"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 11 luglio 2022

Memoriae. 28 Folco Terzani: «"Io ci sarò nell'aria, chiudi gli occhi e vienimi a cercare" furono le sue ultime parole a Saskia, mia sorella».

 

A lato. "Dialogo con il padre", disegno di Folco Terzani.

Ha scritto Bernardo Valli in “Con i Terzani nei mari del Sud” pubblicato sul settimanale “L’Espresso” di ieri, 10 di luglio 2022:

(…). Quello dei Terzani Staude era ampio: vi vivevano i genitori, Tiziano e Angela, e i figli ancora piccoli, Folco e Saskia, con le loro governanti o cameriere cinesi, coinvolte nella famiglia. (…). Il loro bungalow era il nido della famiglia nel quale trovavo una calorosa, allegra ospitalità, dopo un breve tirocinio durante il quale penso di essere stato valutato. Ero uno scocciatore? Invadente? Noioso? Il verdetto fu positivo poiché ben presto fui accettato anche a Rawa, l’isoletta al largo della costa malese, di fronte al porto allora modesto di Mercing. Il quale era un po’ più di un paio d’ore da Singapore. A Mercing si lasciavano le automobili e si noleggiava una barca a motore che ti sbarcava dopo una breve traversata sulla spiaggia di Rawa dove non c’erano alberghi ma baracche di legno. Larghe capanne sgangherate, anche a due piani, come in un’isola abbandonata. Era un paradiso. Se i rispettivi giornali (Spiegel per Tiziano, il Corriere della Sera per me) ci cercavano chiamavano il porto di Mercing che ci avvertiva tramite la prima imbarcazione diretta a Rawa. Angela a Rawa era regina. Lo era a modo suo. Con una grazia e una bellezza molto speciali. Amava ormai da anni Tiziano. Lo aveva sposato e reso padre due volte. I due personaggi erano in apparenza diversi. Angela veniva da una famiglia tedesca colta e non convenzionale. Lei stessa l’ha descritta così, il padre noto pittore e la madre architetta. Angela amava, ama, la poesia, ne sono certo, e la letteratura classica. Lui apparteneva a una famiglia toscana umile. Si era laureato a pieni voti alla Normale di Pisa, frequentata con una borsa di studio, ed era poi stato allievo di un’università americana, sempre per concorso, dove aveva studiato la storia cinese. Angela aveva dato al giovane esuberante e studioso l’eleganza delle sue origini familiari. L’aveva in un certo senso domato. Essendo lei stessa stata domata dalla pronta intelligenza (e dalla prestanza) del marito. La romantica tedesca cresciuta in Italia aveva scelto bene nella sua patria d’adozione. Non ho mai visto un’acqua più bella di quella del mare (Meridionale di Cina) di Rawa. Spero lo sia ancora. Ma il turismo e la pesca industriale avranno fatto danni. Angela, Tiziano e io, tenendo in braccio Saskia e Folco, restavamo tra le onde per ore accarezzati da migliaia di pesci per nulla disturbati dalla nostra vistosa presenza. Ce n’erano di tutte le forme e di tutti i colori. A me piaceva guardare i miei amici nuotare in quel paradiso: sembrava di assistere a un’unione tra il mare e noi esseri umani attraverso quella massa multicolore che ci abbracciava amica. 

Di seguito, "Così Tiziano, mio padre, si è congedato da noi", intervista di Simonetta Fiori a Folco Terzani pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” di ieri: (…). Suo padre le ha insegnato come ci si inventa la propria vita, ma anche come si muore. «S'è congedato alla maniera dei vecchi saggi, ma senza mai ricorrere ai testi sacri piuttosto alla sua vita di reporter. Forse l'eccezionalità sta proprio qui: il babbo è approdato a una sapienza antica, quella che si pone le domande fondamentali, non diventando buddista, facendosi cristiano o convertendosi all'Islam ma attraverso il mestiere più contemporaneo del mondo che è il giornalismo».

