"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 29 aprile 2020

Virusememorie. 14 Lettera a… Per una speranza di salvezza.


Carissimo ********,
forse il quadro del grande disastro in cui abbiamo precipitato il mondo non sarebbe completo se io non ti parlassi di un tipo particolare di inquinamento che è quello acustico, sì proprio quello dovuto ai rumori di tutti i giorni, quei rumori costanti che peraltro sembrano dare un senso alla vita frenetica che conduciamo. È una situazione questa in cui ci siamo cacciati senza esserne sul piano naturale preparati. Ricordi di certo quando ti ho scritto della nostra origine di animali vaganti per la foresta o per la savana in cerca di prodotti della natura per la nostra nutrizione. Ebbene, immaginerai di certo l’ambiente che circondava quei nostri progenitori; certo, non erano dotati di una forza eccessiva, né di una straordinaria velocità. Ma un senso particolare è sempre stato ben sviluppato in essi; il senso dell’udito. Tramite esso quei primati hanno potuto evitare un certo numero di agguati, di pericoli che quotidianamente attentavano alla loro sopravvivenza. Capisci che grazie a questo udito particolarmente sviluppato essi riuscivano a percepire tutte le variazioni che l’ambiente circostante subiva: e la percezione di un pericolo, captato mediante quel particolare organo sensorio che è l’orecchio, metteva in allarme tutto l’organismo nel suo complesso, stimolando la secrezione di tante ghiandole onde preparare l’individuo alla fuga ed alla difesa. Ecco qual è il punto: che un semplice rumore è capace di stimolare l’organismo nel suo complesso. Il fruscio del vento tra le foglie, i versi degli altri animali, i canti d’amore, erano percezioni continue che caratterizzavano il mondo dei nostri antichi parenti; un ramo spezzato, un rumore di passi felpati erano capaci di mettere sull’avviso e di rendere nervosi ed irascibili i nostri cari antichi parenti. Oggi possiamo dire che grazie a questo nostro mondo di rumori il nostro organismo è sempre teso, sempre pronto ad una aggressione che non trova poi il modo di manifestarsi e scaricarsi. Ecco, siamo di continuo sottoposti a delle sollecitazioni di pericolo, poiché il rumore è sempre stato naturalmente per noi sinonimo di pericolo, per cui il nostro organismo è sottoposto di continuo ad un logorio enorme. Ti ho parlato di inquinamento da rumori; ma sì, poiché è questa anche un’altra forma di degradazione dell’ambiente, che immancabilmente nuoce ed uccide, con morte lenta e poco appariscente, l’uomo. Voglio riportarti ancora della cronaca e dei dati che non potranno non sorprenderti. È la cronaca di tutti i giorni, è la cronaca che riguarda i nostri simili, il nostro buon vicino di casa magari, che ci sorride sempre dal balcone, che vuole sempre entrare dopo di noi nell’ascensore. Ecco, potrebbe accadere anche a lui, a me, ad uno di noi che ci sentiamo sani ed equilibrati; ci potrebbe accadere di essere un giorno all’improvviso diversi e di fare quel qualcosa che non avremmo fatto mai e che anzi ci ha fatto in tante altre occasioni meravigliare ed inorridire. Eppure i giornali riportano queste cronache come compiute da persone diverse da noi; ed invece, credimi, potenzialmente oggi tutti potremmo avere un giorno un mostruoso articolo sul quotidiano della nostra città:
“Silvestro B., 75 anni, pensionato di Como. Il vicino, Giovanni O., 79 anni, un po’ sordo. Quando accende il televisore lo tiene a volume altissimo. Fra i due pensionati c’è da tempo una sorda ostilità. La sera dell’otto agosto ambedue sono soli in casa. Giovanni O. accende il televisore. Silvestro B. irrompe nel suo appartamento, strappa i fili dell’antenna e lo tempesta di pugni e colpi di sgabello. Giovanni O. muore di collasso cardiaco. «Lo ho ucciso io, ma non vi dico il perché» dice Silvestro B. agli agenti che lo portano all’ospedale psichiatrico”. “Erminio A., 45 anni, metronotte milanese. Un uomo tranquillo. Ma la sera del 24 luglio crede d’impazzire: sono oramai parecchi giorni che un gruppo di ragazzi viene ad ascoltare musica pop sotto le sue finestre. A mezzanotte esce di casa e li affronta: smettetela, grida. I ragazzi non gli danno ascolto. Allora Erminio A. si avventa sul gruppo all’impazzata. Flavia L., 15 anni, cade a terra ferita alla fronte: «era diventato così nervoso negli ultimi tempi», dicono i ragazzi”. “Piero B., 31, grafico pubblicitario. Vita regolare, casa, ufficio, qualche divertimento. Verso i 30 anni comincia a svenire colto da vertigini e nausea quando sente un rumore improvviso. Viene tenuto in osservazione e sottoposto a tutti gli esami possibili: per i medici l’orecchio è sano, i disturbi non possono essere che di origine nervosa. Piero B. viene dimesso. Quando sei mesi più tardi ritorna dal medico non c’è più niente da fare: è sordo. Questa volta non si tratta di disturbo nervoso ma della distruzione delle cellule acustiche”. È cronaca di tutti i giorni, di tante persone, e potrebbe essere del tuo vicino di casa, di noi stessi: il rumore è forse, come ti ho detto, la morte più lenta e meno appariscente. Ho dei dati che forse esprimono meglio ancora delle mie parole il danno che questa “società dei rumori” provoca senza rimedi a tanti suoi indifesi ed inconsapevoli componenti: I sordi in Italia sono 400.000, i quasi sordi oltre 2.000.000; difendersi è difficile. Per ora il rumore non uccide ma può fare impazzire. Gli scienziati lo dividono in civile ed industriale: il primo è quello della strada, del transistor, della moto con la marmitta bucata. Il secondo è quello della sega elettrica, del martello pneumatico, della turbina, del telaio. Si tratta di una distinzione di comodo; da qualsiasi parte provenga il rumore fa sempre male. Secondo alcuni ricercatori il rumore provoca disturbi alla tiroide. Secondo altri il rumore altera tutti gli organi ed apparati del corpo umano, escluso i muscoli e lo scheletro. Alcuni ricercatori svedesi hanno costatato che il 30% del personale ed il 15% dei frequentatori abituali delle discoteche presentano una diminuzione dell’udito. Una cavia esposta a musica pop per un totale di 88 ore ha avuto il 44% delle cellule acustiche distrutte. Gli effetti dell’inquinamento acustico si fanno risentire maggiormente sugli operai addetti alle lavorazioni rumorose: colpisce l’80% dei tessitori dopo due anni di lavoro, il 90% dei collaudatori di motori a scoppio e dei calderai. Mi piacerebbe che tu fossi in mia compagnia per guardare laggiù, quella sfera infuocata che scompare tra i flutti; una eterna visione che ha misurato la vita sulla Terra. Fino a quando potremo noi assistervi in queste serate piene di calura? È certo che affrontare per risolvere questo grosso problema dell’ambiente significa cercare innanzi tutto dentro di noi l’essenza stessa della vita, dei suoi non ancora risolti misteri; poiché è in questa ricerca in noi, con un impegno che deve essere prima un impegno personale e poi collettivo, è nel ritrovare la giusta ragione della esistenza nostra e delle altre specie, siano esse animali o vegetali, è in questo rispetto di tutto ciò che ci circonda, che si trova la chiave giusta per dare una risposta ai problemi dei nostri tempi. Sarebbe meraviglioso se gli uomini tornassero per un istante, alla sera, sulle rive dei mari a guardare assieme questo lento inabissarsi del sole. La stessa meraviglia dei primi uomini? La stessa tremenda paura? No, certamente no, ma una pausa nella loro frenetica rincorsa alla vita, una pausa che li faccia sentire in pace con sé stessi, con la Natura che si sublima in questo meraviglioso spettacolo del tramonto. È tardi. Ascolto ancora questo rumore antico del mare; inspiro l’acre odore del mare, odore di vita e di morte. È una storia vecchia, forse troppo vecchia perché ce se ne possa liberare senza averne capito il perché. Per una speranza di salvezza. Amorevolmente, tuo ****.

