A lato. "Vecchia Praga", penna ed acquerello (2021) di Anna Fiore.
Ha scritto Enzo Bianchi in “La disciplina del tempo” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 3 di gennaio 2022:
È iniziato un nuovo anno e mentre
giudichiamo l'ultimo come "velocemente passato", già progettiamo cosa
vorremmo fare, cosa vorremmo vivere nei giorni che ci stanno davanti. Una cosa
però è certa: se non saremo capaci di cambiare il paradigma e lo stile della
nostra vita continueremo a lamentarci ripetendo ossessivamente a noi stessi e
agli altri: "Non ho tempo! Non c'è tempo!". No! Invece è tempo di
avere tempo, e per questo prima di mettere a punto qualsiasi progetto occorre
decidere di vivere nel tempo, di abitare il tempo che scorre: essere vigilanti,
capaci di attenzione puntuale, consapevoli di ciò che viviamo resistendo a ogni
tentazione di pigrizia, inerzia, sonnolenza, ritrovando il senso della durata e
aderendo alla realtà quotidiana, alla trama delle relazioni che viviamo.
Dovremmo essere impegnati a fare del tempo lo spazio della vita, combattendo
l'alienazione provocata dall'idolo del tempo che ci domina, ci impedisce di
gustare la vita nelle sue diverse stagioni. Questa disciplina del tempo è la
condizione per pensare prima di fare, o meglio: per poter ritornare a pensare
in questo inizio del millennio contrassegnato dall'esilio del pensiero proprio
quando si dichiara di voler essere in connessione con il mondo intero. È
significativo che si levino voci invocanti "un nuovo rinascimento... un
nuovo umanesimo... un risveglio culturale..." non solo per ricominciare
non appena l'angelo della morte (la pandemia) se ne sarà andato, ma per
approdare a una convivenza più sana, "più umana" come sperava
Theilard de Chardin, visionario mai apocalittico. Perché se gli esseri umani
non pensano non sono tali, e se rinunciano a pensare si disumanizzano fino a
diventare i soggetti della banalità del male. Esercitare il pensiero costituisce
un impegno, un esercizio e una fatica, ma è quanto mai necessario, soprattutto
per le nuove generazioni infettate dalla progressiva evasione dal pensiero. Con
tristezza constatiamo che uomini e donne che si dedicano al pensiero
speculativo e contemplativo non sono più percepiti come necessari né come
presenza utile per la società e per la chiesa; si preferiscono quelli che si
danno da fare, i militanti, sempre occupati. Quanto agli intellettuali non
sempre sono pensatori, perché troppo attenti alle mode e alla cronaca. Eppure
Herman Hesse ammoniva: "Quando il pensiero non è puro e vigile, quando il
primato dello spirito non è più riconosciuto, anche le navi e le automobili
incominciano presto a non funzionare, anche il regolo calcolatore dell'ingegnere
e la matematica delle banche e della borsa vacillano per mancanza di vigore e
di autorità e si cade nel caos ..." (Il giuoco delle perle di vetro).
Silvia Ronchey, nel suo ultimo libro con James Hilmann, ha scritto: "Se
Steve Jobs, morendo, ha lasciato detto: Stay hungry, stay foolish, l'ultimo
insegnamento di James Hilmann è: Stay thinking, 'resta pensante' fino
all'ultima soglia dell'essere". Il mio augurio per
il nuovo anno: trovate il tempo per pensare! Di seguito, “Il passato che non passa” di Umberto
Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del
13 di novembre dell’anno 2021: Siamo soliti articolare il tempo in passato,
presente, futuro che, considerati nella loro oggettività come fa l'orologio, il
passato è un tempo che non ritorna, il presente è un attimo fuggente, il futuro
è il tempo che verrà. Ma se consideriamo queste figure temporali prendendo le
mosse dalla nostra soggettività, ossia da come viviamo il tempo, allora il
passato si ripresenta nel presente non solo come ricordo, ma anche e
soprattutto come condizionamento, perché quel che siamo non prescinde da dove
siamo nati, dall'educazione che abbiamo ricevuto, dall'ambiente in cui siamo
vissuti, dai maestri che abbiamo incontrato, dalle esperienze che abbiamo
fatto, per cui il presente è carico di passato e anche il futuro ne è condizionato.
Il tempo che interessa alla nostra vita non è dunque il tempo dell'orologio, ma
il tempo vissuto, che è poi il tempo che passa veloce quando ad esempio una
conferenza ci interessa, e che non passa mai quando la conferenza ci annoia.
