Da “Quando
Gesù rese libera la Donna” di Enzo Bianchi – già priore della comunità
monastica di Bose – tratto dal volume “Gesù e le donne” (Einaudi editore, pagg.
136 euro 17), pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” dell’8 di novembre dell’anno
2016: Gesù andò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo
nel tempio, e tutto il popolo veniva da lui; e sedutosi, insegnava loro. Ora,
gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala
in mezzo, gli dicono: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante
adulterio. Ora, Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come
questa. Tu dunque che ne dici?». Dicevano questo per metterlo alla prova, per
avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi giù, scriveva per terra con il dito.
Ma poiché continuavano a interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è
senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei». E chinatosi di nuovo,
scriveva per terra. Ma essi, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando
dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Ora, Gesù,
alzatosi, le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». Ella disse:
«Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi
non peccare più». Questo brano ha conosciuto una sorte particolarissima, che
attesta il suo carattere scandaloso e imbarazzante: è stato infatti “censurato”
dalla Chiesa! È assente nei manoscritti più antichi, è ignorato dai padri
latini fino al IV secolo, per cinque secoli non è stato proclamato nella
liturgia e non ci sono commenti a esso da parte dei padri greci del primo
millennio. Al termine di un lungo e travagliato migrare tra i manoscritti è
stato inserito nel vangelo secondo Giovanni, dopo il settimo capitolo e prima
del versetto 15 dell’ottavo. Non è una scena insolita: spesso i vangeli
annotano che gli avversari di Gesù tentano di metterlo in contraddizione con la
Legge di Dio, per poterlo accusare di bestemmia, di disobbedienza al Dio
vivente. A quegli scribi e farisei, in realtà, non importava nulla della donna,
per loro era importante trovare motivi di condanna contro Gesù: non volevano
lapidare l’adultera, ma far lapidare Gesù! Questi uomini religiosi fanno
irruzione nell’uditorio di Gesù, portano davanti a lui una donna sorpresa in
flagrante adulterio, la collocano in mezzo a tutti e si affrettano a
dichiarare: «Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa».
Tale dichiarazione sembra formalmente ineccepibile, perché cita la Legge; a uno
sguardo attento, però, si coglie che il loro ricorso alla Torah è parziale. La
Legge, infatti, prevedeva la pena di morte per entrambi gli adulteri e
attestava la stessa pena, mediante lapidazione, mentre se erano già sposati allora
si ricorreva allo strangolamento. Resta però altamente significativo che solo
lei sia stata catturata e portata davanti a Gesù, mentre l’uomo che ha commesso
adulterio con lei, e secondo la Legge è colpevole come lei, non risulta né
imputato né condotto in giudizio! Cerchiamo di sostare per un momento su questa
scena. Ci sono alcuni che hanno portato a Gesù una donna, perché sia
condannata. Ma Gesù inizia a rispondere agli accusatori parlando con il corpo,
non con parole: si china, abbassandosi, rompe il cerchio della «violenza
mimetica » (René Girard), spezza il faccia a faccia con quei farisei e si mette
a scrivere per terra, in assoluto silenzio. Dalla posizione di chi è seduto
passa a quella di chi si china verso terra; di più, in questo modo si inchina
di fronte alla donna che è in piedi davanti a lui! Poiché però gli accusatori
insistono nell’interrogarlo, dopo quel lungo e per loro fastidioso silenzio
riempito solo dal suo mimo profetico, Gesù si alza e non risponde direttamente
alla questione postagli, ma fa un’affermazione che contiene in sé anche una
domanda: «Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
Poi si china di nuovo e torna a scrivere per terra.
