Tratto
da “Bernard-Henri Lévy: giù la maschera,
Covid-19”, intervista di Anais Ginori al filosofo Bernard-Henri
Lévy pubblicata sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 17 di luglio
2020: (…). “C'è un vero e proprio moto di rivolta contro il tipo di ordine
sociale che sta uscendo dalla crisi del Covid".
Siamo reduci da quella che lei definisce "Prima
paura mondiale"... "Per la prima volta l'umanità intera ha avuto
paura della stessa cosa, nello stesso momento. Ovviamente gioco sul riferimento
alla Prima guerra mondiale, anche se è vero che siamo in grande pericolo.
Possiamo morire di Covid, ma anche di fame, di miseria, di disperazione, di
solitudine e di tutte le altre malattie più antiche che gli ospedali non hanno
più avuto tempo di curare".
E adesso, è finita? "Vorrei che questa fosse anche l'ultima paura mondiale. So che i virus torneranno, il Covid o un altro, perché fanno parte della storia dell'umanità. (…). Spero che la prossima volta saremo capaci di reagire con meno isteria, più sangue freddo".
Questa reazione è il sintomo di qualcosa di più
profondo? "Prima del Covid vivevamo in un sogno post-umanista dove quasi
tutto era curabile. Stavamo assistendo all'espulsione del Tragico dalle nostre
vite. E invece il Tragico è riemerso attraverso il virus".
Cosa ha pensato quando l'Italia ha scelto il lockdown,
primo Paese in Occidente? "Sono rimasto sorpreso. Gli italiani ne hanno
passate tante: le Brigate Rosse, gli attacchi della mafia... Tanto orrore
quotidiano che non ha mai impedito di uscire, continuare la vita. Questa volta
gli italiani sono stati docili. Hanno accettato di restare a casa senza fare
storie né sgarrare. È come se fosse nato un nuovo patto sociale: scambiamo la nostra
libertà per la massima sicurezza sanitaria".
Un patto che lei rifiuta? "Il lockdown era
necessario. In Francia, naturalmente, l'ho rispettato. Non credo però in questa
"sicurezza sanitaria". Non credo che la salute sia lo scopo della
vita".
La paura della morte e della malattia... non la prova
anche lei? "Tocca anche me ma lo scopo della vita è altrove. È l'amore
dell'altro. L'amore tout court. Il pensiero. Cambiare il mondo".
Lei cita la frase "Il miglior medico del mondo
andrà all'inferno". Che cosa vuol dire? "È una frase del Talmud. Il
miglior medico è un esperto nel trattamento dei corpi ma è così esperto che si
preoccupa solo di quello. E dimentica quel fascio di luce, quel lampo che ci
attraversa e fa sì che un corpo prenda vita, diventando un soggetto singolare.
Ecco perché quel medico va all'inferno".
Critica la professione medica? "Mi infastidiscono
i chiacchieroni, e rendo omaggio a coloro che hanno prodigato le cure. Le
infermiere e gli infermieri che facevano il loro lavoro negli ospedali erano
ammirevoli. I medici che hanno invaso le televisioni e giocato a fare gli
oracoli avrebbero fatto meglio ad astenersi".
Sia in Italia che in Francia, i governi hanno spesso
preso decisioni politiche solo dopo aver ascoltato il parere di un comitato
scientifico. "È ridicolo. Il comitato scientifico non sapeva tutto. E poi,
cosa ancora più importante, c'erano altre persone che sapevano. Gli psicologi.
Gli esperti di scienze sociali. I sindacalisti. I rappresentanti dei
disoccupati. Le ong che si occupano di migranti".
Si poteva affrontare l'emergenza in modo diverso? "Ripeto:
avremmo dovuto ascoltare anche opinioni diverse da quelle dei medici che
facevano il giro della Rai o BfmTv. E poi probabilmente era necessario un
lockdown meno brutale e più differenziato".
I tedeschi hanno fatto così. Alla fine sono stati meno
pazzi di noi? "Hanno preso meno rischi".
O più rischi? "Cito il padre dell'anatomia
patologica Rudolf Virchow, che disse: "Un'epidemia è un fenomeno sociale
che ha alcuni aspetti medici". Dal punto di vista sociale, ciò di cui mi
occupo, abbiamo rischiato molto. Un mondo in cui non ci stringiamo più la mano,
in cui non seppelliamo più i morti, in cui diffidiamo l'uno dell'altro, va
verso una regressione della civiltà".
Molti dei sacrifici imposti sono serviti a proteggere
le persone più fragili. Non è un segno di solidarietà? "Mi piacerebbe
pensarla così se non fosse che questa solidarietà ha escluso tre quarti
dell'umanità. L'umanesimo, o la fraternità, deve essere senza frontiere,
altrimenti non esiste. In Francia ci sono stati bei gesti di solidarietà ma
anche un'epidemia di delazioni".
Lei scrive: abbiamo avuto la scelta tra vivere alla
cinese o morire. "La Cina ci ha imposto un modello problematico, il
confinamento, e un altro, ancora più folle, il tracciamento. A un certo punto
si diceva "tracciare, testare, isolare" quasi come si dice
"liberté, égalité, fraternité"".
