"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 1 aprile 2020

Leggereperché 02 «Nietzsche: “L'uomo è un animale non ancora stabilizzato”».


È il tempo del “caos” questo nostro del “coronavirus”? Sostiene Marino Niola – docente di “Antropologia culturale” presso l’Università degli studi Suor Orsola Benincasa di Napoli – in una intervista di Antonello Caporale che “oggi la nostra vita è compressa, è sotto vuoto, è ferma. Domani, quando la pressione svanirà, quella molla ritornerà nella posizione abituale, le energie si libereranno impetuose. Certamente saremo più poveri, ma perché più infelici? Questa guerra ci impone un’altra scoperta: riflettere e rivalutare le nostre abitudini. Eravamo piuttosto scontenti di esse e non sapevamo porre rimedio. Domani saremo costretti invece a inventarci un nuovo modello di stare al mondo”. Che sia di buon auspicio per il mondo che verrà dopo il “coronavirus”.
Ha scritto Umberto Galimberti in “La storia? Si fa solo passando dal caos”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del primo di aprile dell’anno 2017: I valori sono coefficienti sociali adottati per ridurre al massimo la conflittualità. Quindi sempre mutabili. Passare dal cosmo al caos non mi preoccupa, anzi. La storia ha segnato i suoi passi avanti solo attraversando stagioni di caos, che non nascono per caso, ma perché l'ordine precedente non è più in grado di contenere istanze nuove che si sono annunciate e, non avendo trovato accoglienza, sono rimaste pure richieste senza risposte. Destituendo un ordine, il caos porta con sé la svalutazione di tutti i valori che presiedevano l'ordine precedente. La cosa non deve preoccupare. I valori non sono entità metafisiche né postulati teologici che scendono dal cielo. I valori sono dei semplici coefficienti sociali adottati da una comunità perché ritenuti i più idonei a ridurre al massimo la conflittualità. Quindi niente di sacro o di trascendente, e perciò di immutabile. Ad esempio, prima della Rivoluzione francese la società era fondata su valori gerarchici, dopo la Rivoluzione francese si regolò a partire da principi di uguaglianza (almeno formale) e di cittadinanza. Sono caduti i valori precedenti e ne sono nati di nuovi che hanno dato un'altra forma alla società. E fu proprio in quel periodo che Kant, (…), parlò dell'Illuminismo, che era poi la filosofia sottesa alla Rivoluzione francese, come «l'uscita dell'umanità da uno stato di minorità», che consisteva nel pensare non con la propria testa, ma come l'ordine allora stabilito (dalla religione e dalla monarchia) voleva si pensasse. Scrive in proposito Kant: «L'Illuminismo è l'uscita dell'uomo da una condizione di minorità di cui egli stesso è responsabile. "Minorità" è l'incapacità di servirsi del proprio intelletto senza la guida di altri. Sapere aude. Abbi il coraggio di servirti del tuo stesso intelletto! È questo il motto dell'Illuminismo». (…). …siamo preparati per questa autonomia del pensiero. Dipende dal livello culturale raggiunto da un Paese. E, diciamocelo con chiarezza, in Italia questo livello è davvero basso. Ma ciò non deve in alcun modo ostacolare l'autonomia del pensiero, anche se, come scrive Marcello Veneziani nel suo ultimo libro, Alla luce del mito (Marsilio): «Il pensiero è disattivato, neutralizzato come in "modalità aereo", può funzionare solo se scollegato». E in effetti siamo governati, (…), dal "si dice" tipico dell'opinione diffusa, che già Heidegger nel 1927 denunciava in Essere e Tempo come "dittatura del Si", per cui: «Ce la passiamo e ci divertiamo come ce la si passa e ci si diverte. Leggiamo, vediamo e giudichiamo di letteratura e di arte come si vede e si giudica. Ci teniamo lontani dalla "gran massa" come ci si tiene lontani […] Il Si decreta il nostro modo di essere della quotidianità». È questa l'idea dei "piccoli uomini" che postula Nietzsche in Così parlò Zarathustra. Il loro ideale consiste in «una vogliuzza per il giorno, una vogliuzza per la notte, fermo restando la salute. Noi abbiamo inventato la felicità, dicono i piccoli uomini, e strizzano l'occhio. Per cui», conclude Nietzsche, «chi pensa diversamente va spontaneamente in manicomio». Eppure anche nella precarietà, anche nell'incertezza, anche nel caos, o soprattutto proprio nel caos può nascere una nuova storia perché, ce lo ricorda ancora Nietzsche: «L'uomo è un animale non ancora stabilizzato».

2 commenti:

  1. Carissimo Aldo, ho apprezzato immensamente questo post e a tal proposito vorrei dare una mia interpretazione personale, quindi, sicuramente non condivisa da molti,a questa meravigliosa frase :"Bisogna avere ancora un caos dentro di sé per partorire una stella danzante" (F. Nietzsche). L'uomo è un essere decisamente particolare, a volte dà il meglio quando si trova ad affrontare enormi difficoltà. Il dolore strazia e forgia allo stesso tempo. Bisogna saper cogliere le opportunità nascoste dietro ad ogni esperienza apparentemente negativa. Il dolore è spesso un maestro in gamba. A volte ci consente di arrivare ad un livello di comprensione eccezionale. L'ingiustizia, il dolore e anche la morte sono quasi sempre determinati dall'uomo stesso. Il dolore unisce. Ritengo che, forse, dalla trappola dell'infelicità si possa uscire solo attraverso l'empatia e la comprensione, trasformando così il dolore in oro che sgorga dal cuore. Non bisogna avere paura del caos e cedere ai dubbi, ma aver grinta e non fermarsi mai. Siamo tutti deboli dentro, ma reagire è necessario ed è nostro dovere continuare... Ben venga il caos:"Il caos spesso genera la vita, laddove l'ordine spesso genera l'abitudine". (Henry Adams). Grazie per la condivisione e buona continuazione. Agnese A.

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  2. Fa tanto bene rileggerlo... Grazie ancora.

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