È
interessante riprendere, prima di leggere l’editoriale di Marco Travaglio - “Chi tace acconsente” - pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” di ieri 9 di luglio, l’intervista rilasciata dallo scomparso Franco
Cordero alla giornalista Silvia Truzzi - “Il
caimano finirà male. È monco dell’organo morale” -, intervista pur essa
pubblicata su “il Fatto Quotidiano” del 6 di luglio dell’anno 2013:
(…). Professore, dopo lustri di maneggi e leggi ad personam l’ex premier Berlusconi ha avuto due condanne per reati pesantissimi. – (…). I casi berlusconiani configurano erculee schermaglie. Da vent’anni eludeva i rendiconti penali, cumulando proscioglimenti dubitosi, gravi delitti estinti dal tempo (due Camere servili gli tagliavano i termini), norme penali caduche (se le abrogava). L’obiettivo strategico era non lasciarsi giudicare: due “lodi” invalidi lo vestivano d’una aberrante immunità; altrettanto invalida la norma che gli concedeva d’eludere le udienze accampando impedimenti. Alla fine incassa due condanne, una dal tribunale, l’altra dalla Corte d’appello, il minimo che potesse capitargli; ed erompe l’inferno: grida al complotto eversivo; insulta pubblico ministero e giudici; chiama in causa i vertici, esigendo salvacondotti forse praticabili in una monarchia pirata delle Antille temporibus illis; sfrena il partito, meglio definibile compagnia mercenaria -.
(…). Professore, dopo lustri di maneggi e leggi ad personam l’ex premier Berlusconi ha avuto due condanne per reati pesantissimi. – (…). I casi berlusconiani configurano erculee schermaglie. Da vent’anni eludeva i rendiconti penali, cumulando proscioglimenti dubitosi, gravi delitti estinti dal tempo (due Camere servili gli tagliavano i termini), norme penali caduche (se le abrogava). L’obiettivo strategico era non lasciarsi giudicare: due “lodi” invalidi lo vestivano d’una aberrante immunità; altrettanto invalida la norma che gli concedeva d’eludere le udienze accampando impedimenti. Alla fine incassa due condanne, una dal tribunale, l’altra dalla Corte d’appello, il minimo che potesse capitargli; ed erompe l’inferno: grida al complotto eversivo; insulta pubblico ministero e giudici; chiama in causa i vertici, esigendo salvacondotti forse praticabili in una monarchia pirata delle Antille temporibus illis; sfrena il partito, meglio definibile compagnia mercenaria -.
Undici
anni fa lei inventò il soprannome “Caimano”. Come finirà la parabola
dell’alligatore? - La convulsione nasce da un caso psichiatrico. Costui pretende d’essere diverso e lo è clinicamente parlando:
nella sua testa gli altri esistono come possibili prede; non vigono norme.
Sulla scena agonistica appare monco dell’organo morale,
con uno stomaco senza fondo e riflessi d’alligatore o squalo: struttura d’alto
rendimento nella catena alimentare in società moralmente deboli qual era
l’Italia divisa tra balena democristiana e chiesa comunista; infatti
s’arricchisce a dismisura mediante corruzione, frode, plagio, forte dell’impero
mediatico. L’Io ipertrofico vola come una mongolfiera, gonfio d’idee deliranti
(è termine tecnico): folie de grandeur; dà del tu a Domineddio. Sono fenomeni
noti alla patologia del comportamento. Molti pazienti finiscono male
nell’attrito col mondo. Qui, caso singolare, prevaleva il deviante convertendo
le fantasie in fatti (psicosi acted out), fino a sentirsi onnipotente. Idea
pericolosa, incubava dei traumi: s’è visto justiciable, condannato due volte; e
soffre i versanti neri del delirio. Non finge quando tira in ballo oscuri
persecutori. Viso, smorfie, grida, minacce evocano incubi -.
I neo eletti parlamentari
del Pdl – ministri di larghe intese compresi (e
l’attuale Presidente del Senato della Repubblica n.d.r.) – hanno manifestato davanti al
Tribunale di Milano. Eppure gli eversori, secondo loro, sarebbero i magistrati.
- Puntando al peggio reclutava rumorose compagnie. Diversamente dal padrone,
tempestosamente convinto della parte che s’è scelta, gli accoliti la mimano
sapendo benissimo come stiano le cose e chi sia Berlusco Magnus: non visti,
lanciano occhiate fredde; il culto è commedia, pratica labiale, ma nella corvée
liturgica fanno scena a gara. Sospettoso e vendicativo, l’egocrate non perdona
i tiepidi, e siccome gli devono fortune cadute dalle nuvole, giurano
impetuosamente ogni articolo dettato dal sovrano. Rapporti simili sviluppano
effetti degradanti: nelle file è guerra perpetua; qualcuno raccoglie materia
incriminante sui concorrenti. La messinscena evoca l’antico rito purgatorio,
dove coniuratores d’un dato rango (ad esempio, vescovi, baroni, cavalieri)
intervenivano pro imputato: non che sapessero le cose; rendevano ossequio. Gli
spettatori ricordano come Dominus Berlusco pretendesse d’avere liquidato
l’accusa giurandosi innocente sulla testa dei figli, e i fatti erano lì, grossi
come case. Dignitari miracolati (è pittoresca corte dei miracoli Arcore, icone
da Hieronymus Bosch) hanno qualcosa del prete ateo, senza disinganno tragico o
fede artificiosa (will to believe). I sudditi credenti invece s’identificano
nel re e scatta il corto circuito ipnotico, tipico del rituale populistico, ma
ormai va diminuendo il numero degl’ispirati: i fatti lasciano segni anche nei
cervelli meno aperti; spesso l’elettore lo vota senza illudersi, quale patrono
d’interessi particolari: ad esempio, una linea lassistica in materia fiscale o
nella repressione del cronico malaffare che dissangua le casse pubbliche -. (…).
