Da “La crisi
dei valori? Anche stavolta passerà” di Umberto Galimberti, pubblicato sul
settimanale “D” del 21 di novembre dell’anno 2015: Nietzsche, nell'annunciare il
nichilismo, «l'ospite inquietante» che già abita la nostra casa, così lo
definisce: «Manca lo scopo, manca la risposta al perché, tutti i valori si
svalutano». Prima di lui Hölderlin, in riferimento ai valori, scriveva in
termini poetici: «Che più non son gli dèi fuggiti, né ancor sono i venienti».
Dal canto suo Heidegger, nel suo libro su Nietzsche, risolve in questo modo la
questione: «I valori non sono, semplicemente valgono», ossia non discendono dal
cielo, ma sono semplici coefficienti sociali che ogni comunità fa valere, se si
rivelano idonei a ridurre al massimo la conflittualità tra gli uomini. Prima
della Rivoluzione francese, per esempio, la società era organizzata secondo
valori gerarchici, dopo la rivoluzione ha adottato valori di uguaglianza
(almeno formale), cambiando in tal modo l'ordine dei valori. Se questo non
accadesse nel corso della storia, noi saremmo ancora all'età dei Babilonesi. Anche
se le cose sono sempre andate così, non lo si diceva, perché per dare ai valori
un fondamento stabile e assoluto, quindi per meglio farli valere con una
maggior forza vincolante, si preferiva ancorarli al volere di Dio. Ancora oggi,
per molti uomini di religione, certi valori non sono negoziabili, perché
discenderebbero direttamente da Dio, e come tali sarebbero intoccabili. Sennonché,
sempre Nietzsche ci avverte che il collasso dei valori dipende dalla morte di
Dio, che nel Medioevo, per esempio, era vivo e "faceva mondo", se è
vero che la letteratura parlava di inferno, purgatorio paradiso, l'arte era
arte sacra e persino la donna era donna angelo. Così, se dovessimo togliere
Dio, non capiremmo nulla di quell'epoca. Ma se togliessimo Dio dal nostro
tempo, lo capiremmo ancora? Risposta: sì. Non lo capiremmo più se togliessimo
la parola "denaro" o la parola "tecnica". E allora il mondo
non accadrebbe più come Dio vuole. Ma siccome Dio è sempre stato pensato come
il fondamento dei valori, è chiaro che una società che si struttura a
prescindere da Dio, non riconosce più valori assoluti, ma solo valori relativi,
convenzioni, per ridurre al minimo, come dicevamo prima, i conflitti al suo
interno. Ciò non significa che non ci siano più valori, semplicemente essi
hanno perso il loro carattere assoluto che aveva in Dio il suo fondamento, e
sono stati affidati a dispositivi legislativi che, progressivamente, le società
che li adottano hanno psicologicamente interiorizzati. Grazie a questa
interiorizzazione, certi valori "valgono". Tali sono i valori della
democrazia, dei diritti umani, dell'uguaglianza dei cittadini davanti alla
legge, del diritto alla salute e all'istruzione e via discorrendo. Anche se
talvolta di fronte al mercato o al denaro, che oggi sembra diventato il
generatore simbolico di tutti i valori, e che spesso mette a tacere tutti
quelli che confliggono con il suo accumulo. Quanto alla tecnica, anch'essa ha i
suoi valori che si chiamano "efficienza" e "produttività",
ma siccome la tecnica non tende a uno scopo, perché mira solo al suo
auto-potenziamento, al suo sviluppo afinalizzato (che, come ricordava Pasolini,
è altra cosa dal progresso che subordina lo sviluppo al miglioramento delle
condizioni umane), resta da vedere fin quando l'egemonia di questi valori potrà
continuare a regolare la storia a prescindere dall'indigenza a cui sottopone
gran parte dell'umanità. Di questa crisi dei valori tecnici ed economici già si
vedono i segnali. E forse saranno proprio i giovani, (…), a cambiare il corso
delle cose, perché il futuro è comunque loro. E non credo che si rassegneranno
a un'eterna disoccupazione, così come i migranti non si rassegnano alla
miseria, alle malattie, alle guerre e alla morte e perciò s'incamminano verso
di noi, finendo, per esempio, per promuovere da noi, sia pur tra mille
difficoltà e resistenze, il valore dell'accoglienza.
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