"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 7 aprile 2020

Virusememorie. 08 Lettera a… Per una speranza di salvezza.


Carissimo ********,
oggi riprendo a scriverti. Ed anche oggi avrei desiderato portarti su questo lembo di spiaggia per farti cogliere questo battito continuo del mare, che è il battito di tutto il nostro mondo. Immagina quale impressione avrà fatto a quei nostri lontani progenitori giungere su di una spiaggia come questa, ammirare una così immensa distesa d’acqua. Avranno di certo avuto tremore. Sarà stato il tremore di un attimo, ché poi il mare sarà stato per essi un utile alleato, una via per conoscersi e per distribuirsi sul pianeta Terra. Forse tu già avrai sentito dire che gli scienziati suppongono che la vita sulla Terra si sia originata nel mare; l’arrivo di un Uomo al mare è stato come un ritorno ad un mondo antico, all’origine di tutta la vita sul pianeta Terra. E venire in questo posto, con te, oggi, sarebbe stato come voler tornare indietro. Ma è oggi come un tempo? Mare e salsedine, vita e morte. Ma non più sulla sabbia argentata conchiglie vuote o immense stelle di mare; non più oggi. Carta e plastica, vaporizzatori e piatti, bicchieri e contenitori di quel che oggi accompagna la nostra alimentazione. Il mare come nostro deposito; il mare che non è più il nostro grande mare, il respiro del nostro grande mondo. Pensi tu che questo sia un modo per vivere in armonia con quel “mondo naturale” dal quale pure noi siamo venuti? Pensi sia questo il modo di rispettare il mare che è stato la culla della vita, che è stato quel benefico alleato, nutrendoci per migliaia di anni? In esso oggi riversiamo di tutto: i liquami delle nostre città, i rifiuti delle grosse industrie, i residui del trasporto di quell’oro nero che è il petrolio.
Non avrai di certo saputo della grande paura vissuta a Napoli nell’estate dell’anno 1973, un tempo così lontano; per un mare non più rispettato viaggiano tutti i germi che prima o poi faranno giustizia anche dell’uomo. Ecco, forse più che i miei ricordi, le mie parole, è bene che io ti riporti un po’ di cronaca di quegli anni, cronaca che è lo specchio fedele delle difficoltà del nostro tempo: “21 luglio 19**. L’assessore all’igiene e sanità del comune di Genova ha disposto, con un’ordinanza, la non agibilità di 17 stabilimenti balneari. In Italia, Genova e tutto il mare Ligure rappresentano il più vistoso esempio di violenza che sia mai stato esercitato contro il mare. Il primo lavoro sugli scarichi cloacali del porto risale al 1890; da allora poco o nulla è stato fatto. Nel tratto di mare antistante la città sboccano ancora 64 fogne. In altre zone liguri, alcuni comuni hanno creduto di risolvere il problema spingendo le tubature il più a largo possibile ma senza uno studio preventivo delle correnti, che immancabilmente rigettano a terra tutto quello che il mare riceve. Di fronte a questa situazione nessuno può mettere in dubbio che le acque costiere liguri costituiscano una perfetta coltura fecale per germi patogeni di ogni tipo. Fra tutti questi germi si profila minaccioso il vibrione del colera, che ha nelle acque il suo principale strumento di diffusione e nelle feci il più fertile terreno di moltiplicazione. Secondo le informazioni dovute all’Organizzazione Mondiale della Sanità i terreni di coltura del vibrione sono compresi tra i territori meridionali della (ex) Jugoslavia, del Marocco e della Spagna abbracciando oltre il 60% delle coste del Mediterraneo. Se incontrerà acque sature di rifiuti organici o un mare stanco di rigenerare le proprie naturali capacità antibiotiche, il suo cammino, dicono gli igienisti, potrebbe diventare frenetico”. Ecco, questa è stata la cronaca di nostri passati difficili anni, ma potrebbe essere la cronaca di questi anni nei quali siamo chiamati a vivere. Ma forse è bene che io ti spieghi, facilmente, cosa significhi per un “mondo naturale” un mare pulito e quale importanza esso rivesta per la nostra sopravvivenza. È bene che tu sappia che noi viviamo non perché è piaciuto a qualcuno farci vivere, non perché godiamo della protezione particolare di un folletto benevolo. Noi ci riteniamo i più evoluti ed anche il solo pensiero di una probabile nostra scomparsa dalla scena del mondo ci fa sorridere; ma è bene che tu sappia che tutto ciò non è poi del tutto improbabile, impossibile. Venuti al mondo, potremmo da esso scomparire drammaticamente, poiché la nostra vita è legata ad esso intimamente, poiché essa è legata a tutti quei processi per mezzo dei quali anche tutti gli altri organismi, sempre nella propria sfera di esistenza, sopravvivono. Ecco, la nostra vita non è un dono, ma come ti ho già detto è una conquista compiuta con la lotta e drammaticamente attraverso i secoli. Pensi tu che potremmo sopravvivere