"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 20 ottobre 2018

Riletture. 29 Tutte le nazioni occidentali si avviano a diventare società patrimoniali.


Tratto da “La sfida di Janet obiettivo ridurre le disuguaglianze in America” di Federico Rampini, pubblicato sul settimanale A&F del 20 di ottobre dell’anno 2014: Non è il tipo di linguaggio a cui sono abituati gli europei, quando ascoltano un banchiere centrale. Ma anche qui negli Stati Uniti, non passa inosservato un discorso come quello tenuto da Janet Yellen, (“già” n.d.r.) presidente della Federal Reserve. Parlando a Boston venerdì scorso la Yellen ha affrontato il tema delle diseguaglianze con queste parole: “L’ampiezza e il continuo peggioramento delle diseguaglianze negli Stati Uniti mi preoccupano seriamente. Credo sia giusto chiederci se questa tendenza è compatibile con i valori radicati nella storia del nostro paese, tra i quali c’è l’importanza che gli americani hanno sempre attribuito all’eguaglianza nelle opportunità”. No, non è una frase di maniera: conferma che la Yellen è una figura anomala. Quella dichiarazione è coerente con l’estrema attenzione che lei ha dedicato alle nuove forme della disoccupazione, alla stagnazione dei salari reali, al disagio sociale che permane anche dopo cinque anni di ripresa americana. Un commentatore del New York Times, Neil Irwin, nel blog The Upshot mette in contrasto quella frase della Yellen con ciò che disse molto prima di lei il suo predecessore Ben Bernanke. Nel 2007, prima della grande crisi, Bernanke parlò anche lui di peggioramento diseguaglianze (è un trend che dura ormai dagli anni Ottanta) ma solo per specificare che “spetta alla politica determinare se e come ridurle”. La Yellen non ci sta a chiamarsi fuori, pensa che anche la politica monetaria ha le sue responsabilità. Nel suo discorso di Boston la presidente della Fed si è dilungata su alcune manifestazioni e concause delle diseguaglianze. Per esempio l’aumento inquietante dell’ammontare di “debiti studenteschi”: da sempre in America tanti giovani si pagano gli studi coi prestiti bancari, ma negli ultimi anni si sono trovati stritolati dall’effetto congiunto di un’iperinflazione nelle rette universitarie, e un ristagno dei redditi da lavoro con cui dovranno rimborsare quei debiti. Un altro tema che la Yellen ha discusso è quello caro a Thomas Piketty: il ruolo sempre più decisivo dell’eredità nel determinare la geografia della ricchezza, sicché la mobilità sociale diminuisce e l’America come tutte le nazioni occidentali si avvia a diventare una società patrimoniale, ingessata, oligarchica. La questione delle diseguaglianze è anche decisiva per spiegare la debolezza della crescita. Perfino negli Stati Uniti, dopo più di 60 mesi di crescita, è d’obbligo constatare che questa ripresa non è così vigorosa come lo erano i periodi post-recessione nel passato. Il trend di crescita di lungo periodo mostra un abbassamento lento ma inesorabile per tutte le nazioni industrializzate, se si paragona gli anni Sessanta-Settanta con gli Ottanta-Novanta e infine con l’ultimo ventennio. Anche quando la crescita c’è, è ben lungi dai ritmi di una volta. È il tema sollevato da Larry Summers che ha rilanciato il dibattito sulla “stagnazione secolare”. Il nesso con la diseguaglianza? È noto che i ricchi hanno un’elevata propensione al risparmio, e dunque se troppa parte del reddito nazionale si concentra nelle loro mani, i consumi si deprimono. Ma proprio gli economisti più di sinistra, pur sentendosi vicini alla Yellen, non sono affatto convinti che la Fed sia “innocente” in materia di diseguaglianze. Il coraggioso esperimento chiamato “quantitative easing”, con la massiccia creazione di liquidità che ha trainato l’America fuori dalla crisi, ha probabilmente avuto effetti redistributivi alla rovescia: ha fatto salire le Borse, dove sono soprattutto i ricchi ad avere una vasta quota del loro patrimonio; idem con il revival del mercato immobiliare, anche questo ha favorito i privilegiati.

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