Diceva che la vita l'aveva vissuta da ogni lato, tra guerre e rivoluzioni. E che la morte in fondo era l'unica cosa nuova che gli poteva succedere. «Stranissime parole per un figlio. Ma è come se volesse darmi l'idea della rinascita connessa alla fine. Come se volesse dirmi che la vita non si esauriva con la sua estinzione fisica. Non usava mai il verbo "morire", ma "lasciare il corpo". Niente finisce, tutto si trasforma. Lui si sentiva parte della vita cosmica. "Io ci sarò nell'aria, chiudi gli occhi e vienimi a cercare" furono le sue ultime parole a Saskia, mia sorella».

Ma questo insistere sulla sua serenità non era anche un modo per rassicurarvi? E rassicurare se stesso? «Sì, forse era anche il suo modo di darsi coraggio. All'ultimo incontro pubblico per la riedizione di Un altro giro di giostra, fu avvicinato da un lettore abbastanza disperato: signor Terzani, io ho il cancro e per me è una tragedia. Lei come fa ad affrontarlo in modo così sorridente? E lui rispose: la morte si affronta da vittima o da eroe. Io ho scelto di affrontarla da eroe perché da vittima fa più male».

Diceva di sentirsi distaccato dagli oggetti e dalle persone. Sua madre Angela glielo domanda un po' sgomenta. «È bellissimo quel passaggio in cui lui le risponde che non ha più paura di perdere le persone perché è già in un'altra dimensione. Mia madre era stata la sua compagna di viaggio, una delle tre grandi fortune senza le quali il babbo non sarebbe stato chi era. L'ha ripetuto fino alla fine: lei era il suo giudice di moralità e drittezza. Le altre due cose erano Der Spiegel, il giornale che gli aveva dato la libertà, e la casa dell'Orsigna».

In realtà fino all'ultimo non vi ha lasciato un momento. La scelta di raccontarle la sua vita non è anche un modo per tenerla stretto a sé? Un filo di seta intessuto di parole che vi tiene legati per la vita... «Non credo che ci abbia voluto tenere legati a sé e alla sua memoria, ma alle cose essenziali della vita, al pensiero delle questioni eterne: nel mondo occidentale abbiamo abbandonato quel genere di domande, liquidando la morte come tabù».

Suo padre si è spento quando lei ha smesso di fargli delle domande. C'è una relazione? «Forse sì. Esiste una coscienza con cui uno lascia il proprio corpo: la puoi tirare più a lungo o tagliarla corta. Il babbo è riuscito a morire dove voleva, quando voleva, con tutta la famiglia intorno a sé. Prima di andarsene ha aspettato che ci fossimo tutti, anche i nipoti. E ha aspettato che il nostro libro fosse finito».

Tra rivoluzioni e guerre nell'Estremo Oriente è stato uno dei grandi testimoni del Novecento. Ma dalla Storia grande è poi voluto fuggire, rifugiandosi sull'Himalaya. «Comprese che le rivoluzioni non servono a nulla se non cambia la natura umana. Tutto si ripete - massacri, guerre, miserie - se l'uomo non rinuncia alla violenza, all'egoismo, al dominio della materia, al profitto. Credo che questo sia stato il suo ultimo comandamento: cambiare se stessi».

Lui ci riuscì? Lo vide davvero cambiare? «Si arrabbiava sempre di meno. Aveva un carattere battagliero, spinto da una fisicità imponente: non escludo che abbia potuto incutere timore ai suoi capi. Ma poi cominciò pian piano a ritirarsi in sé stesso. Come se non volesse più vincere a tutti i costi, avendo trovato altrove il suo centro di gravità».

Riconosce - e le chiede scusa - di essere stato un padre ingombrante: alto un metro e 86, sempre in prima fila, sempre vestito di bianco, sempre con la battuta brillante. «Molto ingombrante sì: in una stanza con dieci persone ti accorgevi solo del babbo. Ma è stato anche un grande padre, capace di tenere la famiglia unita. Sempre molto responsabile, sia sul piano intellettuale che su quello pratico».

