“Della irrilevanza delle opinioni”. Ha scritto Evelina
Santangelo in “Limite” pubblicato
sul settimanale “L’Espresso” del 3 di luglio 2022: Oggi viviamo nel tempo in cui
«tutte le opinioni sono vere» per dirla con il sofista Protagora. La tecnologia
con gli smartphone ha eliminato dalla nostra quotidianità la fatica
dell’apprendimento. E in Rete troviamo, almeno in potenza, tutto lo scibile
umano. Peccato che averlo a disposizione non significhi affatto possederlo. E
comunque quale migliore "illusione di sapere" che andare in giro con
tutto lo scibile umano in tasca? Fine della mediazione culturale, dei maestri,
della distinzione tra continua verifica e intrattenimento, tra ozioso scorrere
pagine digitali e ricerca a fini conoscitivi. Sì, perché sapere o conoscere non
coincidono con l'accumulo illimitato di informazioni come invita a fare la
Rete, da consultare rapsodicamente senza un metodo, un'ipotesi da verificare,
un senso da ricercare. Eppure viviamo in un'epoca in cui districarsi nel mondo,
averne una concezione, oltretutto condivisa, è diventato impossibile. O
comunque necessita di un sapere non illimitato, ma vasto, aperto, fondato su
sinergie di saperi, su comunità scientifiche che si verificano vicendevolmente,
consapevoli dei limiti, dei margini di errore, della capacità mimetica
dell'impostura tra le imperanti falsificazioni. Invece sperimentiamo un
dilettantismo di massa che proprio perché fragile cerca alleati e credibilità
nella ripetizione ossessiva come fosse un mantra. Un surrogato di sapere che si
avvale anche di una buona dose di violenza perché, non avendo senso del limite,
si crede indiscutibile, assoluto, potente, garantito dalla quantità di fedeli. Di
seguito, “Dagli influenti agli
influencer” di Filippo Ceccarelli, pubblicato sul settimanale “il Venerdì
di Repubblica” del 24 di giugno ultimo: (…). Fra passato e distopia torna utile il
vecchio dizionario etimologico che rimanda al verbo latino
"in-fluere", scorrere dentro, pure avvisando che il primo a parlare
di influssi politici, patologici e astrologici fu - guarda guarda - fra
Girolamo Savonarola. Così quando, cinque secoli dopo, Andreotti fu chiamato a
dar conto della cinica massima sul potere che logora chi non ce l'ha, ecco,
sembra proprio di ricordare che "il Divo" cercò di togliersi
d'impaccio sostenendo che in verità non solo i politici disponevano del potere,
ma sempre più spesso questo sarebbe toccato a figure esterne capaci di
esercitare un'indubbia "influenza" - eccotela là - sulla vita
pubblica. Tutto lascia credere che oggi Andreotti non direbbe "gli
influencer", preferendo semmai "gli influenti" - che peraltro
non suona affatto male. Come tutte le trasformazioni epocali la loro ascesa è
inscritta nel cammino della Storia, tanto più sostenuto quanto inavvertito; per
cui la pressione senza regole verso l'inesauribile e l'illimitato è figlia sì
del salto tecnologico, ma anche del primato dell'economia, della pubblicità e
degli spettacoli, alla faccia del conflitto d'interessi. Senza Berlusconi,
d'altra parte, non ci sarebbe stato Renzi, e senza Renzi non avremmo né Grillo
né Salvini; di qui la catena dell'avvicendamento porta al partito dei Ferragnez,
(…). A proposito l'autore cita a buon diritto la "connessione
emotiva" che necessariamente si stabilisce tra gli influenti e i loro
seguaci-consumatori; ma di nuovo l'espressione ricorda molto da vicino quella
"connessione sentimentale" che Gramsci poneva alla base dei partiti.
Così, tra interessi miliardari, vicissitudini algoritmiche e inesorabili
manipolazioni; fra galoppini cinesi, russi e sauditi, Stefano Feltri pone gli
influenti sul bancone anatomico e freddamente sviscera il prezioso segreto
dell'euforia social per cui di norma l'autenticità è fasulla; e quindi, al
solito, guai agli ingenui. Quanto alla ricerca di antidoti, più che alle leggi
meglio affidarsi al principio secondo cui ogni grande sommovimento ha in sé il
suo contrario; in genere la Storia, o se si preferisce Dio, vede e provvede.
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