Da “La colpa del male” di Adriano Sofri, pubblicato sul quotidiano la
Repubblica del 29 di aprile dell'anno 2013: Nell’incattivimento di una società, c’è
almeno un concorso di colpa. Nella gara accanita all’irresponsabilità, siamo a
questo punto: che ci si è rassegnati a non confidare più nella giustizia, e si
ripiega sulla vendetta. “Un gesto eclatante”: non per trovare un lavoro
migliore, o semplicemente un lavoro, non per far riconoscere le proprie
ragioni, non per divincolarsi da debiti e umiliazioni. Per finirla col botto.
Per vendicarsi. E chi agisce per vendicarsi, cerca negli altri almeno un
posticino in cui farli sentire oscuramente vendicati. Arriva un giorno in cui
la frase così affabilmente consueta a tante donne e uomini perbene, che a
Montecitorio bisognerebbe metterci una bomba, ti fa mordere la lingua. “I
politici” sono diventati la spiegazione della rovina e del malumore di un
popolo e dei suoi membri solitari e perduti. La rovina succede, e può
travolgere ogni riparo. Disgrazia si aggiunge a disgrazia, finché non si abbia
più forze e speranze per provare a uscirne. (…). La rovina si compie prima di
tutto nel linguaggio. La rete non lo suscita, lo rivela, e lo favoreggia. Nella
guerra spietata che i ricchi conducono contro i poveri, gli impoveriti scelgono
il bersaglio dei “politici”, cioè degli arricchiti. Ridistribuire la ricchezza
sarebbe un atto di giustizia. Far fuori “i politici” è una vendetta. Non riduce
lo stridor di denti, ma lo premia. Poi, come succede, si spara a due
carabinieri da 1.400 euro al mese. (…). Compagni di scuola, avventori del
grande magazzino, passeggeri del proprio treno: un gesto “eclatante”,
attraverso cui lasciare un segno del proprio misconosciuto passaggio. (…).
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