Scaricherà l'app StopCovid, l'equivalente della nostra
Immuni? "Certo che no. Non c'è motivo per cui debba essere costantemente
spiato da cosiddette brigate di angeli custodi".
Si tratta di un sistema volontario per aiutare a
fermare l'epidemia nel caso in cui dovesse ripartire. "E io continuo a
dirle che salvare vite è bene. Ma la vita libera è ancora meglio. Ci deve
essere un modo per combattere una pandemia senza cadere nella trappola dello
stato di sorveglianza sanitaria".
I primi aerei che portavano mascherine e aiuti
all'Italia arrivavano da Cina e Russia. E l'Europa? "È stato un momento
doloroso. Ma da allora, con il piano Merkel-Macron, l'Europa ha
recuperato".
Quanto sono lontani dall'Europa gli Stati Uniti in
questa crisi? "È la prima volta nella storia della modernità che non ci
aspettiamo nulla dagli Stati Uniti. Di conseguenza, i bastardi hanno potuto
tranquillamente avanzare le loro pedine. È quello che hanno fatto Orbán, Putin,
Assad. E noi ora dobbiamo affrontarli da soli, senza gli Stati Uniti. Ciò che
succede all'Europa, a Trump non frega nulla".
Lei come ha vissuto il lockdown? "Prima di tutto
rifiutando di pronunciare la parola confinement. Troppo brutta. Troppo sporca.
Sono stati i fascisti sotto Mussolini che mandavano al confino i loro
avversari, giusto? Sono rimasto a casa, a Parigi, e ho usato la mia penna per
ricordare, per esempio, che quando avevamo 1.000 morti in Francia, ce n'erano
ancora di più nel mondo che morivano di malattie o di fame di cui non ci
importava più nulla".
Non teme di essere messo sullo stesso piano di Trump e
Bolsonaro? "Ci è stata offerta la scelta tra negazione e delirio, nevrosi
e psicosi. Credo che fosse possibile un altro atteggiamento, sostenuto da
medici ragionevoli: d'accordo per il lockdown ma rimarcandone gli effetti
perversi".
È sorpreso dalle manifestazioni antirazziste in
Francia sull'onda del movimento americano? "Il fatto che la fine del
lockdown sia accompagnata da una rivolta mondiale contro il razzismo mi dà
speranza. Ma abbiamo visto nei cortei anche cartelli tipo "Israele
criminale". Cosa c'entra? Quando Michel Foucault vuole abolire i reparti
di massimo isolamento nelle carceri, non vuole al tempo stesso ridurre la
disoccupazione. Foucault non credeva nella convergenza delle lotte. Difendeva
l'idea dell'intellettuale specialista".
È così che si definirebbe? "Torno da Lesbo, in
Grecia, dove sono andato ad ascoltare i migranti. Non approfitto della loro
sfortuna per trasformarli in comparse di una drammaturgia più grande".
Ogni volta però individua anche una battaglia. Ha
iniziato quarant'anni fa con il primo viaggio in Bangladesh sul nazionalismo...
"Combatto per le persone di cui parlo. Quando sono in Ucraina e vado in
prima linea nel Donbass non combatto contro Putin. Chiedo solo che la guerra
finisca".
C'è qualche causa per cui rimpiange di essersi
impegnato? "Nessuna".
In Libia rifarebbe tutto uguale? "Certo. Era
nostro dovere intervenire nel 2011 per impedire un massacro di innocenti. In
seguito avremmo dovuto anche evitare che Erdogan e Putin diventassero i nuovi
padroni della Libia. Le faccio una confidenza".
Mi dica. "Nel 2012, incontrando François Hollande
qualche settimana prima della sua elezione, gli ho detto che avrei votato per
lui se si fosse occupato della Libia. Devo aver frainteso la sua risposta
perché non l'ha fatto".
Nel 2017 ha invece appoggiato Macron. Lo sostiene ancora?
"Per il momento, sì. Non vedo nessun altro che possa battere un candidato
populista".
Perché l'attuale presidente è così odiato da una parte
dei francesi? "In politica si odia spesso per cattive ragioni. Nel caso di
Macron sono chiare. È giovane, brillante, etc".
Macron governa una Francia attraversata da crisi a
ripetizione. I gilet gialli. La stagione degli scioperi. "Succede pure in
Italia. Avete appena lasciato Salvini, ma potreste ritrovarlo. Abbiamo un mondo
che si disfa. E gli Stati Uniti stanno esplodendo. (…). La buona rabbia, la
rabbia di Achille nell'Iliade, è l'inizio del pensiero. Non è una passione
triste. L'odio invece sì, è una triste passione".
"Ogni uomo dovrebbe guardare dentro di sé per imparare il significato della vita. Non è qualcosa che si scopre:è qualcosa che si deve modellare ".Antoine de Saint-Exupery. "Ogni tentativo di dare un significato qualunque alla vita, se la vita non è basata sulla rinuncia dell'egoismo, se non ha per scopo il servir gli altri, diventa una chimera che vola a brandelli al primo contatto con la ragione". Lev Tolstoj. "L'uso migliore della vita è di spenderla per qualcosa che duri più della vita stessa". William James.
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