"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 5 gennaio 2022

Eventi. 46 Umberto Eco: «Nessuna civiltà può sussistere e sopravvivere senza una memoria collettiva».

 

Oggi Umberto Eco avrebbe compiuto 90 anni. Ha scritto Corrado Augias in “L'importanza di chiamarsi Umberto” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi 5 di gennaio 2022: (…). Ho un netto ricordo delle sue prime uscite a Roma, per l’esattezza nella libreria Feltrinelli di via del Babuino che negli anni Sessanta era un vivacissimo centro di dibattito. Quando cominciava a parlare quel giovane ancora semisconosciuto, il volto tondeggiante, gli occhiali dalla pesante montatura nera, barba anch’essa nera, pipa, l’attenzione si faceva tesa, il silenzio profondo. Per una ragione semplice: Eco era divertente, tutti avevano voglia d’ascoltarlo. Mi assumo la responsabilità di questa qualifica. Divertente in senso particolare, riusciva a mettere in corto circuito elementi che mai nessuno in Italia aveva saputo conciliare: Wittgenstein e Topolino, Aristotele e Cappuccetto Rosso o Mandrake. Aveva letto gli strutturalisti russi e i Miti d’oggi di Roland Barthes quando in Italia ancora pochissimi li conoscevano. La sua idea era che la tradizionale distinzione di scuola tra alto e basso fosse non più utilizzabile. Nella musica, per esempio. Quando nel 1965 i Beatles arrivarono a Roma per la loro unica tournée italiana, Eco fu tra i primi a dire che tra la loro musica e quella di Mozart la sola differenza riguardava tempi e modi, non la qualità. Sessant’anni dopo, quasi nessuno nega più che l’unica differenza riconoscibile in campo musicale sia quella tra buona e cattiva musica, punto. (…). Eco pagò un prezzo per questa violazione-estensione di ciò che s’intendeva allora per “cultura”. Lo pagò per esempio in campo accademico. I vecchi cattedratici, tra diffidenza e sgomento (non esclusa un po’ d’invidia), rifiutarono il tono quasi giocoso con il quale quel bizzarro studioso mescolava, nel suo sterminato sapere, alto e basso, colto e popolare, letteratura classica e romanzi polizieschi. (…). Diventato un adulto assai sapiente, mescolerà le lontane emozioni infantili agli studi letterari e di filosofia insegnandoci a guardare in modo nuovo il complicato mondo della cultura. Di seguito, “Perché la storia è maestra di vita” di Umberto Eco, dal discorso pronunciato all’assemblea dell’Onu del 21 di ottobre dell’anno 2013: I mass media sono principalmente interessati al presente. Accade sempre più spesso che in Italia i giovani (inclusi molti studenti universitari), quando interrogati su fatti che riguardano, diciamo, la Seconda Guerra Mondiale, non sanno come definire personaggi storici come Badoglio, Churchill o Roosevelt - o che pensino (come è realmente accaduto) che Aldo Moro fosse il leader delle Brigate Rosse. Peggio ancora, non sono in grado di raccontare qualcosa di preciso su eventi avvenuti dieci anni prima della loro nascita. Purtroppo, una tale perdita di memoria si sta verificando anche nel mondo degli eruditi. Se consulto un testo americano pubblicato oggi su un tema specialistico, posso rilevare che la bibliografia non va oltre gli anni Ottanta, cosa che può essere comprensibile per determinate scienze in corso di sviluppo, ad esempio quelle che si occupano del bosone di Higgs, ma che è bizzarra se riguarda le scienze umanistiche. Ricordo di aver visto un libro di filosofia che a un certo punto menzionava una determinata idea di Kant e una nota a piè di pagina riportava "Vedere Brown 1982": i testi di Kant erano considerati troppo vecchi persino per essere inseriti in nota. In molti documenti fruibili online manca una data di riferimento, mentre sarebbe importante sapere se sono stati elaborati nel 2009, 2010 o 2012: si è persa qualunque profondità temporale. Una leggenda dice che alla porta d'ingresso di un celebre dipartimento americano di filosofia era appeso un cartello con scritto "Ingresso vietato agli storici di filosofia". E ricordo una mia conversazione con un amico filosofo il quale mi aveva domandato: "Perché dovremmo conoscere la logica degli Stoici, se la logica formale ha fatto enormi progressi dai loro tempi ai giorni nostri ed è più efficace studiare un manuale contemporaneo piuttosto che una ricostruzione storica?". Gli risposi che: 1) se per caso gli Stoici si fossero sbagliati è importante conoscere anche la storia degli errori passati per evitarli e che per comprendere Copernico è fondamentale sapere perché Tolomeo avesse torto, dal momento che Copernico non iniziò da zero, ma iniziò criticando le idee di Tolomeo; 2) Non ignorare la storia della filosofia antica, o di qualunque altra disciplina, può aiutarci a non inventare l'acqua calda (come diciamo in Italia), e ci sono molti studiosi contemporanei che sprecano la propria intelligenza a riscoprire con sforzi vani idee che erano già state espresse in modo molto chiaro da pensatori antichi; 3) il vecchio detto historia magistra vitae (la storia è maestra di vita) è più serio di quanto comunemente si pensi, perché, se Hitler avesse letto qualcosa su Napoleone (o almeno Guerra e Pace di Tolstoj), avrebbe compreso che è piuttosto difficile per un esercito raggiungere Mosca prima dell'arrivo dell'inverno - e se Bush avesse letto racconti storici documentati sui tentativi inglesi e russi di vincere una guerra in Afghanistan nel 19esimo secolo, avrebbe sospettato che quel Paese presenta molte caratteristiche orografiche e sociali che rendono molto difficile sottometterne il territorio. (…). Il problema che entra in gioco è che nessuna civiltà (nel senso antropologico della parola, intesa come sistema di idee scientifiche e artistiche, miti, religioni, valori e abitudini quotidiane) può sussistere e sopravvivere senza una memoria collettiva. Le società hanno sempre fatto affidamento sulla memoria per preservare la loro identità, a partire dal vecchio che, seduto sotto un albero, raccontava storie sullo sfruttamento dei suoi antenati e sul mito fondatore della tribù. E quando un qualche atto di censura spazza via una parte della memoria di una società, questa società attraversa una crisi di identità.

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