"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 4 luglio 2020

Cosedaleggere. 53 Bestiario breve.

1 “Una vespa si posò sul collo di un contadino. – Ora ti pungo – fece la vespa. – Ragioniamo un momento – disse il contadino. – Che te ne viene? Io massimo massimo mi faccio due giorni di febbre, tu invece dopo avermi punto, sei costretta a morire. Ti pare cosa? –. La vespa non rispose e lo punse. Colto da choc anafilattico, il contadino morì. Il suo ultimo pensiero fu: - Se l’ammazzavo con una botta invece di farla ragionare, a quest’ora sarei ancora vivo -. A poca distanza, sconciata, la vespa stava per morire. Il suo ultimo pensiero fu: - Se ragionavo invece di pungerlo, a quest’ora sarei ancora viva -. Questa è una favola assolutamente inutile.
La favoletta proposta ha per titolo, per l’appunto, “Favola inutile”, ed è stata scritta da quel grande, moderno affabulatore che rispondeva, per nome e cognome, ad Andrea Camilleri. Affabulare è sempre stato proprio dell’uomo, anzi, se non erro, unicamente dell’uomo. Ché se le bestie avessero saputo o potuto affabulare sarebbe stato bello ed interessante scoprirne il fine ultimo. Nella favola si nasconde sempre un intento “moralistico”, dovuto soprattutto alla scontata e vituperata “antropomorfizzazione” delle bestiole coinvolte nelle storielle raccontate. E se le bestiole avessero affabulato anch’esse, come ne sarebbe uscito l’uomo? Non conosco l’equivalente dell’operazione che renda le bestiole come gli umani, con sentimenti, ragionamenti, picche e ripicche; l’ho definita poco prima “antropomorfizzazione”. E l’equivalente sarebbe “bestiamorfizzazione”? Ci avrebbero “bestiamorfizzato” le bestiole se solo avessero potuto affabulare? Accettiamo pure, con riserva, il termine non proprio elegante. Nel mio “Bestiario” breve sono ospitate tre favolette – pescate un po’ ovunque dalla mia incontrollabile ansia della lettura – i protagonisti delle quali sono di volta in volta gli animali, non proprio domestici, come è stato il caso della vespa, comunque facilmente riconoscibili e con i quali si ha una certa dimestichezza. Sarebbe altrimenti difficile intesserci un rapporto, un ragionamento a fini educativi. Infatti, a differenza delle fiabe nelle quali gli animali sono animali fantastici e che non corrispondono per nulla agli animali che ci circondano, nelle favole gli animali devono essere necessariamente quelli che ci circondano, che ci razzolano attorno e con i quali, davvero, tante volte abbiamo anche intessuto un dialogo, magari quando ci si è trovati da soli e che nessuno abbia avuto a testimoniare di un comportamento a dir poco preoccupante. Ed il quale comportamento, ripensandoci magari dopo, ci sarà apparso disdicevole per la nostra integrità psico-fisica. Ma quel dialogare con la bestiola di turno, quel dire e non dire e riceverne tutto al più una “leccata” o uno strusciarsi o un banale scodinzolare, quante volte quel dialogare ci è servito per fugare le angosce del quotidiano e per ristabilire una certa armonia nella nostra anima devastata? E le favole servono giustappunto a questo; e le bestiole pure. Da sempre. E per questo le nobilitiamo le bestiole, “antropomorfizzandole”, ed affidando ad esse verità ed insegnamenti che mal accetteremmo da un umano qualsiasi, del quale umano fidarsi è bene ma non fidarsi è (forse) meglio.

