Da “25
aprile, senza PD è anche meglio” di Maurizio Viroli, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 22 di aprile 2017: (…). So bene che molte cerimonie ufficiali
per il 25 aprile ispirano sentimenti di ribrezzo, soprattutto quando vediamo
sul palco figuri che parlano di libertà e dignità civile e nella loro vita non
hanno fatto altro che offendere l’una e l’altra. Ma questa non è ragione
sufficiente per proporre di abolire le cerimonie. La via giusta è piuttosto
impegnarci per fare sì che le celebrazioni siano dignitose, i simboli siano
coerenti con i valori della libertà, gli oratori siano persone che hanno
testimoniato con le azioni la sincerità del loro antifascismo. La regola aurea
delle celebrazioni del 25 aprile deve essere l’unità, o meglio lo sforzo di
tutti i partiti, i movimenti e le associazioni che si richiamano
all’antifascismo per rinnovare l’impegno a difendere la Costituzione e le
istituzioni repubblicane nonostante i contrasti di interessi, le ambizioni
personali, le differenze culturali e religiose. Non bisogna mai dimenticare che
nella Resistenza hanno militato comunisti e monarchici, liberali e socialisti,
cattolici, protestanti, ebrei e atei: chi auspicava una repubblica dei Soviet e
chi voleva salvare la monarchia; chi propugnava profonde riforme sociali e chi
intendeva difendere privilegi e diseguaglianze antichi; chi sperava di veder
nascere uno stato laico e chi preferiva rinsaldare il ruolo della Chiesa
cattolica. Non bisogna neppure dimenticare che il fascismo salì al potere
(chiamato da re Vittorio Emanuele III) grazie, in buona misura, alle divisioni
degli antifascisti e che Repubblica democratica non sarebbe sopravvissuta
all’attacco convergente del terrorismo rosso e nero, se non ci fosse stata
l’unità antifascista attorno alla Costituzione Repubblicana. Ma, evidentemente,
queste considerazioni che erano l’ABC dei vecchi partiti di sinistra, e di
tutti i politici seri dei primi decenni di storia repubblicana, sfuggono ai
moderni, spregiudicati e innovatori dirigenti del PD, a tal segno da non
trattenerli dall’annunciare che non parteciperanno alla manifestazione romana
promossa dall’ANPI perché la giudicano “divisiva”. Prendiamo atto, con profonda
commozione, della sincera preoccupazione per le divisioni che i dirigenti del
PD esprimono in occasione della manifestazione romana, quegli stessi dirigenti
che non hanno avuto alcun ritegno ad approvare a colpi di maggioranza una
riforma costituzionale che, se fosse passata, avrebbe creato una profonda
lacerazione nel corpo politico e avrebbe alienato molti italiani dalla
Costituzione e dalla Repubblica. Sia detto senza polemica, ma credete proprio
di poterci sempre ingannare? Dovere principale di un partito che si chiama
democratico sarebbe di agire in modo del tutto opposto, vale a dire gettare il
proprio peso politico e la propria autorevolezza (ammesso che ne abbia) per
attenuare i contrasti e per permettere a tutti gli antifascisti di sfilare con
piena dignità e, se necessario, fare un bel servizio d’ordine attorno alla
Brigata Ebraica. La scelta di non partecipare alla manifestazione romana nasce
probabilmente dal calcolo politico di avvicinarsi ulteriormente a Forza Italia,
e alla varie componenti del centro-destra, in vista di un’alleanza di governo.
Sappiamo tutti che Forza Italia, a cominciare dal suo fondatore che in tempi
poi non così lontani manifestò la sua ammirazione per Mussolini, è un partito
che ha poche simpatie per l’antifascismo e dunque sarebbe ancora meglio
disposto ad allearsi con un PD che non sfila con gli antifascisti. Renzi e i
suoi potrebbero organizzare per il 25 aprile una manifestazione con Forza
Italia, Alfano e Verdini, marciare compatti sotto uno striscione nuovo di zecca
con la scritta ‘Partito della Nazione’ tenendo alti poster giganteschi con
l’effige di Minzolini, simbolo dello strenuo impegno del PD e di Forza Italia a
combattere la corruzione politica. Gli amici dell’ANPI rechino invece in bella
evidenza la nostra Costituzione antifascista che abbiamo salvato dal PD, e
forse arriveranno molti giovani che sarebbero rimasti a casa, se il corteo lo
aprissero Renzi e Orfini.
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