Ha scritto Michele Serra in “Mette tristezza ritrovarci qui”, pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” di ieri, 18 di gennaio 2022: (…). La vanità di un vecchio (Berlusconi, 85
anni) segna la scena al punto di costringerci a tornare a una domanda
stravecchia, che credevamo dimenticata, e cioè se per caso ce lo meritiamo,
Berlusconi: e sicuramente se lo merita la mezza Italia che lo ha amato,
assecondato, blandito, e tutt'ora gli fa da corte. Glielo augureremmo
vivamente, come presidente, ai nostri fratelli di destra, se lo meritano così
come meritano il ridicolo, il sospetto di non avere etica pubblica, il
discredito internazionale. Sì, glielo augureremmo, non fosse che in questo
Paese abitiamo anche noi. Secondo le cronache sarebbe il trio
Verdini-Dell'Utri-Confalonieri, pregiudicato per i primi due terzi, ad
architettare questa estrema botta a un passo dalla fine. Verdini, 71 anni, è il
teen ager della situazione, gli altri due sono over 80, quando ci dicono che la
sinistra è novecentesca possiamo far notare quanto bacucca, o in ostaggio dei
bacucchi, sia la destra. Mette tristezza che i due quasi giovani capi
populisti, il Salvini e la Meloni, si siano sottomessi, non importa se per
opportunismo o per mediocrità, al capriccio di un vegliardo. Mette tristezza che
il resto d'Italia al completo non abbia altro da dire che Draghi, Draghi,
Draghi, valentuomo dell'establishment europeo (per fortuna che c'è), come per
ammettere che senza di lui non c'è partita, non c'è salvezza, non c'è Italia:
ma esistevamo, prima di lui, o eravamo solamente uno scherzo di natura? Mette
tristezza lo squallore della tratta dei voti, la riconoscibilità della scheda
(tipica del voto di scambio, del ricatto mafioso), mette tristezza ritrovarsi
nel 1994 essendo il 2022. Di seguito, “B. presidente è uno sputo in faccia alla Repubblica” di Daniela
Ranieri, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri: A tutte le cose gravi a cui un italiano
mediamente perbene ha da pensare - Covid, lavoro, vaccini, saturazione dell'ossigeno,
malanni dei propri cari, eventualità della morte - adesso si è aggiunta
quest'altra cosa, invero raccapricciante. L'ipotesi di Berlusconi al Quirinale,
infiltratasi come una boutade nell'opinione pubblica rintronata dalla pandemia,
si è fatta strada, si è solidificata, e ora, pur con qualche risata nervosa (come
se non potesse avvenire per davvero), se ne parla seriamente, presentando i pro
e i contro, come fosse ormai pienamente nel regno del concepibile. Soprattutto,
rimuovendo psichiatricamente la voragine che la persona di Berlusconi ha aperto
nel Paese, al di là della sua pedina penale e morale. Si ha l'impressione di
assistere a una catastrofe, a un crollo: innanzitutto di fiducia in chi ci dovrebbe
rappresentare, che valuta uno sfregio simile come plausibile; di senso,
persino, come se l'egemonia dello spettacolo grottesco, egotico e
deresponsabilizzato che Berlusconi ha incarnato per trent'anni si fosse infine
realizzata senza drammi. Giornali che hanno passato un quarto di secolo a
spiegarci quanto quel signore fosse un tipo da evitare, al massimo uno a cui
chiedere conto di ragazzine di Casoria e candidature di escort, hanno
cominciato a prenderlo sul serio già qualche anno fa. Tra foto patetiche di lui
che coccolava cani e allattava un agnellino col biberon, gli si è cominciato a
chiedere conto del "pericolo rappresentato dai grillini" (era il
periodo del governo giallo-verde e del "meglio Berlusconi che Di
Maio" di Scalfari). Così Forza Italia, accolita di miracolati costruita su
misura delle esigenze finanziarie e penali del leader, diventò "argine al
populismo"; fino ad ascendere al governo del Paese con Draghi, in quanto
partito pieno di Migliori da far ministri e sottosegretari. Oggi pullulano le
interviste alle ossequiose nullità del suo partito-azienda, che si prendono la
libertà di sbeffeggiare chi s'indigna per l'ipotesi che uno come Berlusconi
possa comandare le Forze Armate e la magistratura, contro la quale il
pregiudicato potrà esercitare la sua beffarda vendetta. Il "perseguitato
dalla Giustizia" ascende al discorso pubblico non per l'ennesimo processo
o per vicende geriatriche, ma per il conteggio dei voti che lo porterebbero
alla carica più alta; privo di disciplina e onore come pochi, delinquente
naturale, finanziatore della mafia, frodatore dello Stato, utilizzatore finale
di prostitute che lo ricattavano, corruttore di giudici e di agenti della Finanza,
senatore decaduto e pluri-prescritto: "la figura più adatta" per il
Quirinale, secondo Meloni e Salvini. I quali ammettono implicitamente il loro
fallimento: non riescono a tirare fuori un nome dignitoso dalla pletora di loro
parlamentari perché sono circondati da incapaci, a capo di partiti personali
tutti fondati sulla comunicazione e zero sulla politica. Decidono il candidato
alla Presidenza della Repubblica a pranzo nella villona del padrone sulla via
Appia: una scena tra Plauto e i Vanzina. La propaganda pacchiana del berlusconismo
si ringalluzzisce: ha messo fine alla Guerra Fredda, è tra i primi contribuenti
italiani, è l'eroe della libertà: ma chi non sa che Berlusconi è stato un
politico mediocre, un pessimo servitore dello Stato (che ha frodato, già che
c'era), un uomo poco coltivato, coi libri finti sugli scaffali e il gusto
estetico per la paccottiglia di una magnate russo, un manipolatore della realtà
che ha asservito un esercito di fedeli esecutori allo scopo di farsi le leggi
per guadagnare di più, pagare meno tasse, restare impunito dei suoi reati,
etc.? Ex parlamentari della Repubblica che nella vita hanno fatto solo i
servitori dei propri affari e di Berlusconi (e poi, quindi, i sostenitori di
Renzi) brigano tra loro per fare un dispetto a "Travaglio, Zagrebelsky,
Gruber" (così Verdini); stiamo parlando di gente ai domiciliari per
traffici illeciti ai danni dello Stato che potrebbe deciderne il Capo: neanche
gli sceneggiatori di Gomorra avrebbero osato tanto. Ed è una pena vedere la mandria
di suoi dipendenti pronti a scrivere sulla scheda le varie combinazioni di nome
e cognome per farsi "contare", invece di provare vergogna. La candidatura
di Berlusconi non è solo irragionevole: è uno sfregio, una bestemmia, uno sputo
sulla Repubblica. È il trionfo del nichilismo. Pochi dubbi che Renzi, in
combutta con Verdini, lo voterebbe, se occorre; non perché ami Berlusconi, ma
perché odia l'Italia, e di mestiere fa il guastatore. Il Pd, nella persona di
Letta, ha maturato qualche remora perché Berlusconi è "divisivo".
Perché sono arrivati a questo punto? Perché sono inetti, certo, ma anche perché
temono di passare per moralisti, nel Paese in cui non è chiara la differenza
tra l'essere moralisti e l'essere persone morali.
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