P.s. R******** nascerà il 13 di febbraio dell’anno 2007. Questa “Lettera a…” è del martedì 21 di novembre dell’anno 2006. R******** è mio nipote.  Le “cronache riportate” non sono state sottoposte ad aggiornamenti dei dati.

1 commento:

  1. Che meraviglia,carissimo Aldo, questa nuova lettera scritta al tuo nipotino!Nell'ansiosa attesa di conoscerlo fisicamente, già sicuramente l'avevi conosciuto per altre vie e con lui ti piaceva dialogare, raccontandogli la più vera e bella storia che si possa raccontare ad un bimbo che si accinge a venire a questo mondo, in un'epoca come la nostra... Un'epoca in cui il silenzio si sta estinguendo e ascoltare le voci della natura diventa un'esperienza insolita. Eppure il silenzio è essenziale per ascoltare il respiro della terra. Il silenzio ci insegna a liberare la mente dai rumori, rendendola ricettiva e pronta a sentire il nostro ritmo interiore e l'energia che arriva dalla natura. A contatto con i paesaggi del silenzio, il nostro corpo si rilassa e parla attraverso le emozioni, mentre la mente pian piano si svuota. Mi tornano in mente le lunghe passeggiate in campagna della mia infanzia,in compagnia di mio padre che mi invitava all'ascolto delle voci della natura, nella quale mi immergevo attraverso i canti degli uccelli a primavera, lo scorrere dell'acqua, il fruscio del vento tra le foglie e di sera il canto dei grilli o quello dell'assiolo. Erano tutte melodie che, già allora, mi rapivano, per trasportarmi in una nuova dimensione carica di magia e di mistero. Grazie per la condivisione e buona continuazione. Agnese A.

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