Tratto da “Contratto
o tutti a casa” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del
20 di ottobre 2018: (…). 1) Lunedì 15 ottobre, dal vertice politico di maggioranza con
Conte, Di Maio e Salvini, esce un mini-condono fiscale, che infatti il ministro
Tria ha stimato in un gettito irrisorio di 180 milioni.
2) Dopo il Consiglio dei ministri che ha
licenziato l’intera manovra, senza più entrare nei dettagli specialistici che
si ritenevano risolti nel vertice politico ed erano affidati a foglietti
volanti, dagli uffici tecnici del Mef esce un maxi-condono che fa rientrare
dalla finestra le schifezze richieste dalla Lega e cacciate dalla porta dal
M5S: sanatoria sui reati di frode e riciclaggio; scudo fiscale sui capitali
all’estero; soglia di 100 mila euro moltiplicata per 25, cioè per ciascuna
delle tasse evase (che sono 5: Irpef, Irpeg, Irap, Iva e imposta sui capitali)
e delle annualità condonabili (anch’esse 5).
3) Mercoledì 17 gli uffici tecnici del
Quirinale, che han ricevuto la bozza informale dal Mef, la restituiscono al
governo con un secco no alla depenalizzazione di riciclaggio e frode. (…). …conferma
Giorgetti a Repubblica: “Sulla non punibilità credo ci fossero delle
perplessità anche del Colle”. Le successive smentite della Presidenza della
Repubblica non smentiscono nulla, se non che Mattarella abbia avuto il testo
definitivo (infatti hanno ricevuto quello provvisorio i suoi tecnici: sennò
come avrebbero fatto a scoprire e a bocciare il colpo di spugna?).
4) Salvini&C., a furia di fare la spola
tra Roma e Arcore, pensano di essere ancora al governo con B. e rivendicano
tutt’e tre le porcate, anche quelle bocciate dagli uffici del Colle. Poi, vista
la reazione “alleata”, fanno mezza marcia indietro. E intanto lanciano oscuri
messaggi sul condono edilizio per Ischia infilata nel decreto Genova,
attribuendolo ai soli 5Stelle: nel qual caso sarebbe una porcata pentastellata
(anche se il ministro M5S dell’Ambiente Sergio Costa lo contesta), ma
facilmente eliminabile in Parlamento in sede di conversione del decreto. Ora, a
parte FI e i suoi house organ, che delibano i fetori dei condoni come le
persone normali lo Chanel n. 5, chi non vuole quelle tre porcate dovrebbe
tifare per chi tenta di spazzarle via. O almeno rispettare la verità dei fatti.
E distinguere fra il peccato veniale dei 5Stelle (colpevoli al massimo di
ingenuità e imperizia, per non aver controllato ciò che scrivevano i tecnici
del Mef, pur ritenuti inaffidabili) e quello mortale della Lega (che il condono
extra-large l’ha voluto fin dall’inizio e continua a rivendicarlo, in barba al
contratto, ai no dell’alleato e pure del Colle). Invece giornaloni e giornalini
sono spalmati a edicole unificate sulla versione di Salvini, beniamino di tutto
l’Ancien Régime: le grandi lobby (da Confindustria ad Autostrade, dal partito Rai
ai padroni dei giornali terrorizzati dai tagli dei fondi e delle pubblicità
degli enti pubblici) puntano su di lui per salvare i privilegi; FI, che solo
sul Carroccio può tornare al governo e, nell’attesa, proteggere la bottega
Mediaset; e il Pd, che vede nella Lega il nemico ideale e nel M5S il
concorrente più insidioso (senza contare che Renzi nel 2014 voleva condonare le
frodi fiscali sotto il 3% dell’imponibile, comprese quelle di B., poi autorizzò
i pagamenti in contanti fino a 3 mila euro, alzò le soglie dell’evasione
depenalizzata e ora se ne va in giro con Briatore). Quindi, fra Di Maio che
tenta di cancellare le porcate e Salvini che vuole mantenerle, scelgono tutti
il secondo. Sul Corriere, Polito el Drito arriva a scrivere che il vero
problema è il “rancore” dei 5Stelle (contro gli evasori e i riciclatori?). Pazienza
se i fatti, la logica, le dichiarazioni di Conte-Di Maio-Salvini-Tria nella
conferenza stampa di lunedì sera, il no del Colle (che a parti invertite
dominerebbe le prime pagine e invece viene nascosto o ignorato) e il Contratto
di governo portano nella direzione opposta. Oggi Conte, nel Cdm straordinario,
ha una sola via d’uscita: tornare al Contratto di governo. Che non lascia
spazio a equivoci: “È opportuno instaurare una pace fiscale con i contribuenti
per rimuovere lo squilibrio economico delle obbligazioni assunte e favorire
l’estinzione del debito mediante un saldo e stralcio dell’importo dovuto, in
tutte quelle situazioni eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà
economica. Esclusa ogni finalità condonistica”. Queste parole escludono condoni
su qualunque importo di fondi neri (anche sotto i 100 mila euro di imposta
evasa, figurarsi al di sopra), scudi fiscali e depenalizzazioni di reati
collegati: le situazioni eccezionali e involontarie, infatti, riguardano solo
chi al fisco dichiara tutto e poi non ha i soldi per pagare a causa della
crisi. Chi fa nero e/o esporta capitali i soldi li ha. E lo fa consapevolmente,
non involontariamente. Per commettere riciclaggio o frode, occorre il “dolo”,
cioè l’intenzione, altrimenti non c’è reato e non c’è bisogno di depenalizzare
alcunché: le depenalizzazioni servono a chi accumula volontariamente fondi neri
e/o li esporta all’estero e/o li fa reinvestire, non a chi non ha soldi e non
può pagare le tasse sui redditi che ha dichiarato. Dunque, a norma di
Contratto, dal decreto fiscale vanno cancellati le depenalizzazioni (come
chiede il Colle), lo scudo e il condono sull’evasione Irpef (anche sotto i 100
mila euro). Altrimenti si straccia il Contratto di governo. E il governo non
c’è più.
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