Ha scritto ieri Marco Travaglio: (…). I trombettieri di Arcore, linciando (…)
chi osa ricordare che B. fu condannato perché era colpevole, fanno il loro
sporco mestiere. L’anomalia è il silenzio di chi sa come andarono le cose e
l’ha più volte raccontato, ma ora tace per non disturbare i manovratori (anzi,
intervista B. senza far domande). Noi continueremo a disturbarli facendo l’unica
cosa che sappiamo fare: raccontare i fatti. Nel 2006 il gup di Milano accoglie
le richieste dei pm Robledo e De Pasquale e rinvia a giudizio B. e altri top
manager Mediaset per falso in bilancio, frode fiscale e appropriazione
indebita. La Procura ha scoperto che il Cavaliere, prima e dopo l’ingresso in
politica nel ’94, dispose una serie di operazioni finanziarie per acquistare i
diritti tv di film dalle major Usa con vorticosi passaggi fra società estere
(tutte sue) per farne lievitare artificiosamente i prezzi: così rubò a
Mediaset, tramite due offshore intestate ai figli, almeno 170 milioni di
dollari e se li intascò in nero, sottraendo al fisco almeno 139 miliardi di
lire e falsificando i bilanci anche durante la quotazione in Borsa nel ’96. Parte
delle accuse, per i fatti più vecchi, già nell’udienza preliminare è coperta
dalla prescrizione (abbreviata nel 2005 dalla legge ex Cirielli). In Tribunale
la prescrizione falcidia pure i falsi in bilancio più recenti: resta in piedi
parte delle appropriazioni indebite e delle frodi fiscali (fino al 2003). Il
processo viene sospeso dal 2008 al 2010 per il Lodo Alfano e riprende quando la
Consulta lo dichiara incostituzionale. Il 26 ottobre 2012, dopo ben 6 anni di
corsa a ostacoli a base di leggi ad personam, ricusazioni, istanze di
rimessione e legittimi impedimenti, arriva finalmente la sentenza di primo
grado: condanne per frode fiscale a B. (4 anni), a due manager e al
produttore-prestanome Agrama, assolto Confalonieri. Tutte prescritte anche le
residue appropriazioni indebite e gran parte delle frodi. Le motivazioni
descrivono un’“evasione fiscale notevolissima” (368 milioni di dollari) e un
“disegno criminoso” di cui B. fu “l’ideatore” e poi il “dominus indiscusso”. “Non
è sostenibile – secondo il Tribunale – che Mediaset abbia subito truffe per
oltre un ventennio senza neanche accorgersene”. Infatti faceva tutto il
padrone, che “rimase al vertice della gestione dei diritti” e del meccanismo
fraudolento anche “dopo la discesa in campo” del ’94. Non a caso la Cassazione
ha già accertato che fu lui a fine anni 90 a far versare la tangente
all’avvocato David Mills, creatore negli anni 80 delle società estere e occulte
della Fininvest, perché testimoniasse il falso e lo salvasse da condanne certe
nei processi per le mazzette alla Guardia di Finanza e i falsi in bilancio All
Iberian. L’8 maggio 2013 la II Corte d’Appello di Milano conferma in pieno la
sentenza di primo grado: “vi è la prova, orale e documentale, che Silvio
Berlusconi abbia direttamente gestito la fase iniziale del gruppo B (sistema di
società offshore) e, quindi, dell’enorme evasione fiscale realizzata con le
offshore”. Anche dopo l’entrata in politica, “almeno fino al 1998 vi erano
state le riunioni per decidere le strategie del gruppo con il proprietario
Silvio Berlusconi”: “Non solo si creavano costi fittizi destinati a diminuire
gli utili del gruppo e quindi le imposte da versare all’erario italiano, ma si
costituivano ingenti disponibilità finanziarie all’estero”. E “non è verosimile
che qualche dirigente di Fininvest o Mediaset abbia organizzato un sistema come
quello accertato e, soprattutto, che la società abbia subito per 20 anni truffe
per milioni di euro senza accorgersene”. La Cassazione, dopo i due giudizi di
merito, deve solo valutare la legittimità della sentenza d’appello,
perfettamente coerente con la giurisprudenza della III sezione (quella del
giudice Amedeo Franco, specializzata in reati fiscali) sulle “frodi carosello”.
E il 1° agosto 2013, appena in tempo per scongiurare la prescrizione delle
ultime due frodi superstiti (4,9 milioni sugli ammortamenti del 2002, che si
estinguono proprio quel giorno; e 2,4 milioni su quelli del 2003, che si
estinguono il 1° agosto 2014), arriva la sentenza, firmata dal presidente della
sezione Feriale Antonio Esposito e dagli altri quattro giudici (fra cui
Franco). Da allora nasce la leggenda di un “processo sprint” per negare a B. la
prescrizione, che lui ritiene un diritto acquisito e che invece la Corte ha
l’obbligo di evitare a ogni costo. Cosa ci sia di “sprint” in un dibattimento
iniziato nel 2006 e concluso nel 2013 e di “anomalo” nell’assegnazione di un
processo a rischio di prescrizione alla sezione Feriale della Cassazione
(com’era accaduto nel 2011 per 219 processi e nel 2012 per 243), lo sanno solo
i falsari pagati da B. E, se qualche beota casca nella trappola, è per il
silenzio di tutti quelli che sanno.
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