Tratto
da “Credere è folle, dunque è umano”
di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale “D” del 19 di aprile dell’anno
2014: La follia non va ridotta a malattia della mente: è comune ai sogni,
all'amore, alle paure.
Per questo la fede è molto più di un abbaglio, è una autentica risposta. Ogni volta che (…) si parla dell'esistenza o meno di Dio ricevo una quantità di commenti decisamente superiore a quelli che ricevo quando si parla di giovani, di scuola, di droga e persino di amore e di sesso. Questo conferma la mia ipotesi che a sostenere la fede in Dio non sono tanto le argomentazioni razionali, quanto il bisogno di trovare una risposta ai problemi esistenziali come la precarietà dell'esistenza, la consolazione del dolore, la speranza di una giustizia ultraterrena, il terrore della morte e la ricerca insopprimibile di un senso che giustifichi la nostra esistenza che non sa vivere al di fuori di un orizzonte di senso. Per questo (…) al lettore che chiedeva se Dio esiste o no, rispondevo che forse era più utile chiedersi se la fede nella sua esistenza è di aiuto o non è di aiuto alla vita, che resta comunque il più drammatico dei problemi. (…). Sottostante all'umana ragione, a proposito della quale Kart diceva che è «un'isola piccolissima nell'oceano dell'irrazionale», noi tutti siamo abitati dalla follia. Questa fa la sua comparsa ogni notte nei sogni, dove con lo spegnersi della vigilanza della coscienza si apre uno scenario dove non funziona il principio di non contraddizione, per cui io sono ad un tempo adulto e bambino, talvolta maschio e femmina, spettatore e ad un tempo attore del sogno; dove non funziona il principio di causalità, per cui talvolta è l'effetto a produrre la causa; dove saltano le coordinate spaziali e temporali, per cui un sogno incomincia a New York e finisce nell'Impero romano. Ma di follia, come dice Platone, si nutre anche l'amore, quando il senso del mondo e della vita si concentra nelle risposte dell'amata o dell'amato. O discorsi che gli amanti fanno tra loro, presi alla lettera, poco si discostano dai deliri. Non parliamo della malattia e del dolore che spesso chiudono le prospettive dell'esistenza, e della morte che getta nell'oblio e nell'insignificanza ogni costruzione di senso a cui ci eravamo aggrappati per poter vivere. Non circoscriviamo la follia nella "malattia mentale": la follia è la nostra compagna di vita, che l'uomo (privo com'è di istinti che garantiscono e rassicurano la vita monotona e ripetitiva degli animali, che per questo non hanno inventato nessun Dio) fin dalla notte dei tempi ha cercato di arginare, inventando miti, riti, religioni, e poi la ragione, la scienza e le leggi a tutela della vita individuale e collettiva. E allora, se per alcuni Dio è l'unica risposta alla follia costitutiva della condizione umana, che in molte situazioni della vita non trova giustificazioni nelle argomentazioni della ragione (quell'«isola piccolissima nell'oceano dell'irrazionale»), non vedo proprio perché si debba confutare, contrastare, o addirittura deridere o guardare con sufficienza chi cerca nella fede in Dio risposte a domande che vanno al di là dell'umana ragione. Che poi ci sia chi, di fronte a questa insopprimibile richiesta umana, fondi i presupposti del suo potere, anche questo fa parte dell'umana follia nella sua forma deviata. Ma (…) chi percorre questa via non crede davvero in Dio.