2 “E pazienza!”, disse il pesce dell’ingenua storiella rivolto alla lenza alla quale aveva maldestramente abboccato, osservandola con occhio triste e spento. Occhio triste e spento di pesce quasi morto. Stoicismo di un pesce! È la storiella che tante volte ho ripetuto per dire che esistono al mondo condizioni che possono essere considerate le migliori desiderabili solo se si riuscisse a sapere delle condizioni future che il navigare tumultuoso della vita ci riserva a nostra insaputa. E sì che il buon pesce avrebbe poco da rallegrarsi: dall’abboccare alla lenza al finire fritto in una padella il passo è sì breve assai! Ma tant’è che si consola pensando ad una condizione che seppur precaria non prefigura ancora la condizione successiva. Di pesce fritto. Accade in tutti i campi della vita ed a tutti gli esseri viventi. Come pesci che siano abboccati ad una lenza ci si ritrova a dover professare lo stoicismo del nostro amabile essere marino: ne scrive da par suo Vincenzo Cerami nel pezzo intitolato per l’appunto “Pazienza” e ripreso da quel glorioso quotidiano (del luglio 2008?) che fu di Antonio Gramsci. Solo che il buon Cerami non parla di pesci che abbiano abboccato ma di umani, di ingenui esseri umani. Pazienza! Cerami: Mai come in questo periodo siamo chiamati ad avere pazienza: attendere, sbuffare, uffare, porgere l’altra guancia in attesa di tempi migliori. E in più ci si mette il caldo. La malasorte ci ha costretto a fare da ascoltatori davanti a qualcuno che suona male il pianoforte. Il pianista è mediocre e stonato, va a braccio, esegue San Martino Campanaro con un dito. Per impedirgli di suonare non serve fischiare o tirargli pomodori, bisognerebbe mettergli davanti agli occhi uno spartito. Allora sì che si ferma. Stando ai sondaggi, pare che la cosiddetta luna di miele tra il suonatore e i suoi sostenitori stia finendo. Si sa che da noi succede spesso che vai a letto con tua moglie e ti risvegli con tua madre, nel senso che speri di avere incontrato la donna giusta e invece ti ritrovi al punto di partenza, addirittura a quand’eri in fasce. Dunque il dolce sguardo degli italiani rivolto alla maggioranza s’invola. È forse il caso di consultare un oculista, perché si tratta, a quanto dicono i sondaggisti, di un male in parte fisiologico e per il resto logico, a causa dei pessimi risultati fin qui accumulati. L’indimenticabile Jacques Prévert, il poeta delle foglie morte, dice che il ministero delle Finanze dovrebbe chiamarsi ministero della Miseria, visto che il ministero della Guerra non si chiama ministero della Pace. Noi diremmo, fuor di metafora, che dovrebbe chiamarsi ministero della Miseria semplicemente perché lavora con dovizia per lei, per farla prosperare. Ci vuole pazienza, la santa pazienza fa miracoli, col tempo l’erba diventa latte, e quindi mozzarella, caciocavallo, provolone e sottilette. I nostri ministri finanziari, con una trovata geniale, per sanare l’economia del paese senza cambiare la sostanza delle cose, ci dicono che bisogna brucare l’erba, perché è come mangiare il formaggio.

3 “Il Centopiedi visse felice fino a quando il Rospo gli chiese scherzando: - Spiegami un po’, quale gamba muovi prima e quale dopo - E così lo mise in tale confusione, che il Centopiedi rimase bloccato nel fosso, riflettendo su quale dovesse essere il metodo per camminare”.  È un brevissimo “bestiario” di Edmund Craster – o meglio, Sir Herbert Henry Edmund Craster (1879-1959), bibliotecario britannico responsabile della Bodleian Library presso l'Università di Oxford (1931-1945) -.
Si attaglia perfettamente allo stato sempre comatoso o preagonico a tutte le epoche della politica nel bel paese. Guarda caso il numero delle zampette dell’incolpevole animaletto corrisponde, per difetto, all’allegra e chiacchierona brigata del buon – si fa per dire - governo. Mancando di una struttura cerebrale ben strutturata e ben coordinata, l’invertebrato ha difficoltà a riflettere sulle parole del Rospo furbacchione ed a coordinare consapevolmente le innumerevoli appendici mobili di cui è dotato. Con un sostanziale vantaggio però; che pur mancando di strutture nervose evolute il terricolo animaletto ha superato la prova del nove, ovvero quella della sua sopravvivenza nel regno animale. L’evoluzione lo ha premiato e pertanto articolerà le sue appendici così come trascritto nel suo codice genetico, senza pensarci più di tanto. E continuerà a spostarsi sull’infido terreno con il suo incedere naturale, a dispetto del ragguardevole numero di appendici mobili da coordinare. Per le centinaia e passa di appendici mobili e pensanti del buon – si fa per dire - governo del bel paese le prospettive risultano in verità diverse. Con demagogica dottrina intenti nel quotidiano e senza freno a sproloquiare, tanto da confondersi e smentirsi a vicenda, avranno alfine il merito di immobilizzare il pachidermico corpo governativo e di anticiparne il trapasso a vita inoperosa se non inconcludente, senza possibilità alcuna di un proficuo ed intelligente coordinamento da parte di chicchessia. Risultando l’impresa quanto mai impossibile. Auspicabile forse il trapasso dell’immobile corpaccione, pur di non dover quotidianamente assistere alle farneticanti dissertazioni delle sue centinaia di inutili appendici. Ben poco importa loro – alle appendici per l’appunto - se il lupo cattivo è di già in agguato nel bosco fronzuto, ove il millenario e passa centopiedi continua il suo preziosissimo lavoro di abitatore del sottobosco.

2 commenti:

  1. "Un giorno sarai grande abbastanza da ricominciare a leggere le favole". ( C.S.Lewis)

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  2. "Ho scoperto che, quando si è particolarmente turbati, è maggiore il conforto che ti dà la compagnia devota e silenziosa di un cane, rispetto a quello che puoi trarre da altre fonti".( D. Day).

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