"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 21 luglio 2020

Ifattinprima. 77 «Parte del Pd e financo Prodi sognano un governissimo col pregiudicato. Fingendo di dimenticare chi è».


“Favola vera”, favoletta politicamente scorretta di Andrea Camilleri postata il lunedì 4 di ottobre dell’anno 2004: “Eletto a furor di popolo Presidente di tutto (della Repubblica, del Senato, della Camera, del Consiglio) il Cavaliere riunì i suoi ministri e disse: «Da tempo avevo preparato la riforma della Costituzione. Prendete appunti. Il testo l’ho già inviato alla Gazzetta Ufficiale».
Diligentemente, i ministri si munirono di carta e penna. «Articolo 1», dettò il Presidente, «Iliata è una Repubblica fondata sui lavori del Cavaliere». I ministri annuirono. «Articolo 2», proseguì il Presidente. «Il colore rosso, simbolo dell’odiato comunismo, è dichiarato anticostituzionale e pertanto viene abolito». «Come la mettiamo con le Ferrari?», domandò il ministro dell’Industria. «Non c’è problema. Diventano azzurre», ribattè il Cavaliere. «E con il Tricolore?», domandò a sua volta il ministro della Difesa. «Rimane tricolore, ma al rosso si sostituisce l’azzurro», fece seccamente il Cavaliere. E via di questo passo. Furono stabilite multe salatissime per chi, coinvolto in un qualsiasi incidente, mostrava pubblicamente il rosso del suo sangue, con i diserbanti si fecero sparire rose e fiori rossi, la carne rossa non venne più messa in vendita mentre il pesce azzurro fu portato alle stelle, l’unico vino in commercio rimase quello bianco. Sommersi da tutto quell’azzurro, gli Iliatani cominciarono ben presto a soffrire di nostalgia del rosso, una nostalgia che diventava di giorno in giorno sempre più acuta. Si ebbero i primi attentati rivendicati dai Grar (Gruppi rivoluzionari adoratori rosso). I contrabbandieri facevano affari d’oro non con le sigarette o i clandestini, ma con le scatole di sugo di pomodoro, assolutamente proibite in Iliata. Finché un mattino, dopo un violentissimo acquazzone, apparve in cielo un gigantesco arcobaleno che coprì l’intero paese. Il rosso di quell’arcobaleno non era solamente un colore, ma un altissimo grido di rivolta, deciso e terso. Quell’arcobaleno segnò, sempre a furor di popolo, la fine del Cavaliere”. 