Dal punto di vista dell'orologio il tempo della conferenza è uguale sia per chi
è interessato sia per chi si annoia, ma dal punto di vista del nostro vissuto
abbiamo a che fare con due tempi: uno breve per chi è interessato e uno
interminabile per chi si annoia. Questo ci dice che, al di là del tempo
oggettivo, c'è un tempo vissuto che è poi il tempo che ci diamo noi. Siamo
infatti noi a dare tanto o poco spazio al passato, tanto o poco spazio al
presente e al futuro. Il passato non esiste perché me lo ricordo o me lo rappresento,
ma perché lo sono. Lo sono nel mio volto che dimostra la mia età, lo sono nel
mio sguardo in cui è possibile leggere tutta la soddisfazione o la delusione di
una vita. Io sono il mio passato perché altrimenti non sarei più me stesso. Ed
è per questa inseparabilità dal mio passato che esiste una continuità nelle mie
azioni, uno stile che le rende inconfondibilmente "mie". Se tra padri
e figli talvolta esiste una radicale incomprensione è perché ciascuno si
rapporta al presente secondo le modalità del proprio passato che non è passato,
ma abita ancora il presente caratterizzandolo fin nei particolari più
insignificanti. Non vi è un passato che non incida sul presente e sul futuro.
Come nel caso di quel ragazzo che, essendosi un giorno innamorato di sua madre,
in ogni ragazza che incontra sa cogliere solo i tratti materni, che
corrispondono a quell'esperienza d'amore che ha conosciuto nel passato a cui la
sua crescita psichica si è arrestata, bloccando presente e futuro. Il passato
rimane il suo vero presente che non si allontana da lui. Ogni giorno il passato
si fa presente con la sua storia, di cui il presente può beneficiarne se si
riconcilia con il ricordo che la tematizza e la riaccorda con i progetti
futuri. Non è forse il ricordo un ri-accordo, e il riaccordo la ripresa di una
continuità ininterrotta che caratterizza lo stile della nostra vita? Nel
ricordo riaccordo il passato con il futuro che sarò. Se invece manca questa
proiezione verso il futuro e ci si rattrappisce interamente nel passato, concedendo
al passato tutto lo spazio che dovrebbe competere al presente e al futuro,
allora subentra quella condizione psichica che va dalla malinconia alla
depressione. Perché quando anche il futuro è considerato alla stregua del
passato, non abbiamo solo la perdita di un possibile futuro, ma anche la
scomparsa di quelle figure orientate al futuro come il desiderio, l'attività,
la speranza, l'attesa e la volontà di fare futuro. Esemplare a questo proposito
è l'espressione di Rousseau che leggiamo nelle sue Confessioni: "Per me la
previsione ha sempre sciupato il godimento. Ho visto il futuro solo
perdendoci" dove ritorna il tema della "perdita" tipico degli
stati depressivi, da intendersi soprattutto come perdita della possibilità di
fare esperienza. In questo caso, proprio perché troppo gravido di passato, il
presente non apre al futuro.
"Ormai nessuno ha più tempo per nulla. Neppure di meravigliarsi, inorridire, commuoversi, innamorarsi, stare con se stessi. Le scuse,per non fermarci e chiedere se questo correre ci rende felici,sono migliaia e,se non ci sono,siamo bravissimi a inventarle".(Tiziano Terzani). "Noi siamo padroni del tempo, ma solo di dargli un senso". (Anonimo). "Quanto è sciocco l'uomo che lascia passare il tempo sterilmente".(Goethe). "Il giorno inizia e finisce comunque, senza il nostro consenso. Non siamo padroni del tempo, solo padroni di dargli un senso".(Edgar Lee Masters). "Il tempo non va misurato in ore e minuti, ma in trasformazioni".(Fabrizio Caramagna). "La gente comune pensa soltanto a passare il tempo, chi ha un po' d'ingegno a utilizzarlo".(Arthur Schopenhauer). "E non saremo domani quelli che fummo, né quelli che siamo".(Publio Ovidio Nasone). "Se si è depressi si vive nel passato. Quando si è ansiosi si vive nel futuro. Chi è in pace vive nel presente".(Lao Tzu). "L' unico posto dove il tempo non è passato è in quella nuvola lassù nel tramonto, che mi chiama allo stesso modo di vent'anni fa".(Fabrizio Caramagna). Grazie, carissimo Aldo, per questo straordinario post, veramente denso di significati preziosi e profondi. Spero vivamente che l'augurio di Enzo Bianchi per il nuovo anno, che tu, così magistralmente, hai voluto mettere in risalto, sia accolto non solo da quanti leggeranno il post, ma dall'umanità intera... Questo augurio giunge forse inatteso, ma necessario in un momento come questo che stiamo vivendo. È un invito a scuotersi di dosso il torpore da cui tutti rischiamo di essere pericolosamente avvolti... Grazie di vero cuore e buona continuazione.
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