Per questo la fede è molto più di un abbaglio, è una autentica risposta. Ogni volta che (…) si parla dell'esistenza o meno di Dio ricevo una quantità di commenti decisamente superiore a quelli che ricevo quando si parla di giovani, di scuola, di droga e persino di amore e di sesso. Questo conferma la mia ipotesi che a sostenere la fede in Dio non sono tanto le argomentazioni razionali, quanto il bisogno di trovare una risposta ai problemi esistenziali come la precarietà dell'esistenza, la consolazione del dolore, la speranza di una giustizia ultraterrena, il terrore della morte e la ricerca insopprimibile di un senso che giustifichi la nostra esistenza che non sa vivere al di fuori di un orizzonte di senso. Per questo (…) al lettore che chiedeva se Dio esiste o no, rispondevo che forse era più utile chiedersi se la fede nella sua esistenza è di aiuto o non è di aiuto alla vita, che resta comunque il più drammatico dei problemi. (…). Sottostante all'umana ragione, a proposito della quale Kart diceva che è «un'isola piccolissima nell'oceano dell'irrazionale», noi tutti siamo abitati dalla follia. Questa fa la sua comparsa ogni notte nei sogni, dove con lo spegnersi della vigilanza della coscienza si apre uno scenario dove non funziona il principio di non contraddizione, per cui io sono ad un tempo adulto e bambino, talvolta maschio e femmina, spettatore e ad un tempo attore del sogno; dove non funziona il principio di causalità, per cui talvolta è l'effetto a produrre la causa; dove saltano le coordinate spaziali e temporali, per cui un sogno incomincia a New York e finisce nell'Impero romano. Ma di follia, come dice Platone, si nutre anche l'amore, quando il senso del mondo e della vita si concentra nelle risposte dell'amata o dell'amato. O discorsi che gli amanti fanno tra loro, presi alla lettera, poco si discostano dai deliri. Non parliamo della malattia e del dolore che spesso chiudono le prospettive dell'esistenza, e della morte che getta nell'oblio e nell'insignificanza ogni costruzione di senso a cui ci eravamo aggrappati per poter vivere. Non circoscriviamo la follia nella "malattia mentale": la follia è la nostra compagna di vita, che l'uomo (privo com'è di istinti che garantiscono e rassicurano la vita monotona e ripetitiva degli animali, che per questo non hanno inventato nessun Dio) fin dalla notte dei tempi ha cercato di arginare, inventando miti, riti, religioni, e poi la ragione, la scienza e le leggi a tutela della vita individuale e collettiva. E allora, se per alcuni Dio è l'unica risposta alla follia costitutiva della condizione umana, che in molte situazioni della vita non trova giustificazioni nelle argomentazioni della ragione (quell'«isola piccolissima nell'oceano dell'irrazionale»), non vedo proprio perché si debba confutare, contrastare, o addirittura deridere o guardare con sufficienza chi cerca nella fede in Dio risposte a domande che vanno al di là dell'umana ragione. Che poi ci sia chi, di fronte a questa insopprimibile richiesta umana, fondi i presupposti del suo potere, anche questo fa parte dell'umana follia nella sua forma deviata. Ma (…) chi percorre questa via non crede davvero in Dio.
Carissimo Aldo, eccezionale anche questo post, così strettamente legato a quello che lo precede e, secondo me, altrettanto coinvolgente. Di follia si nutre l'amore e anche la fede che può, a volte, dare delle importanti risposte ai problemi esistenziali. Follia come opposizione al"buon"senso comune, l'affermazione che l'apostolo Paolo ha usato per caratterizzare la scelta di vita cristiana. La follia è in questo caso un modo di porsi interiore e non coincide con ciò che comunemente viene detto dalla ragione. Alla follia, quale categoria dello spirito, siamo chiamati a partecipare con un atto responsabile della nostra volontà e ciò avviene per un motivo che la ragione non riuscirà mai a spiegare esaurientemente. La follia dello spirito è la faccia dell'uomo opposta a quella della ragione, che la ragione stessa non riuscirà mai a giustificare. Quello della ragione è una specie di potere magico che intende assoggettare ogni specie di follia. Non si chiede la ragione, se la follia possa possedere anche contenuti di saggezza. Il concetto di follia è in rapporto a quello di normalità, ma dove termina il versante della normalità e inizia quello della follia? La follia incarna la resistenza del fantastico alla ragione ed è, a mio giudizio, la consapevolezza di una verità più profonda di quella della sola ragione. La follia, poi, ha una certa parentela con il sogno :"Il sogno è una breve follia, la follia è un lungo sogno"( Schopenhauer). S. Paolo, invece, individua nel messaggio di Gesù una follia che salva:"Piacque a Dio salvare i credenti con la follia del messaggio". Quella del Cristo è una follia che affascina, perché nasce dall'Amore. Grazie e buona continuazione. Agnese A.
RispondiEliminaCiao nonno. Bellissimo post.
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