Tratto da "La
violenza è il peccato originale della religione", intervista di Giancarlo
Bosetti al sociologo José Casanova pubblicata sul quotidiano la Repubblica del 10
di ottobre dell’anno 2017: (…). "La violenza è nelle origini della
società, con Durkheim possiamo dire nel sacro sociale, più che nella religione
in sé. E questo non c'è dubbio si riflette nelle Scritture, ma nel tempo le
cose cambiano. Nella Bibbia per esempio è necessario distinguere tra i testi
precedenti all'esilio babilonese e quelli successivi. Il Dio di Israele
sacralizza la violenza contro gli altri popoli, era un Dio monolatrico, non
monoteista, un Dio di Israele non di tutta l'umanità. Dopo l'esilio a Babilonia,
in quella che chiamiamo l'età assiale (Casanova usa l'espressione di Jaspers
per indicare l'epoca tra Ottavo e Terzo secolo a.C., n. d. r.), i profeti non
sacralizzano più la violenza, al contrario, il Dio della storia usa l'Impero
romano per punire il suo popolo".
Questo vale per tutte le religioni? "Tutte
le culture tribali delle origini sacralizzano la violenza del "nostro
gruppo" contro gli altri. La novità delle religioni assiali è che la
desacralizzano: arrivano così la critica profetica della violenza e la fine dei
sacrifici cruen
La violenza resta scritta però per sempre
nei testi sacri. "Troviamo nelle Scritture un misto di testi della
sacralizzazione della violenza e di altri che espongono la critica della
violenza. Si pone allora il problema di come i testi sono stati e vengono
interpretati e usati nella storia".
E nessuna religione fa eccezione, anche se
ogni confessione è tentata di accusare le altre. "Potremmo usare le parole
di Papa Francesco: "Di fronte alle atrocità commesse nel nome di Dio o
della religione, nessuna religione è immune da forme di delusione individuale e
estremismo ideologico", nessuna, inclusi il Cristianesimo e il
Cattolicesimo. Io vengo dalla cattolica Spagna, in cui la religione e la
violenza sono state intimamente connesse: le Crociate, l'Inquisizione,
l'espulsione di ebrei e musulmani, la Conquista e l'evangelizzazione forzata,
guerre civili".
Anche gli atei militanti tengono la lista
delle violenze a carico delle religioni. I religiosi rispondono ricordando la
lista dei massacri del XX secolo e le pagine nere dell'ateismo. "La
religione non è l'unica fonte di violenza. Tra la fine dell'Ottocento e
l'inizio del Novecento abbiamo visto la sacralizzazione della violenza
anarchica; con la Prima guerra mondiale lo Stato moderno, che rivendica il
monopolio della violenza, la sacralizza sull'altare del nazionalismo; c'è il
genocidio armeno; c'è la violenza comunista degli anni Trenta, il Gulag, Hitler
e l'Olocausto; dagli anni Sessanta del '900 troviamo l'Ira, l'Eta, le Brigate
rosse, i preti guerriglieri in Colombia, i cattolici Montoneros in Argentina.
Il XX secolo è stato il più violento nella storia dell'umanità e la maggior
parte della sua violenza non era religiosa".
Ma oggi abbiamo una ondata di terrorismo
religioso, quello islamico. "Anche in questo caso dobbiamo chiederci quali
fattori attivano il fenomeno del terrore jihadista e perché questa religione
diventa fonte di violenza. La sua crescita avviene nel corso di una
globalizzazione verso la quale certi settori dell'Islam legittimano la violenza
contro quello che considerano un ordine mondiale che usa violenza contro di
loro".
Anche il Cattolicesimo in passato riteneva
la modernità un assalto ai suoi principi morali. "Certo, eppure ha subito
nel tempo una grande trasformazione. Insieme ai protestanti i cattolici hanno
dato vita in Germania alla Democrazia cristiana. Di fronte al sanguinoso
conflitto tra sciiti e sunniti dei nostri giorni, penso che se la
trasformazione è avvenuta per i cristiani, può accadere anche per i musulmani,
quando le voci in favore della pacificazione supereranno quelle che
sacralizzano la violenza".
Il buddismo è candidato al ruolo di primo
della classe, perché più pacifico? L'imperatore Ashoka nel Terzo secolo a.C.,
si convertì dall'induismo al buddismo e lasciò scritti sulla roccia i suoi
editti sulla tolleranza. Ma oggi va in scena il terrore buddista. "I
monaci militari buddisti sono un ordine armato come tutti gli altri che si sono
associati a un potere statale ed è accaduto per loro quello che è accaduto per
tutti quando una religione diventa sacralizzazione dello Stato. Ma c'è sempre
la possibilità che le religioni assiali facciano prevalere il volto pacifico, e
la parte della loro tradizione che fa loro dire Salam, Shalom o Pace".
Ma l'Islam con la Shari'a non presenta
problemi maggiori delle altre religioni nel cammino verso la modernità? "La
Shari'a non era un problema alla nascita delle prime costituzioni in Iran o in
Pakistan alla svolta di fine secolo tra '800 e '900. Lo è diventato più avanti.
La stessa tradizione può essere letta in altri modi. La violenza jihadista non
sarà diversa dalle altre del passato, quella anarchica o quella marxista".
La tentazione illuminista è di immaginare nella storia un processo di riduzione della violenza. Ma la realtà ci dice il contrario. "Non si possono fare generalizzazioni. La combinazione di religione e strutture del potere è la chiave esplicativa nel bene e nel male. In Spagna c'è stata l'epoca della convivencia tra cristiani, ebrei e musulmani e lo stesso è accaduto altrove, ma con l'emergere dello Stato moderno, delle monarchie cattoliche si è affermata la spinta alla pulizia etno-religiosa. Tutte le volte che il modello westfaliano - cuius regio eius religio - si è affermato il fenomeno si è ripetuto. Alla fine degli imperi, di quello ottomano e di quello britannico. Non c'è in questo una singola traiettoria, ma cicli. Ci sono però anche buone notizie e cicli di pace. L'America latina in una sola generazione è passata dal monopolio cattolico alla perdita di egemonia della Chiesa e a un pluralismo condiviso con i protestanti. Senza violenza".
Aldo,scegli sempre dei pezzi condivisi dal mio pensiero. Ti seguo sempre anche se non commento. Ti abbraccio.
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