"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 15 luglio 2020

Cosedaleggere. 55 «I tabù cadono per stanchezza, o noia, o smemoratezza».


“Favoletta politicamente scorretta” di Andrea Camilleri che ha per titolo “Il Cavaliere e la volpe”, postata il mercoledì 27 di ottobre dell’anno 2004:
Nel paese chiamato Iliata c’era un Cavaliere il quale ce l’aveva a morte con la Volpe. Non passava giorno che il Cavaliere, attraverso i suoi banditori che erano tanti e ben pagati, non raccontasse le malvagità della Volpe, ladra, invidiosa dei beni del Cavaliere e sempre pronta a portarglieli via, ricettacolo d’odio, spergiura, mentitrice, inaffidabile. E tutto questo perché? Solo perché il pelame della Volpe era rosso e il Cavaliere, assai più di un toro nell’arena, inferociva appena vedeva quel colore. Un giorno il Cavaliere, nascosto, vide che la Volpe voleva mangiarsi un grosso grappolo d’uva alta sopra un pergolato. La Volpe saltava e saltava con tutte le sue forze, ma, per quanto si impegnasse allo spasimo spiccando balzi sempre più alti, a un tratto si fece persuasa che quel grappolo era, per lei, irraggiungibile. «Perché sto qui a sprecare energia?», si domandò. «Oltretutto sicuramente quell’uva è troppo agra». E se ne andò. Il Cavaliere, nel suo nascondiglio, immediatamente si convinse che quell’uva era buonissima e che la Volpe aveva detto che era agra solo perché non era riuscita a prenderla. Così, avvicinatosi alla pergola, senza manco scendere da cavallo, agguantò il grappolo e ne fece un solo boccone. S’attossicò. L’uva era veramente agra.

Tratto da “Twilight zone. Revival Berlusconi” di Barbara Spinelli, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi mercoledì 15 di luglio 2020: (…). Strana saggezza, quella che rompe tabù con tanta disinibizione. In genere la saggezza tende a conservarli, ma le eccezioni non mancano. I tabù cadono per stanchezza, o noia, o smemoratezza, o perché c’è chi coltiva lo spirito blasé e ne ha viste tante. Il passato diventa una sorta di nebbia spugnosa, come quella intravista dal vecchietto che d’un tratto appare in Amarcord e osservando i semi piumosi sparpagliati nell’aria dai pioppi – le “manine” annunciatrici della primavera – balbetta tutto scombussolato ma forse contento: “Vagano…gironzano…gironzo-la-no…”. Come percepire in questa caligine indistinta la solida roccia di un tabù? Quando cade un tabù c’è sempre da temere: sta per aprirsi l’era della Twilight Zone, quella “zona intermedia fra luce e ombra, fra scienza e superstizione, fra il pozzo delle paure umane e la cima della conoscenza”. Difficile difendersi e mantenere la testa a posto, quando irrompe la Quinta Dimensione e cammin facendo hai perso i tuoi tabù e ogni cosa che prima ti pareva indigesta la riscopri, nel crepuscolo, “interessante”. Soprattutto quando ad accogliere gli Interessanti ci sono politici (…). Slavoj Žižek ci ricorda che in Cina, se si odia veramente qualcuno, lo si maledice così: “Che tu possa vivere in tempi interessanti!”. Non mi soffermerò sul curriculum di Berlusconi, sui suoi fatti e misfatti. Non perché quel paesaggio sia annebbiato da manine (…). Quel che si vorrebbe capire è l’origine di questa frana simultanea di memorie e salutari tabù. (…). Intanto si cantano le lodi del vecchio mondo perduto. Ricco di persone profondamente erudite, di accademici puntuti, di intelligenze smaliziate, comunque di navigati: tipo Giulio Andreotti o Craxi o Berlusconi. Renzi ha mancato quasi tutti gli esami di idoneità, si è perfino inventato un’inesistente poesia di Borges, ma aspetta fiducioso il proprio revival con annesso smacchiatore di tabù: presto sentiremo dire che anche lui ha l’aureola per il fatto che possiede, grazie ai suoi senatori, il potere più infido che è quello di nuocere. Le verità è che tutti sono venuti più o meno dal nulla, vecchi e nuovi. Per tutti c’è stato un goffo primo giorno di scuola politica e poi tanti giorni di trasformismo. Non erano, gli Antichi, nati competenti e cervelloni. Apparentemente però nessuno dei Nuovi ha la loro intelligenza; nessuno è, come lo furono i più o meno Antichi, “interessante”. Siamo governati da un nugolo di primati appena scesi dagli alberi, dove dovrebbero tornare. Inoltre i Nuovi sono populisti, cioè cercano di ascoltare quel che dice il popolo e di tenerne conto: niente di più incompetente, sentenziano gli Antichi che del suffragio universale farebbero volentieri a meno. Oppure sono sovranisti più o meno confessi: un epiteto ingiurioso che non significa nulla, se l’anti-sovranista non spiega una buona volta quel che significhi, per lui, “sovranità”. Nel salotto può tornare Berlusconi. Andreotti no perché non c’è ma è di continuo celebrato (ah i bei tempi della prima repubblica!). I loro rapporti con la mafia e il malaffare – certificati da inchieste e verdetti giudiziari – sono quisquilie coltivate da robivecchi. La mafia stessa non fa più quella grande impressione, specie in tempi di Covid. Due inchieste sul Financial Times (7 e 9 luglio) raccontano come la ’ndrangheta infiltri il nostro sistema sanitario e venda bond sui mercati, ma i giornali mainstream non dicono un granché, né si preoccupano di capire l’effetto che notizie simili potrebbero sortire alla vigilia del negoziato Ue sul Recovery Fund (l’effetto di un pizzino, si può supporre). Sono in ben altre faccende affaccendati, come il rassettamento del passato che finirà col concedere il revival magari anche alle mafie. Benvenuti in tempi interessanti.

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