Oggi Umberto Eco avrebbe compiuto 90 anni. Ha scritto
Corrado Augias in “L'importanza di
chiamarsi Umberto” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi 5 di
gennaio 2022: (…). Ho un netto ricordo delle sue prime uscite a Roma, per l’esattezza
nella libreria Feltrinelli di via del Babuino che negli anni Sessanta era un
vivacissimo centro di dibattito. Quando cominciava a parlare quel giovane
ancora semisconosciuto, il volto tondeggiante, gli occhiali dalla pesante
montatura nera, barba anch’essa nera, pipa, l’attenzione si faceva tesa, il
silenzio profondo. Per una ragione semplice: Eco era divertente, tutti avevano
voglia d’ascoltarlo. Mi assumo la responsabilità di questa qualifica.
Divertente in senso particolare, riusciva a mettere in corto circuito elementi
che mai nessuno in Italia aveva saputo conciliare: Wittgenstein e Topolino,
Aristotele e Cappuccetto Rosso o Mandrake. Aveva letto gli strutturalisti russi
e i Miti d’oggi di Roland Barthes quando in Italia ancora pochissimi li
conoscevano. La sua idea era che la tradizionale distinzione di scuola tra alto
e basso fosse non più utilizzabile. Nella musica, per esempio. Quando nel 1965
i Beatles arrivarono a Roma per la loro unica tournée italiana, Eco fu tra i
primi a dire che tra la loro musica e quella di Mozart la sola differenza
riguardava tempi e modi, non la qualità. Sessant’anni dopo, quasi nessuno nega
più che l’unica differenza riconoscibile in campo musicale sia quella tra buona
e cattiva musica, punto. (…). Eco pagò un prezzo per questa
violazione-estensione di ciò che s’intendeva allora per “cultura”. Lo pagò per
esempio in campo accademico. I vecchi cattedratici, tra diffidenza e sgomento (non
esclusa un po’ d’invidia), rifiutarono il tono quasi giocoso con il quale quel
bizzarro studioso mescolava, nel suo sterminato sapere, alto e basso, colto e
popolare, letteratura classica e romanzi polizieschi. (…). Diventato un adulto
assai sapiente, mescolerà le lontane emozioni infantili agli studi letterari e
di filosofia insegnandoci a guardare in modo nuovo il complicato mondo della
cultura. Di seguito, “Perché la
storia è maestra di vita” di Umberto Eco, dal discorso pronunciato all’assemblea
dell’Onu del 21 di ottobre dell’anno 2013: I mass media sono principalmente interessati
al presente. Accade sempre più spesso che in Italia i giovani (inclusi molti
studenti universitari), quando interrogati su fatti che riguardano, diciamo, la
Seconda Guerra Mondiale, non sanno come definire personaggi storici come
Badoglio, Churchill o Roosevelt - o che pensino (come è realmente accaduto) che
Aldo Moro fosse il leader delle Brigate Rosse. Peggio ancora, non sono in grado
di raccontare qualcosa di preciso su eventi avvenuti dieci anni prima della
loro nascita. Purtroppo, una tale perdita di memoria si sta verificando anche
nel mondo degli eruditi. Se consulto un testo americano pubblicato oggi su un
tema specialistico, posso rilevare che la bibliografia non va oltre gli anni
Ottanta, cosa che può essere comprensibile per determinate scienze in corso di
sviluppo, ad esempio quelle che si occupano del bosone di Higgs, ma che è
bizzarra se riguarda le scienze umanistiche. Ricordo di aver visto un libro di
filosofia che a un certo punto menzionava una determinata idea di Kant e una
nota a piè di pagina riportava "Vedere Brown 1982": i testi di Kant
erano considerati troppo vecchi persino per essere inseriti in nota. In molti
documenti fruibili online manca una data di riferimento, mentre sarebbe
importante sapere se sono stati elaborati nel 2009, 2010 o 2012: si è persa
qualunque profondità temporale. Una leggenda dice che alla porta d'ingresso di
un celebre dipartimento americano di filosofia era appeso un cartello con
scritto "Ingresso vietato agli storici di filosofia". E ricordo una
mia conversazione con un amico filosofo il quale mi aveva domandato: "Perché
dovremmo conoscere la logica degli Stoici, se la logica formale ha fatto enormi
progressi dai loro tempi ai giorni nostri ed è più efficace studiare un manuale
contemporaneo piuttosto che una ricostruzione storica?". Gli risposi che: 1)
se per caso gli Stoici si fossero sbagliati è importante conoscere anche la
storia degli errori passati per evitarli e che per comprendere Copernico è
fondamentale sapere perché Tolomeo avesse torto, dal momento che Copernico non
iniziò da zero, ma iniziò criticando le idee di Tolomeo; 2) Non ignorare la
storia della filosofia antica, o di qualunque altra disciplina, può aiutarci a
non inventare l'acqua calda (come diciamo in Italia), e ci sono molti studiosi
contemporanei che sprecano la propria intelligenza a riscoprire con sforzi vani
idee che erano già state espresse in modo molto chiaro da pensatori antichi; 3)
il vecchio detto historia magistra vitae (la storia è maestra di vita) è più
serio di quanto comunemente si pensi, perché, se Hitler avesse letto qualcosa
su Napoleone (o almeno Guerra e Pace di Tolstoj), avrebbe compreso che è
piuttosto difficile per un esercito raggiungere Mosca prima dell'arrivo
dell'inverno - e se Bush avesse letto racconti storici documentati sui
tentativi inglesi e russi di vincere una guerra in Afghanistan nel 19esimo
secolo, avrebbe sospettato che quel Paese presenta molte caratteristiche
orografiche e sociali che rendono molto difficile sottometterne il territorio. (…).
Il problema che entra in gioco è che nessuna civiltà (nel senso antropologico
della parola, intesa come sistema di idee scientifiche e artistiche, miti,
religioni, valori e abitudini quotidiane) può sussistere e sopravvivere senza
una memoria collettiva. Le società hanno sempre fatto affidamento sulla memoria
per preservare la loro identità, a partire dal vecchio che, seduto sotto un
albero, raccontava storie sullo sfruttamento dei suoi antenati e sul mito
fondatore della tribù. E quando un qualche atto di censura spazza via una parte
della memoria di una società, questa società attraversa una crisi di identità.
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