Invado uno spazio di questa rubrichetta
contravvenendo alle “regole”. Raccolgo in essa esclusivamente gli scritti – che
abbiano una data corrispondente a quella corrente - con le idee e le
riflessioni di quelle persone che abbiano qualcosa da dire e sulla quale qualcosa
riflettere e riflettere. Ma oggi mi va di infrangere la “regola” in vigore per
ricordare un intellettuale, solitario nel coro stonato degli intellettuali
asserviti, intellettuale tra gli ultimi “ostico” per il potere. Traggo da “L’America, la democrazia, la vis polemica:
parla il grande politologo Giovanni Sartori”, intervista di Antonio Gnoli pubblicata
sul quotidiano la Repubblica del 17 di novembre dell’anno 2013:
(…). «Le racconto una cosa buffa.
Nel periodo del culto del littorio fui incaricato di organizzare la squadra
toscana di salto con gli sci. Non avevo mai visto un trampolino e non può
immaginare la vertigine che si prova sul punto alto da cui si lanciano gli
sciatori e la paura che li attanaglia. Con alcuni non c’era verso di mandarli
giù. Del resto, nonostante i miei improvvisati consigli, un paio di loro
finirono con lo sfracellarsi, rompendosi una gamba o una spalla. E lì, su
quella pista dell’Abetone, compresi che il comando senza un’adeguata tecnica,
senza una visione pertinente, difficilmente porta al successo».
Come ha vissuto gli anni del
fascismo? «Fino al 1937, con un popolo diviso fra scetticismo e adesione, il
regime non somigliava per niente al suo “gemello” tedesco. La fine invece fu
dura e terribile. Ricordo le squadre nere della Repubblica di Salò:
rastrellavano, torturavano e ammazzavano. A quel tempo fui richiamato alle armi
e mi guardai bene dal presentarmi. Sapevo che se venivo preso sarei stato da
disertore fucilato. Come accadde a due miei amici. Ero terrorizzato».
E cosa fece? «Per un certo
periodo riparai in una villa in campagna. Poi i tedeschi cominciarono a
rastrellare quella zona. Fuggii attraverso i campi rientrando a Firenze. Giunto
in città, mi nascosi per alcuni mesi nella casa di uno zio. Restai lì, senza
quasi mai uscire dalla stanza. I giorni passavano lenti fino a quando scoprii
che in casa c’era una biblioteca rifornita di testi filosofici. Soprattutto
Croce e Gentile. E naturalmente Hegel. Non avendo di meglio, li lessi tutti. Fu
così che a vent’anni ebbi la mia iniziazione filosofica».
E la democrazia, alla quale lei
ha dedicato la sua vita di studioso? «Mi sta ancora bene la distinzione che
Berlin faceva tra democrazia negativa e positiva».
Traduca. «La democrazia negativa
è quella che difende l’individuo dai soprusi del potere, è l’habeas La
democrazia positiva travolge se stessa perché scavalca le strutture
costituzionali e a un certo momento diventa demagogia populistica. La gente ha
perso le capacità astrattive. Capisce solo quello che vede. È la deriva
televisiva, con le sue deformazioni e omissioni».
È il passaggio dall’homo sapiens
all’homo videns. «Sull’argomento ho scritto un libro che è stato anche un
successo internazionale. Ci siamo ridotti a questo: se di una cosa non abbiamo
l’immagine, quella cosa non esiste».
Si sente deluso per come sono
andate le cose? «Le cose hanno superato il mio pessimismo».
E il suo tratto pestifero cosa
suggerisce? «Che c’è di peggio al mondo. Non mi sono mai vergognato di essere
stato duro e critico. E non credo che dovrò renderne conto lassù».
Il suo rapporto con la fede?
«Niente di particolare. Salvo il fatto di ritenere la Chiesa responsabile, con
il suo avallo alla proliferazione incontrollata, di una delle possibili cause
della catastrofe del mondo».
E la fede individuale? «Non sono
credente, né religioso. Ma neppure un mangiapreti. Ci sono pretini di campagna
straordinari. Sono favorevole alla piccola chiesa e contrario alla casta, cioè
alla curia».
Viviamo cambiamenti epocali? «Quelli
a cui assistiamo sono certamente nuovi. Abbiamo abolito le guerre, ma oggi la
salvezza si gioca sulla difesa climatica. Guardi cosa è accaduto nelle
Filippine con i tifoni che corrono a velocità superiori ai 350 chilometri
all’ora!».
La rattrista l’ottusità con cui
si affrontano certi problemi? «Mi rattrista e mi stanca. (…). L’età non aiuta».
(…).
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