Così una parola di Gesù, una parola sola ma incisiva (al punto da essere divenuta proverbiale) e autentica, una di quelle domande che ci scuotono e ci fanno leggere in profondità noi stessi, impedisce a quegli uomini di fare violenza in nome della Legge. Solo Dio, e quindi solo Gesù, potrebbe condannare quella donna. Ebbene, qui Gesù - mi si permetta di dire - “evangelizza” Dio, cioè rende Dio Vangelo, buona notizia per quella donna. Gesù, l’unico uomo che ha raccontato in pienezza di Dio, che ne è stato l’esegesi vivente, afferma che di fronte al peccatore, alla peccatrice, Dio ha un solo sentimento: non la condanna, non il castigo, ma il desiderio che si converta e viva. Gesù, inviato da Dio «non per condannare il mondo, ma per salvare il mondo» anche qui agisce come aveva annunciato all’inizio del suo ministero: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Solo quando tutti se ne sono andati egli si alza in piedi e sta di fronte alla donna. Lei, posta lì in piedi in mezzo a tutti, ora è finalmente restituita alla sua identità di donna e vede Gesù in piedi davanti a sé: così è possibile l’incontro vero. Infine, Gesù conclude questo incontro con un’affermazione straordinaria: «Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più». Sono parole assolutamente gratuite e unilaterali. Ecco la gratuità di quella assoluzione: Gesù non condanna, perché Dio non condanna, ma con questo suo atto di misericordia preveniente offre a quella donna la possibilità di cambiare. Non sappiamo se questa donna perdonata dopo l’incontro con Gesù abbia cambiato vita; sappiamo solo che, affinché cambiasse vita e tornasse a vivere, Dio, che non vuole la morte del peccatore, l’ha perdonata attraverso Gesù e l’ha inviata verso la libertà: «Va’, va’ verso te stessa e non peccare più»… Le persone religiose vorrebbero che a questo punto Gesù avesse detto alla donna: «Ti sei esaminata? Sai cosa hai fatto? Ne comprendi la gravità? Sei pentita della tua colpa? La detesti? Prometti di non farlo più? Sei disposta a subire la giusta pena?». Queste omissioni nelle parole di Gesù scandalizzano ancora, oggi come ieri! Nessuna condanna, solo misericordia: qui sta la grandezza e l’unicità di Gesù. Questo incontro tra Gesù e la donna sorpresa in adulterio non ci rivela solo la misericordia di Gesù, ma anche la sua capacità di difendere la donna da un cerchio di uomini, sempre pronti a giustificare se stessi e a condannare le donne. Purtroppo tutta la storia dei credenti, dell’antica come della nuova alleanza, testimonierà questo «occhio spione, esigente e condannante» degli uomini religiosi nei confronti delle donne, ritenute colpevoli per la loro condizione - dicono gli uomini - di creature sempre tentatrici e facili alla tentazione. Questo esempio di Gesù sarà poco compreso e ancor meno vissuto, ma sarà comunque memorizzato nel vangelo e vi saranno sempre lettori che vi troveranno una buona notizia.
Così una parola di Gesù, una parola sola ma incisiva (al punto da essere divenuta proverbiale) e autentica, una di quelle domande che ci scuotono e ci fanno leggere in profondità noi stessi, impedisce a quegli uomini di fare violenza in nome della Legge. Solo Dio, e quindi solo Gesù, potrebbe condannare quella donna. Ebbene, qui Gesù - mi si permetta di dire - “evangelizza” Dio, cioè rende Dio Vangelo, buona notizia per quella donna. Gesù, l’unico uomo che ha raccontato in pienezza di Dio, che ne è stato l’esegesi vivente, afferma che di fronte al peccatore, alla peccatrice, Dio ha un solo sentimento: non la condanna, non il castigo, ma il desiderio che si converta e viva. Gesù, inviato da Dio «non per condannare il mondo, ma per salvare il mondo» anche qui agisce come aveva annunciato all’inizio del suo ministero: «Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori». Solo quando tutti se ne sono andati egli si alza in piedi e sta di fronte alla donna. Lei, posta lì in piedi in mezzo a tutti, ora è finalmente restituita alla sua identità di donna e vede Gesù in piedi davanti a sé: così è possibile l’incontro vero. Infine, Gesù conclude questo incontro con un’affermazione straordinaria: «Neanch’io ti condanno. Va’ e d’ora in poi non peccare più». Sono parole assolutamente gratuite e unilaterali. Ecco la gratuità di quella assoluzione: Gesù non condanna, perché Dio non condanna, ma con questo suo atto di misericordia preveniente offre a quella donna la possibilità di cambiare. Non sappiamo se questa donna perdonata dopo l’incontro con Gesù abbia cambiato vita; sappiamo solo che, affinché cambiasse vita e tornasse a vivere, Dio, che non vuole la morte del peccatore, l’ha perdonata attraverso Gesù e l’ha inviata verso la libertà: «Va’, va’ verso te stessa e non peccare più»… Le persone religiose vorrebbero che a questo punto Gesù avesse detto alla donna: «Ti sei esaminata? Sai cosa hai fatto? Ne comprendi la gravità? Sei pentita della tua colpa? La detesti? Prometti di non farlo più? Sei disposta a subire la giusta pena?». Queste omissioni nelle parole di Gesù scandalizzano ancora, oggi come ieri! Nessuna condanna, solo misericordia: qui sta la grandezza e l’unicità di Gesù. Questo incontro tra Gesù e la donna sorpresa in adulterio non ci rivela solo la misericordia di Gesù, ma anche la sua capacità di difendere la donna da un cerchio di uomini, sempre pronti a giustificare se stessi e a condannare le donne. Purtroppo tutta la storia dei credenti, dell’antica come della nuova alleanza, testimonierà questo «occhio spione, esigente e condannante» degli uomini religiosi nei confronti delle donne, ritenute colpevoli per la loro condizione - dicono gli uomini - di creature sempre tentatrici e facili alla tentazione. Questo esempio di Gesù sarà poco compreso e ancor meno vissuto, ma sarà comunque memorizzato nel vangelo e vi saranno sempre lettori che vi troveranno una buona notizia.
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