"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 27 aprile 2017

Sfogliature. 77 “La politica al tempo dell’estrema destra economica”.



Tendevo, molto interessato, l’orecchio. E porgevo ora l’uno ora l’altro al fine di cercare la condizione migliore per la captazione di quel loro parlare. E sì che l’età mi ha fatto perdere un buon fascio delle frequenze uditive ma lo sforzo, anzi il gioco innocente nell’occasione, ne valeva la candela, come suol dirsi. E così mi sono ritrovato ad ascoltare con indifferenza, senza darlo ad intendere. Veniva riferito, tra gli astanti, di un dibattito tra due figure storiche della politica e del sindacalismo del bel paese, della sinistra insomma. Non ho captato in quale trasmissione televisiva i due, l’uno e l’altro li chiamerò d’ora innanzi, si azzannassero senza pietà e senza risparmio alcuno. Accusava l’uno l’altro di non difendere più gli interessi dei lavoratori del bel paese. È che, l’uno, in verità, da ben troppo tempo aveva preferito frequentare i salotti buoni della capitale e le scene televisive sfoggiando sempre una “mise” non proprio da proletario arrabbiato. E poi, che dire di quel suo, all’apparenza innocente, far ciondolare con grande “nonchalance” gli astucci portaocchiali più eleganti, più pregiati ed in colore con la “mise” del momento? Che goduria alla vista! E l’uno a sostenere come l’altro fosse rimasto un vetero-sindacalista, un dinosauro della politica, pronto a difendere l’indifendibile ora che la prepotenza, a detta del nostro da assecondare,   dei mercati globalizzati s’avanza inarrestabile. Ha sostenuto Zygmunt Bauman in una Sua pubblica dichiarazione del 10 di agosto – che è stato il giorno del più massiccio crollo delle borse e delle aziende del bel paese: Milano – 6,6%; FIAT – 8%; Banca Intesa – 13,72%; Unicredit – 9,37%; MPS -7,8% - nel bel mezzo della canicola ferragostana: “Le disuguaglianze sociali, di qualunque genere siano, derivano dalla divisione tra coloro che hanno e coloro che non hanno”. L’uno avrà dimenticato questa semplicissima regola sociologica, frastornato com’è dalle frequentazioni dei salotti buoni della capitale e dalla occupazione costante della scena televisiva. Avrà dimenticato, l’uno, come la storia del mondo insegni che solo l’unione degli esseri umani più emarginati, in virtù sempre dei bisogni primari da soddisfare, o dei diritti da conquistare e/o delle ideologie d’uguaglianza da far trionfare, abbiano fatto camminare la storia stessa. Sarebbe stato interessante chiedere a quell’uno cosa rimarrà, nell’immediato futuro, da contrapporre validamente, come turrito bastione a tutela e difesa di tutti “coloro che non hanno”, nello scontro sociale e politico inevitabile, ora che le nebbie sembrano volersi sollevare e le brutture dei mercati tornano a mostrarsi con tutta la loro ingordigia, cosa rimarrà da contrapporre, dicevo, allo strapotere di quegli stessi mercati nel momento in cui si propugna da alcuni pulpiti, sfacciatamente, una frantumazione ed una arrendevolezza delle “classi” sociali meno abbienti sulle quali i mercati scaricano malvagiamente i loro errori e che sono chiamate a sanare i pubblici bilanci dissestati intaccando così le loro scarse risorse economiche e finanziarie e vedendosi decurtare i già falcidiati stati sociali. Eppure quell’uno si è sempre professato “uomo di sinistra”. Ma di quale sinistra? Forse ben si attaglia al personaggio nostro quanto ha scritto, alla pagina 83, il linguista Raffaele Simone nel Suo pregevolissimo lavoro “Il mostro mite” – Garzanti editore (2008) pagg. 170 € 12,00 -:
“(…). …le peculiarità storiche della sinistra, i suoi capisaldi ideali, i suoi simboli sono sovente impresentabili nella società d’oggi: il giacobinismo è sconsigliato, il radicalismo isolato in ghetti e praticato solo per snobismo, per non parlare del principio di redistribuzione della ricchezza o più semplicemente della laica distinzione tra poteri religiosi e civili o dell’ateismo. Tutte queste istanze – che sono state gloriose e per le quali si sono battuti nobili gruppi di uomini e di donne – nella società moderna hanno vita grama e spesso vengono evocate con sinonimi pudichi o con veri e propri eufemismi. Le versioni moderate della sinistra possono non avere vita più facile. (…)”. È ciò che è avvenuto nel bel paese e nel mondo. Dell’impazzamento dei mercati finanziari ne ha scritto molto autorevolmente, su “il Fatto Quotidiano”, Furio Colombo in un editoriale che ha per titolo “Cosa ci dicono i mercati pazzi”, editoriale che di seguito trascrivo in parte. È un alzare lo sguardo allarmato verso quelle prospettive di involuzione sociale e di impoverimento delle