Tratto
da “Promemoria/1” di Marco Travaglio,
pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 10 di luglio 2020: (…). 1973. Silvio B. soffia Villa
San Martino ad Arcore a un’orfana minorenne, Annamaria Casati Stampa, pagandola
una miseria (per giunta in azioni di sue società non quotate: valore zero)
grazie ai buoni uffici del protutore della ragazza, l’avvocato Cesare Previti,
figlio di uno dei suoi amministratori-prestanomi.
1974-1976. B. ospita nella villa Vittorio Mangano, un mafioso palermitano della famiglia di Porta Nuova con vari precedenti penali, Vittorio Mangano, poi definito da Paolo Borsellino “testa di ponte della mafia al Nord”, travestito da “stalliere”: glielo aveva presentato l’amico siciliano Marcello Dell’Utri, poi condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, durante un incontro a Milano alla presenza di Stefano Bontate, capo di Cosa Nostra, e di altri boss del calibro di Francesco Di Carlo e Mimmo Teresi e del mafioso Gaetano Cinà. Mangano restò nella villa nonostante vi avesse organizzato un sequestro di persona, un paio di attentati dinamitardi contro un’altra residenza berlusconiana e vi fosse stato arrestato ben due volte.
1975-1983. Nelle società finanziarie che controllano
la Fininvest (denominate “Holding Italiana” e numerate dalla 1 alla 37)
confluiscono 113 miliardi di lire (pari a 300 milioni di euro) di provenienza
misteriosa, in parte in contanti. Negli stessi anni – secondo il finanziare
Filippo Alberto Rapisarda, vari pentiti e il boss Giuseppe Graviano – Cosa
Nostra entra in società con la Fininvest per le attività edilizie e televisive.
1978. Sivio B., presentato al maestro venerabile Licio
Gelli dal giornalista Roberto Gervaso, si iscrive alla loggia P2 (poi sciolta
dal governo Spadolini in quanto illegale ed eversiva) con la tessera numero
1816 e il grado di “apprendista muratore”. E inizia a ricevere, per i cantieri
di Milano2, crediti oltre ogni normalità da Montepaschi e Bnl, controllate
entrambe da dirigenti piduisti; oltre a collaborare con commenti di economia e
finanza al Corriere della sera, controllato dalla P2.
1980. Una soffiata lo avverte di un’imminente visita
della Guardia di Finanza in casa Fininvest. Così B. scrive una lettera
all’amico segretario del Psi Bettino Craxi: “Caro Bettino, come ti ho accennato
verbalmente, Radio Fante ha annunciato che dopo la visita a Torno, Guffanti e
Cabassi, la polizia tributaria si interesserà a me… Ti ringrazio per quello che
crederai giusto fare…”.
1984. A maggio B. è indagato a Roma con altri cento
dirigenti di tv private per antenne abusive e interruzione di pubblico servizio
(interferenze con le frequenze dell’aeroporto di Fiumicino) e viene interrogato
dal vicecapo dell’Ufficio Istruzione Renato Squillante. Lo accompagna il suo
legale, Cesare Previti. Viene subito archiviato, mentre per molti altri
imputati l’inchiesta si chiuderà solo nel 1992. Si scoprirà poi che B., Previti
e Squillante hanno conti in Svizzera comunicanti. A ottobre i pretori di
Torino, Pescara e Roma sequestrano gli impianti che consentono alle tre reti
Fininvest di trasmettere illegalmente in “interconnessione”, cioè in
contemporanea con l’effetto-diretta in tutta Italia e dispongono che rientrino
nella legalità irradiando i programmi in orari sfasati da regione a regione. B.
auto-oscura Canale5, Rete4 e Italia1 fingendo che i giudici gliele abbiano
spente e lanciando la campagna “Vietato vietare” a cura del confratello
piduista Maurizio Costanzo. Craxi vara un decreto per neutralizzare le
ordinanze dei pretori e legalizzare l’illegalità dell’amico. Il decreto però
non viene convertito in legge perché la Dc lo ritiene incostituzionale. Craxi
ne vara subito un secondo, minacciando la crisi di governo in caso di nuova
bocciatura.
1988. B. denuncia per diffamazione i pochi giornalisti
che hanno osato recensire la sua biografia non autorizzata Inchiesta sul Signor
Tv di Giovanni Ruggeri e Mario Guarino (Editori Riuniti). E, sentito come parte
lesa dal Tribunale di Verona, racconta un sacco di frottole sulla sua adesione
alla P2, datandola al 1981 (quando esplose lo scandalo) e negando di aver mai
pagato la quota di iscrizione. Invece si iscrisse nel 1978 e pagò regolarmente
a Gelli la quota di 100mila lire. Così, da parte offesa, diventa imputato di
falsa testimonianza dinanzi alla Corte d’appello di Venezia. Che sentenzierà:
“Il Berlusconi ha dichiarato il falso” e “compiutamente realizzato gli estremi
obiettivi del delitto di falsa testimonianza”, ma “il reato va dichiarato
estinto per intervenuta amnistia” (appena varata nel ’90). Spergiuro e
impunito.
1989-’91. Socio di minoranza della Mondadori
controllato dalle famiglie De Benedetti e Formenton (oltre al ramo libri,
possiede il quotidiano Repubblica, una catena di testate locali, i settimanali
l’Espresso, Panorama ed Epoca), B. convince i Formenton a violare i patti con
l’Ingegnere e a cedere a lui le loro quote, diventando l’azionista n.1 e il
presidente del gruppo. Un lodo arbitrale dà ragione a De Benedetti, ma B. lo
impugna dinanzi alla Corte d’appello di Roma. E lì il giudice Vittorio Metta lo
ribalta, regalando la Mondadori a B. Una sentenza definitiva accerterà che
Metta è stato corrotto da Previti con 400 milioni di lire in contanti provenienti
dai conti esteri della Fininvest (comparto occulto All Iberian). Previti e
Metta saranno condannati, mentre B. “privato corruttore” se la caverà con la
prescrizione. Tangentista e impunito.
1990. Craxi e Andreotti impongono alla maggioranza di
pentapartito la legge Mammì, cioè la tanto attesa riforma antitrust del sistema
radiotelevisivo. Peccato che non riformi un bel nulla, anzi fotografi il
monopolio illegale di B. Infatti verrà chiamata “legge Polaroid”. Per protesta,
si dimettono dal governo Andreotti i cinque ministri della sinistra Dc, fra cui
Sergio Mattarella. Il divo Giulio li rimpiazza in una notte. Qualche mese più
tardi, Craxi inizia a ricevere sui suoi conti svizzeri una cascata di soldi da
quelli della Fininvest (comparto occulto All Iberian): per un totale di 23
miliardi in pochi mesi. Dagli stessi conti All Iberian, fuoriescono in quei
mesi centinaia di miliardi di cui la magistratura non riuscirà a individuare i
destinatari. Così, oltreché della carta stampata e dell’editoria libraria, B.
si consacra padrone assoluto della tv commerciale. E questo è solo l’antipasto.
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