se il processo della fotosintesi venisse ad interrompersi? Salterebbe tutto quell’equilibrio che ci lega agli animali di cui ci nutriamo, che a loro volta si nutrono delle piante, che a loro volta “sfruttano” il sole e la sua energia per costruire le prime sostanze che faranno parte dei nostri alimenti. Ma pensa come la nostra esistenza sia legata a quel mondo invisibile che popola cielo, mare e terra e che è costituito da quegli organismi formati da una sola cellula! Sono essi che compiono la prima trasformazione della lunga catena dell’alimentazione, che poi si concluderà in noi, aggredendo tutte quelle sostanze che vengono restituite alla natura; essi attaccano questa materia inutilizzata, la “digeriscono” e la trasformano restituendo poi quelle parti che verranno reimpiegate nella “sintesi” di nuove sostanze alimentari. Nella cronaca passata che ho voluto leggerti il cronista del tempo ha parlato di “mare morto”. Sai tu cosa significhi un “mare morto”? Un mare è vivo solo se quella enorme moltitudine di organismi che lo popolano, a parte i pesci, i molluschi ed i mammiferi - mi riferisco per l’appunto a quella enorme moltitudine di organismi costituiti da una sola cellula - riesce a sopravvivere. Sono quegli organismi, che noi spesso dimentichiamo ed alla cui esistenza ed attività siamo debitori, sono essi che rendono pulito il mare, “digerendo”, degradando tutte quelle sostanze di rifiuto o di scarto che noi in esso riversiamo restituendoci sostanze ancora utili. Ecco, li potremmo definire gli “operatori ecologici” del mare, che non solo si limitano ad allontanare i nostri rifiuti, ma sono capaci anche di restituire tanta altra sostanza nutritiva, come più giustamente la si definisce, sostanza organica, che è l’anello di partenza che consente la nostra stessa esistenza e sopravvivenza. Oggi la vita di quegli organismi è divenuta più difficile; avvelenato il mare con sostanze che uccidono gli organismi unicellulari, dimmi tu chi potrà compiere questo lavoro di “ripulitura” che da millenni, in un delicato equilibrio naturale, essi svolgono? Allora sarà facile per organismi portatori di “malattie”, come per l’appunto il vibrione del colera di quella cronaca, vivere e moltiplicarsi con una certa facilità. Ma tu vorrai sapere chi distrugge quei nostri indispensabili alleati! Sono gli scarichi delle nostre industrie, simbolo del nostro progresso, sono i lavaggi delle stive di quelle mostruose petroliere che trasportano in ogni angolo della Terra la materia prima di questo nostro secolo, il petrolio. Voglio trascriverti ancora una cronaca, anch’essa degli anni passati, ma di una attualità sorprendente: “Fiumi, laghi e mari sono spaventosamente inquinati. In Italia per ogni 100 chilometri di corsi d’acqua, almeno 70 sono avvelenati. Il mare italiano agonizza. In alcuni tratti di costa è in agguato la malattia di Minamata, che colpisce il cervello dell’uomo. Nel 1953, in Giappone, furono colpiti da tale malattia un centinaio di persone. Essa fu causata da una certa quantità di mercurio che veniva riversato in mare sotto forma di metil-mercurio. I pesci lo ingerivano ed il ciclo si concludeva nell’uomo con la localizzazione del veleno nel cervello. Un neonato, a soli 10 mesi, presentava lesioni nervose. La malattia di Minamata è soltanto una delle tragedie provocate dalla grande lebbra del secolo: l’inquinamento dell’ambiente, ma soprattutto delle acque”. Ed ancora, ti riporto questa altra cronaca: “Una fabbrica francese di piccole dimensioni ha scaricato per sei mesi, nel mare di Nizza, rifiuti liquidi contenenti un totale di un chilogrammo di mercurio al giorno. Questo scarico da solo ha causato la morte di decine di tonnellate di pesci ed ha probabilmente avvelenato, senza che se ne accorgessero ed in misura non grave, migliaia di persone. Altrettanto nocivo il piombo, la cui percentuale nei primi 300 metri di profondità marina è aumentata negli ultimi anni di ben cinque volte. La pesca delle sardine che nel 1964 raggiungeva la 30.000 tonnellate si è ridotta a poche migliaia e quella dei pesci pelagici è calata da 40.000 a 10.000 tonnellate”. Carissimo, mi fermo, con la promessa di riprendere presto a scriverti. Tuo ****.
P.s. “Lettera a…” del mercoledì 11 di ottobre dell’anno 2006. Le “cronache” riportate non sono state sottoposte ad aggiornamento dei dati.

1 commento:

  1. Carissimo Aldo, bellissima anche questa seconda lettera così coinvolgente e densa di emozioni. È un altro gioiello da custodire,così com'è,impreziosito da quei numerosi spunti culturali e didattici che contiene...Concordo con il tuo amato nipote,sarebbe meraviglioso, se raccogliessi queste lettere in un libro! Grazie per la condivisione e buona continuazione. Agnese A.

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