Illuminante la battuta del vecchio sull'Himalaya: "Il giorno che romperò il tuo ego, il puzzo arriverà fino al cielo". «Ah sì, molto sicuro di sé, si prendeva tantissimo spazio. Mia madre Angela dice sempre che il segreto del loro amore era nell'equilibrio tra grandi presenze e grandi assenze».

Fu uno straordinario affabulatore ma alla fine della sua vita elogiò il silenzio. «Ha sempre cercato la verità. La sua stessa definizione di giornalismo è "viaggiare nel mondo alla ricerca della verità". La sua idea del mestiere si nutriva di conoscenza ed esattezza. Ma poi ha capito che esiste un'altra dimensione in cui trovare la verità, oltre le apparenze di questo mondo».

Qual è stato il filo della sua vita? «Quello di un ragazzino povero che cerca il proprio e l'altrui riscatto prima nelle guerre di liberazione nell'Estremo Oriente, poi nella rivoluzione comunista cinese, più tardi nella modernità del Giappone. Ma poi capisce che non è da nessuna parte la soluzione sociale a cui lui aspirava, tanto meno a Tokyo, dove la società moderna disumanizza l'uomo. E allora comincia il viaggio dentro sé stesso levandosi dal mondo».

Durante la conversazione finale ci sono stati momenti difficili? «A un certo punto è esploso tra noi un grande litigio. Io ero molto a disagio, ma sarebbe stato innaturale non scontrarsi con il babbo. E per la prima volta ho vinto io, forse perché lui era debole. L'ho visto sorridente e gli ho chiesto perché. "In tutta la mia vita ti ho protetto, ma vedo che sei abbastanza forte per proseguire da solo". Ora poteva andarsene sereno».

1 commento:

  1. "... Allora forse è il momento di pensare che la sola rivoluzione che è possibile fare è dentro di noi, cominciare da noi". "Bisogna forse accettare una volta per tutte che il centro è dentro di noi e che solo una grande rivoluzione interiore può cambiare le cose, visto che tutte le rivoluzioni fatte fuori non hanno cambiato granché". "È il momento di uscire allo scoperto, è il momento d'impegnarsi per i valori in cui si crede. Una civiltà si rafforza con la sua determinazione morale, molto più che con nuove armi "." Vi prego, riscoprite la voce del cuore, la testa è bella, la testa è importante, ma la ragione non è tutto! Dobbiamo ascoltare il cuore e il cuore che parla con la voce uguale. Musulmani, Cristiani, il cuore è uguale dappertutto : non c'è un cuore orientale e un cuore occidentale, non c'è una psiche orientale e una psiche occidentale: noi siamo dentro la psiche che è uguale dappertutto. La vita è una, una! Questa piccola straordinaria vita è parte di una cosa meravigliosa, dell'universo... ". " La vera comprensione è quella che va al di là della ragione e che si fonda sul cuore ". " La pubblicità ha preso il posto della letteratura, gli slogan ci colpiscono ormai più della poesia e dei suoi versi. L'unico modo di resistere è ostinarsi a pensare con la propria testa e soprattutto a sentire col proprio cuore "." Che errore è stato allontanarsi dalla natura! Nella sua varietà, nella sua bellezza, nella sua crudeltà, nella sua infinita, ineguagliabile grandezza c'è tutto il senso della vita "." È più facile andare in discesa, ma alla fine ti trovi in un buco. A salire c'è più speranza. È difficile, è un altro modo di vedere le cose, è una sfida, ti tiene all'erta "." Non si vive per vivere, ma per scoprire il senso del vivere "." Non volevo morire senza aver capito perché ero vissuto. O, molto più semplicemente, dovevo trovare dentro di me il seme di una pace che poi avrei potuto far germogliare ovunque ". (Tiziano Terzani). Carissimo Aldo, ti devo un grazie immenso per la condivisione di questo post meraviglioso e singolare, che sicuramente conserverò tra quelli più preziosi... Buona continuazione.

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