"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 18 luglio 2020

Leggereperché. 21 «Camilleri è stato il "bene rifugio" di un Paese umiliato».


All’indomani della dipartita di Andrea Camilleri Francesco Merlo ne tratteggiava la figura con un personalissimo ricordo in “Non resterà nulla? E io me ne fotto” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 18 di luglio dell’anno 2019:
"Tutto tranne i suoi romanzi". Una volta, più di vent'anni fa, scrissi che di Camilleri mi piaceva tutto, l'età, il successo, la voce roca, i pensieri, le sigarette e il whisky, la risata, il suo essere di sinistra come un ragazzino...: "tutto tranne i suoi romanzi". Quella monelleria giornalistica, che apparve sulla prima pagine del Corriere della Sera dove allora lavoravo, si chiama stroncatura, ed è la "cattiveria divertente" attraverso la quale, (…), "uno disegna la propria forma contro gli altri", specie se gli altri sono ben più grandi e più importanti. (…). E infatti Camilleri, che ancora non conoscevo personalmente, non dico che se ne compiacque, ma certamente ne rise. Io però non lo seppi subito. Dovetti intanto vedermela con i camilleriani che, come capita a tutti i grandi, erano già allora un popolo agguerrito, anche se non ancora armato dai social. Arrivò infatti una lettera (falsa) firmata da Andrea Camilleri che a me parve scomposta sia per il tono arrabbiato e lo stile pesante sia per la scelta di insulti inverosimili, tra i quali, il più inverosimile, era che io fossi "berlusconiano" e che dunque per questo attaccavo Camilleri. Cercarono Camilleri, non lo trovarono e decisero di pubblicarla. Ma io non volli rispondere perché la lettera, dissi, "non mi pare scritta da Camilleri". Avevo ragione. Camilleri, infatti, mandò una lettera (vera), scritta con lievità e simpatia. Gli dispiaceva di essere stato scambiato per "un mascalzone che vuole soffiare su questo esile fuocherello", ma non del falso in sé. Anzi, i bei falsi, i falsi autentici, lo divertivano: "Ho provato più piacere quando a Napoli hanno clonato un mio romanzo venduto sulle bancarelle per tremila lire e sono riuscito a procuramene una copia. Come una griffe". La qualità della copia-pirata venduta dall'ambulante era perfetta, ed era dunque la più alta celebrazione del successo popolare proprio come accade appunto con le griffe della moda e con gli orologi: "Un premio letterario a volte certifica una menzogna, le copie-pirata da bancarella certificano sempre una verità". E invece la lettera apocrifa al giornale (altre ne furono tentate) era di pessima qualità: "Chi mi segue deve capire che è cosa da analfabeti la chiusura sui siciliani dei quali mi importerebbe poco perché io vivo nella grande Roma. Andiamo". E citò, nel finale, una falsa lettera di Stefano D'Arrigo contro Guttuso: "E il povero Stefano dovette scrivere una vera smentita al Messaggero". Quando, infine, un po' di tempo dopo, io lasciai il Corriere per Repubblica, disse all'Espresso che gli faceva piacere "ma spero - aggiunse - che anche a Repubblica continui a scrivere male di me". Non l'ho fatto più, e da nessuna parte. Camilleri è stato infatti il "bene rifugio" di un Paese umiliato che lui ha risarcito e, per dirla alla Camilleri, l'ultimo grande tragidiaturi delle nostre anime perse. Del resto, a scriverne male ci hanno pensato alcuni dotti professori e, nella disputa tra l'accademia e il successo, non si può non stare con il successo, specie in Italia dove l'alto numero delle vendite, stratosferico nel suo caso, sempre nuoce alla reputazione dello scrittore. Un giorno, quando anche a Santa Croce Camerina inaugurarono una statua a Montalbano, gli dissi che non esistevano statue di Madame Bovary né di Renzo e Lucia e dunque chiesi (il Venerdì, 12 settembre 2014) se era al personaggio che la erigevano in attesa di erigerla all'autore, cioè a lui. "No, no. È lui che vogliono". Domanda: ma i tenutari di www.vigata.org, che è un sito da lei approvato, la proclamano eroe santo e navigatore, pronti a ritrarla nel marmo e nel bronzo: non la chiamano il maestro ma addirittura il sommo. "E mi piace perché - lo ammetta - è una bella presa in giro". E poi però, mi spiegò che non conservava carte segrete: "Distruggo le variazioni. Non si potranno fare tesi di laurea sulle diverse versioni di questo o di quel romanzo". E non perché si sentiva come Alessandro Manzoni che, vecchio ottantottenne, bruciava nel fuoco del suo famoso camino lettere e testimonianze di una vita che, una volta morto, sarebbe diventata biografia: occhi futuri lo spiavano e occhi passati lo insultavano. "No, la vita e io ci amiamo molto. Ci siamo dati sempre tutto senza risparmio e io sono un uomo fortunato, e non certo perché i medici dicono che chi ha fumato e bevuto tanto come me, già da tempo dovrebbe non esserci più. Mi diverto persino a fare progetti su Montalbano dai novanta in poi. Ma io so bene quello che valgo e quello che non valgo. Ho troppe letture alle spalle. Ecco, so che quel professore ..., come si chiama?" Quale? "Quello che ha preso la cattedra di Asor Rosa". Giulio Ferroni? "Sì. Dice che di me, tra una decina di anni, non resterà nulla. Ecco, può sembrare una risposta stizzita e invece è molto serena: io me fotto, mi creda. Non sono speciale". Davvero Camilleri se ne fotteva. E Giulio Ferroni, che è spiritoso, mi scrisse la seguente lettera che allora rimase privata: "Caro Merlo, bello e divertente il dialogo con Camilleri, che è persona e scrittore estremamente simpatico. Devo però precisare che non solo non ho mai preso la cattedra di Asor Rosa (e comunque ormai ho lasciato ogni cattedra), ma che non ho mai detto che tra dieci anni Camilleri sarà dimenticato, l'ho detto semmai di vari scrittori di noir e simili: tanto è vero che Camilleri l'ho messo anche nella nuova edizione della mia Storia della letteratura (vol. IV. p.686), che spero duri almeno dieci anni (ma comunque anche io me ne fotto)". Era il 18 settembre del 2014. Camilleri è morto ieri e dunque i dieci anni termineranno il 18 settembre del 2024. Sperando di esserci ancora, diamoci appuntamento su Repubblica per vedere quanto davvero Camilleri somigliava al suo amato Simenon con il quale aveva in comune non solo la grande vena di romanziere popolare e il raro talento della scrittura facile, anche se l'inventore di Maigret, di gusti più semplici e forti, non aveva la cultura di Camilleri. Come Simenon, Camilleri aveva la certezza che di sé non sarebbe rimasto nulla. E invece Simenon, che morì nel 1989, è ancora (e forse di nuovo) la gioia dei lettori, uno degli autori più venduti e più letti nel mondo. E magari proprio perché anche lui amava i suoi contemporanei, tutta "la piccola gente" del mondo, e dei posteri se ne fotteva. Con la voce pastosa e calda così bene imitata da Fiorello: "Iu mi nni staiu futtennu".

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