"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 16 aprile 2020

Virusememorie. 11 «Abbiamo rovinato la Terra, il nostro pianeta giocattolo».


Ha scritto la carissima amica Agnese A. nel Suo commento al post – «Ciò che facciamo alla Terra facciamo a noi stessi. Noi siamo la Terra» - del 13 di aprile ultimo scorso: “(…). …dopo la lettura di questo post così esaustivo e profondo, mi viene spontaneo porre a me stessa alcune domande. Saremo capaci di ribellarci ai modelli di vita dettati e imposti dal sistema? Sapremo rinunciare all'edonismo, alla competizione, al consumismo, al narcisismo? Riuscirà l'umanità a tornare umana? Oppure continuerà a credere che la tecnica la immunizza sempre e comunque? Il pericolo è rappresentato dal fatto che l'uomo di oggi è portato a dimenticare, a rimuovere troppo facilmente ciò che non gli piace e che gli ha fatto tanta paura. Pertanto è incapace di lungimiranza responsabile. Se dovessimo continuare a vivere assecondando le logiche irresponsabili fatte di profitto, produttività, pluslavoro, consumismo, incapacità di concepire un'idea di limite, allora niente sarebbe servita questa dura esperienza della "pandemia", né il sacrificio di tante vite. Grazie per la condivisione e buona continuazione”. Carissima amica, provo ad offrirti una prima risposta e lo faccio prendendo a prestito quanto ha scritto un tecnico di valore, il professor Andrea Roventini che insegna economia in quella Scuola di menti eccelse ed intelligenze che è il Sant’Anna di Pisa. In un Suo “twitter” ha scritto che “alcuni economisti attribuiscono un valore economico alla vita umana per valutare le politiche pubbliche sulla base di analisi costi-benefici. Questo è uno dei maggiori danni che la scienza economica ha fatto alla nostra società”. Quanto appena da me trascritto è stato riportato da Stefano Feltri su “il Fatto Quotidiano” di ieri 15 di aprile sotto il titolo “Qual è il prezzo delle nostre vite”. Le nostre vite hanno un “valore economico” o meglio, più tecnicamente parlando, un “valore statistico” che “negli Stati Uniti è considerato di solito pari a 14,5 milioni di dollari”, informazione questa ripresa sempre dal bel “pezzo” di Stefano Feltri, per scoprire, più in avanti nella lettura, che le nostre vite di “anziani” andrebbero svalutate di un buon 37% per come previsto e stabilito dalla “Agenzia federale per l’ambiente (Epa)”. È che tutto viene visto e preso in considerazione da un punto di vista particolare se non unico - secondo almeno gli economisti Kevin Murphy e Robert Topel – che considerano come “valore monetario di una vita (…) quanto la persona potrà consumare prima di morire” (passaggio ripreso sempre dall’interessante e preoccupante articolo di Stefano Feltri). “Saremo capaci di ribellarci ai modelli di vita dettati e imposti dal sistema?” ti chiedi nel tuo commento; penso proprio che non sarà di questo nostro tempo quanto da te auspicato. Carissima amica, provo ad offrirti altre risposte – non mie, questa volta - alle tue domande, risposte ricavate dalla lettera di Paola A***** all’opinionista Michele Serra pubblicata nella rubrica “Per posta”“Come uscire dal Paese dei balocchi” - del settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 10 di aprile 2020, e dalla risposta susseguente di Michele Serra: “(…). …se è vero che la biologia dei nostri corpi non è diversa da quella dei nostri antenati, forse lo è l’organizzazione della nostra corteccia cerebrale. Grazie ad essa in Corea le conoscenze tecnologiche hanno reso utilizzabili i cellulari nel complesso compito di individuazione dei contagi. All’epoca della peste, e anche della Spagnola, non era possibile. Forse è questa la caratteristica saliente della nostra complessa epoca: competenze e pensieri da Einstein in un corpo da bimbo. È a questo squilibrio che dobbiamo rivolgere la nostra attenzione se vogliamo arrestare la distruzione del Pianeta, se vogliamo che la humanitas ritorni a colorare le nostre scelte. Il bambino è sempre egoista e autocentrato; si ritiene onnipotente. Talora è pure geniale: usa un cellulare senza che nessuno glielo insegni, sa risolvere equazioni di secondo grado, è un piccolo inventore!
Ma la saggezza non gli appartiene, non conosce la pazienza, non sa rinunciare, vuole ottenere subito la soddisfazione di ogni suo desiderio. Questo è il profilo della maggior parte degli uomini di successo e di molti dei nostri politici, ma forse anche di noi tutti, cittadini del XXI secolo. Siamo dei giganti col corpo degli uomini primitivi e il cuore di un bambino di tre anni. In questo complesso passaggio abbiamo rovinato la Terra, il nostro pianeta giocattolo”. Dalla risposta di Michele Serra a Paola A*****: Una società di non- adulti. Intelligenti ma imprevidenti. Potenti ma sprovvisti di senso del limite. (…). Il consumismo, del resto, non è la realizzazione del Paese dei balocchi? E il consumatore, come disse autorevolmente Berlusconi, non ragiona forse “come un bambino di otto anni”? Pieno di desideri eppure incapace di governarli, come in quel micidiale slogan, “vogliamo tutto subito”, che fu una delle più incaute espressioni del Sessantotto e trovò poi il suo paradossale sbocco politico nelle strategie di mercato, non certo nella redistribuzione del potere. “Tutto e subito” è la traduzione più efficace, e rovinosa, dell’ingordigia cieca che conduce l’uomo alla rovina del Pianeta e di sé stesso. Giusta anche la sua osservazione su molti dei nostri uomini di potere. Ego-riferiti come marmocchi viziati, cattivi incassatori di critiche e consigli, devastati dall’ossessione di piacere a tutti, incapaci di calibrare parole e progetti sui tempi medi e lunghi della vita, disperatamente aggrappati al giorno per giorno dei sondaggi. Quando si dice «non ci sono più statisti», si dice qualcosa di molto simile a «non ci sono più adulti». Si dice che le sconfitte fanno crescere. È quanto speriamo in questi giorni: di uscirne un poco cresciuti. Non si può rimanere bambini in eterno, e dal Paese dei balocchi è meglio uscire in fretta prima di diventare definitivamente asini.

1 commento:

  1. Grazie, Aldo, per questo post, con cui, senza dubbio, hai dato alle mie domande delle risposte realistiche, ma che, purtroppo, lasciano immaginare un futuro veramente spaventoso, sempre più lontano dalla mia idea di un' umanità autenticamente "umana".Un senso di profonda tristezza invade il mio animo e, a questo punto, non saprei dire se fa più paura il coronavirus oppure questo tipo di società
    creata dall'uomo contemporaneo! Agnese A.

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