popolazioni dell’Occidente che da tempo vengono denunciate, senza essere ascoltate, dalle più autorevoli voci democratiche: (…). …immaginiamo la scena che segue. Siamo nel covo degli speculatori, dove si tramano con cattiveria quei colpi di testa del mercato che Berlusconi ha irriso citando il suo papà che, nell’altro secolo, ha definito i mercati finanziari un orologio rotto. Immaginiamo queste canaglie che stavano per attaccare l’Italia ma sono stati folgorati da una inaspettata conferenza stampa, niente meno che Berlusconi con Tremonti da parte e Gianni Letta dall’altra. Ecco le nostre canaglie intente prima ad ascoltare attonite, poi a leggere e rileggere il documento. Si guardano muti, costernati, prima ancora che uno di loro abbia il coraggio di dire: - E adesso come faremo ad attaccare nelle Borse, nei mercati, nel valore dei titoli e del debito, un Paese così astuto, dotato di un tempismo fulmineo e di una strategia impenetrabile? Questi nostri avversari che avevamo scambiato per Grecia e Spagna, sono giunti al punto da richiamare dalle ferie d’agosto i membri della Commissione Affari Costituzionali. Vi rendete conto? Lavoreranno subito, in piena estate, mentre gli altri Paesi a rischio del mondo impigriscono, a cambiare l’articolo 41 della loro Costituzione, e a imporre la norma costituzionale del pareggio di bilancio.  Come se non bastasse, ti buttano sulle barricate lo Statuto dei Lavori. Infatti è sceso in campo, sulla linea impenetrabile della difesa italiana, nientemeno che un certo Sacconi, con una serie di nuove idee destinate a bloccare ogni cattiva intenzione contro l’economia italiana. Ma chi lo attacca più un fortino simile? -. (…). Come ripete il premio Nobel per l’economia Paul Krugman, (…), l’obbligo di pareggio di bilancio è una norma assurda che, di fronte alle emergenze di un periodo storico turbolento e pericoloso, impedisce a chi governa di governare. È come togliere al governo la carta di credito su cui si fonda tutta l’economia. Il primo ministro o il presidente di uno Stato diventano amministratori di tribunale nelle mani di un grande potere estraneo al Parlamento e alle elezioni. E qui finalmente si intravede il nuovo e vincente personaggio che sta attraversando la scena del mondo fra il silenzio conformista di chi ha capito, e il sottomesso consenso di chi non se ne accorge: l’estrema destra economica. Di questo potremo vantarci: l’Italia entra, subito dopo gli Stati Uniti, nella lista dei Paesi governati per procura da un partito che nessuno ha eletto ma che ormai comanda con forza brutale: la estrema destra economica, che ha finalmente rimpiazzato il vuoto lasciato nella storia dalla estrema destra politica, ormai ridotta a poche caricature. (…). L’estrema destra economica ha visto il vuoto che si stava creando proprio dove un personaggio come Berlusconi, pur di restare in scena, appare disponibile a recitare tutte le parti. Qui la parte è prestarsi a sovvertire la Costituzione solidaristica italiana nei tre punti fondamentali del rimuovere ogni controllo alle decisioni del settore privato (la rimozione dello articolo 41), nel togliere al governo dei cittadini il controllo e la responsabilità della spesa pubblica (il cosiddetto vincolo di pareggio del bilancio) e nel mettere i lavoratori in condizione di ubbidire senza parlare, se hanno la fortuna di essere accolti dentro le mura di una delle fabbriche superstiti. (…). L’estrema destra economica, con la stessa determinazione della estrema destra politica, non fa sconti: le tasse, tutte le tasse, le pagano i poveri e coloro che, in silenzio e disciplina, si spartiscono il lavoro che è restato, e diventano, dunque i nuovi liberti, muti, disciplinati e inclini a benedire la loro fortuna di lavorare e pagare da soli. (…). …nel mondo della estrema destra economica, come in quello della estrema destra politica, ogni risultato o risparmio o riduzione di spesa, non viene diviso con tutti attraverso le tasse, ma sale in alto, verso zone sempre più lontane, separate, inaccessibili, secondo il disegno di un mondo nuovo, di vera e intatta ricchezza, di vera ed estesa povertà, con governi sempre più amministrativi e sempre meno politici, perché privi di strumenti per governare. (…)”. Avete appena finito di leggere la “sfogliatura” del sabato 13 di agosto dell’anno 2011. L’obbligo del pareggio di bilancio è entrato poi, alla chetichella, tra le norme costituzionali vincolanti. Quando a dettare le regole del gioco non è più la politica con le sue organizzazioni ed i suoi rappresentanti legittimamente eletti ma quelle “ombre” incombenti semplicisticamente definite mercati.

Nessun commento:

Posta un commento