Tratto da “Una vita da Caimano/4” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano del 13 di luglio 2020:
2014. Il 18 gennaio, meno di due mesi dopo la sua espulsione dal Senato in seguito alla condanna definitiva a 4 anni per frode fiscale che l’ha fatto decadere in base alla legge Severino e interdetto dai pubblici uffici, Silvio B. viene ricevuto con Gianni Letta nella sede del Pd dal neosegretario Matteo Renzi. Che alla fine esprime “profonda sintonia” con il pregiudicato ineleggibile. E sigla con lui il Patto del Nazareno sulle riforme elettorale (Italicum) e costituzionale e su altri scambi inconfessabili che resteranno segreti, riportandolo surrettiziamente nell’area di governo, ma soprattutto riabilitandolo e rimettendolo in gioco. Il Camiano, che pareva finito e per cui lo stesso Renzi annunciava il “game over”, è resuscitato un’altra volta per mano dei suoi presunti avversari. Il 22 febbraio, Renzi rovescia il governo di Letta e ne prende il posto. Il 10 aprile Dell’Utri, appena condannato dalla Cassazione per mafia, fugge in Libano per sottrarsi all’arresto. B. dichiara: “L’ho mandato io. Marcello è a Beirut perché Putin mi ha chiesto di sostenere la campagna elettorale di Gemayel”. Ma il suo compare non è un ambasciatore: è un latitante inseguito da un mandato di cattura internazionale con richiesta di estradizione (verrà concessa il 12 giugno, quando il creatore di FI sarà tradotto nel carcere di Parma, a qualche cella di distanza da Riina). Il 14 maggio B. inizia i servizi sociali all’ospizio Sacra Famiglia di Cesano Boscone per scontare il suo residuo pena extra-indulto (10 mesi). Il 18 luglio viene assolto in appello (come poi in Cassazione) al processo Ruby, anche perché la Severino ha modificato il reato di concussione. Nei tre anni di governo Renzi, la rinata FI voterà quasi tutti i suoi provvedimenti, copiati dal programma di B.: Jobs Act, abolizione dell’art. 18, ”Buona Scuola”, responsabilità civile dei giudici; soglie di impunità per frodi ed evasioni fiscali; tetto ai contanti a 3mila euro; riforma costituzionale per un premier più forte e un Parlamento più debole; Italicum, con deputati nominati dai capi-partito e premio di maggioranza abnorme per chi arriva primo (come nel Porcellum); abolizione dell’Imu. Completano il quadro il rilancio del Ponte sullo Stretto, l’occupazione militare della Rai, la guerra ai magistrati più impegnati. Uno sdoganamento politico e culturale del berlusconismo a opera del Pd, che si preclude ogni possibilità di combatterlo in futuro.
2015. Il 31 gennaio l’idillio è momentaneamente rotto dal tradimento di Renzi, che fa eleggere Sergio Mattarella al posto di Napolitano senza il permesso a B. Questi preferiva il più fidato Amato. E si vendica, schierandosi contro l’Italicum e la riforma costituzionale che ha contribuito a scrivere.
Ma il governo Renzi non ha nulla da temere, anche perché continua a regalare favori a B. e alle sue aziende, grazie anche ai teorici del “renzusconismo”, il plurimputato Denis Verdini, che gli ha portato una pattuglia di parlamentari berlusconiani.
2016-2017. Persi il referendum e il governo (passato a Gentiloni), Renzi si vede bocciare l’Italicum dalla Consulta. E riprende a trattare con B. per una nuova legge elettorale su misura per entrambi: il Rosatellum, votato anche dalla Lega, fatto apposta per produrre ingovernabilità, creare finte coalizioni elettorali, far nominare dai capipartito i 2/3 dei parlamentari e soprattutto favorire, dopo le elezioni, un governo Renzusconi: l’ultimo argine dell’establishment contro i 5Stelle. L’inciucio è benedetto dalla grande stampa, compresa quella di sinistra. Da Scalfari a De Benedetti, è tutta una corsa a riabilitare B. come “male minore”, addirittura “salvatore dell’Italia” dal pericolo “populista” e “antieuropeista” (proprio lui, il più grande populista e antieuropeista mai visto).
2018. Alle elezioni del 4 marzo FI scende al minimo storico (14%). Scavalcato dalla Lega di Salvini (17,4), B. perde la leadership del centrodestra e vede stravincere i suoi peggiori nemici: i 5Stelle (32,7). Per il governissimo col Pd non ci sono i numeri. Ci sarebbero per un M5S-Pd-Leu, ma Renzi lo stoppa. Salvini, col permesso di B., va al governo con Di Maio ma a patto che quest’ultimo non sia premier, perché rifiuta di incontrarlo e pure di parlargli al telefono. Nasce il Conte 1, il primo governo da 40 anni in cui B. non conta nulla: infatti passano leggi che mai nessuno aveva osato varare (Anticorruzione, blocca-prescrizione, voto di scambio, taglio dei vitalizi e dei parlamentari, dl Dignità, reddito di cittadinanza).
2019-2020. Nell’agosto 2019 Salvini rovescia il governo per andare alle elezioni, cancellare i 5Stelle e capitalizzare il trionfo delle Europee. Ma stavolta Renzi e il nuovo Pd guidato da Zingaretti si alleano con M5S e Leu nel Conte 2. Ma Renzi impiega poco a passare da promotore a guastatore del governo giallo-rosa, con la scissione di Italia Viva e uno smaccato corteggiamento a B. in vista di un governissimo Draghi che restauri l’Ancien Regime. Però la popolarità di Conte, soprattutto dopo la buona gestione della pandemia da Coronavirus, blocca l’inciucio per qualche mese. Poi, passata l’emergenza, la voglia di ammucchiata ritorna, su pressione dei poteri finanziari e dei loro giornaloni. Non solo Renzi, ma persino parte del Pd e financo Prodi sognano un governissimo col pregiudicato. Fingendo di dimenticare chi è. E quanti danni ha già fatto all’Italia.

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