da Draghi e dai suoi pari, non a riprodurne i percorsi), è motivo di sconcerto. Come hanno mostrato vari studi, in età imperiale i panegirici non erano semplici atti di omaggio: attorno a essi – o meglio tramite essi – si costruiva e si consolidava il potere dell’imperatore, che aveva bisogno di garantire la propria autorità non attraverso meccanismi istituzionali stantii o inesistenti, bensì tramite la conclamata adesione delle élite cui gli stessi retori appartenevano. Ciò che colpisce ora, nella moltitudine delle preghiere affinché Mario resti, è proprio il posizionarsi, del tutto dis-intermediato nell’assordante delegittimazione del Parlamento, di diversi attori sociali attorno non già a un’idea o a un programma, bensì a una persona. È il pendant di quel moto di disgregazione della civitas in un bellum omnium contra omnes tra monadi sociali (anche atomizzate e poco rappresentative) che la fine analisi di Joseph Vogl (Capitalismo e Risentimento, Beck 2021) individua nell’attuale trionfo del finanz-capitalismo digitale, capace di tradurre le dinamiche di potere in un rapporto tra leader e follower. Il Traiano di Alfieri, per la cronaca, sceglieva alla fine di sottrarsi all’impero e, “come sola dignità veramente onorevole di uomo, di essere e farsi cittadino di Roma”.

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